Diario di bordo della UES Contact Light.

Gli innumerevoli e lunghissimi giorni di viaggio che abbiamo passato io e l’equipaggio ci lasciano sempre più spossati. Ormai sono mesi che non usciamo dalla nave, che non facciamo una passeggiata all’aria aperta, che non parliamo con altri esseri che non siano all’interno di questa gabbia di ferro in mezzo allo spazio profondo.

La nostra missione è quella di arrivare al pianeta ribattezzato “Lemuria” per cercare e riportare sulla Terra la tecnologia del teletrasporto, che i nostri scienziati hanno costruito in loco con le risorse che hanno trovato lì. I risultati sono stati molto soddisfacenti, e potremmo usare questa nuova tecnologia per risolvere tanti problemi, ma sospettiamo tutti che al comando dell’esercito delle Nazioni Uniti Terrestri la cosa che preme di più è il suo utilizzo come arma, per questo la missione è Top Secret e di estrema importanza.

Per il successo della missione, alla NUT hanno assunto tra i migliori in circolazione, ognuno con un nome in codice che ci rappresenta per la nostra specialità:

Olof Toll, lo svedese che ha il compito di tenere a bada le creature più pericolose, nome in codice: Enforcer;

Alan Shafi Blum, colui che si occupa dei lavori pesanti, nome in codice: Loader;

Silas “The Kid” Crocco, un criminale condannato a collaborare con noi, nome in codice: Bandit;

Leonard Stark, colui che ha sviluppato gran parte della nostra attrezzatura, nome in codice: Engineer;

Gaetan Molière, che ha il compito di occuparsi del lato geologo della missione, nome in codice: Miner;

Chris Hathcock, il tiratore esperto dalla lunga distanza, nome in codice: Sniper;

un robot che si occupa di saziare gli stomaci perennemente brontolanti dell’equipaggio, lo Chef;

Luke Wilson, un mercenario assoldato dalla NUT per rafforzare la nostra potenza militare, nome in codice: Mercenary;

Leliana Bertinelli, una cacciatrice esperta nel seguire le tracce di creature specifiche, nome in codice: Huntress;

un secondo robot che mantiene la nave operativa, Han-D;

una bestia catturata durante il viaggio in un pianeta in cui abbiamo fatto rifornimento di provviste e carburante, nome in codice: Acrid;

e per ultimo ci sono io a capo della spedizione, John Smith,nome in codice: Commando.

Il viaggio non è stato senza problemi. Una nave spaziale piena di gente che si è conosciuta praticamente all’inizio di questa missione sembrava il luogo perfetto dove far sfociare litigi insensati, battibecchi inutili e combattimenti tra le più calde tra le teste dei componenti dell’equipaggio che avrebbero rischiato di minare non solo la missione, ma anche l’integrità dello scafo, e fu soltanto attraverso il buonsenso che si arrivò ad evitare qualsiasi tipo di catastrofe, arrivando ad inscenare un tribunale con tanto di giuria per le questioni più gravi e facendo semplicemente cadere le discussioni per le inezie. Nonostante fossimo praticamente degli sconosciuti, col passare del tempo alcuni di noi hanno cominciato ad instaurare rapporti di amicizia e rispetto reciproco, e nonostante io ignori se qualcosa di più possa essere scattato tra qualcuno la cosa non mi sorprenderebbe.

Abbiamo imparato a lavorare insieme per aumentare la nostra produttività ed efficacia, sviluppato strategie con cui sopravvivere ai problemi anche più impensabili, coinvolgendo pure i robot per aumentare l’efficacia e per utilizzare delle risorse che altrimenti sarebbero state volgarmente sprecate in solo pulire la nave e solo cucinare. Tutto era stato calcolato, tranne Acrid, non sapevamo ancora come utilizzare, ma anche solo se utilizzare, tale creatura. I nostri tentativi di contatto o anche di addomesticazione con quella creatura sono risultati vani, ma è un punto importante delle cose da fare.

Ci aspetta ancora un lungo viaggio per arrivare a Lemuria.

Commando chiude.

Giorno 1357

Siamo quasi arrivati alla nostra destinazione, i viveri scarseggiano e tutti noi siamo impazienti di poter fare una passeggiata fuori da qui e respirare un po’ d’aria fresca non riciclata. Fortunatamente Lemuria è molto simile alla Terra per quanto riguarda l’atmosfera, quindi almeno ciò è fattibile. I lavori sarebbero ripresi una volta messo in sicurezza l’area d’atterraggio e dopo aver dato all’equipaggio un po’ di riposo in una zona all’esterno della struttura. Credo che dopo oltre 1300 giorni di viaggio quasi continuo, a parte un paio di soste per i viveri, l’equipaggio si meriti del meritato riposo fuori dalla nave. Una volta ricaricate le batterie provvederemo a raggiungere il posto del telet-

Un momento… chi diavolo è qu-

 

Continua…