Era successo tutto troppo in fretta e Ubaldo si teneva la testa tra le mani.
Stava lì seduto, impietrito, mordendosi l’interno delle labbra. Ogni tanto fissava lo sguardo sul bordo della bara e sembrava non capire, annaspava, tremava, sbatteva nervosamente gli occhi come chi non riesce a mettere a fuoco un’immagine.
Quando entrava un parente o un conoscente per le dovute condoglianze lui scattava in piedi, salutava e rispondeva meccanicamente alle frasi di rito. In molti comprendevano il suo dolore e cercavano con gli abbracci di evitare le inutili e struggenti parole di cordoglio.
«Che disgrazia, così inaspettata!»
«Piangi, sfogati, vedrai poi ti sentirai meglio».
Ma Ubaldo non riusciva proprio a lacrimare. Tremava, quello sì, come se avesse freddo, un freddo nelle ossa che non riusciva a dominare e si strofinava le braccia per procurarsi calore. Tremava…o così sembrava.
Poi tornava a sedersi e il suo sguardo si focalizzava sul cuscino di rose rosse che lui stesso aveva ordinato che, con il loro lungo gambo, sembravano svettare come gli aculei insanguinati di un istrice. Oppure fissava una fascia viola sulla quale riusciva a leggere “Dal circolo del golf con affetto, dolce Marina”

“Dolce Marina un cazzo!” pensò strofinandosi ancora le braccia per reprimere quel maledetto attacco di euforia che non riusciva a mascherare, e quel tremore che se non controllato lo avrebbe fatto esplodere in una risata isterica.

Poi entrò sua cognata e lo inondò come un fiume in piena tra lacrime e parole, parole inutili e insulse. “Cosa blatera questa cretina? La trova pallida? Grazie è morta stecchita! Il vestito? Non le piace il vestito? Le scarpe, neanche quelle?
«Ubaldo guarda, mia sorella non ha le scarpe…» piagnucolava tormentando un fazzoletto umido di lacrime.
Già, che fine avevano fatto le scarpe di sua moglie? “Cazzo, quella cretina le ha pagate quattrocento euro”, e adesso erano sparite!
Si diresse verso gli uffici dell’agenzia funebre che si trovava proprio dietro la camera mortuaria.
«Scusate, una domanda. Perché mia moglie non ha le scarpe?»
I due agenti che sedevano uno alla scrivania e l’altro di fronte si guardarono in faccia stupiti, come se avessero sentito una boiata.
«Io ieri vi ho consegnato gli abiti per mia moglie e c’erano anche le scarpe, nere con il tacco, tacco dodici».
«Sì, certo» quello seduto di fronte alla scrivania si alzò e gli andò incontro, «Scusi, ho dimenticato di restituirle, ecco sono in questa busta. Mi perdoni, avrei trovato comunque il modo per fargliele avere. Prima o poi».
«Non mi avete capito. Perché mia moglie non le indossa? L’avete messa nella bara senza scarpe».
«Certo, è così che si usa da queste parti. Pensavamo che lei si fosse confuso consegnandocele…»
«Io non conosco questa usanza, mai sentita. Perché seppellire una persona con l’abito migliore e poi lasciarla scalza? Non ha senso».
«Deve capire che ci sono usanze che sono dure da far morire. C’è una vecchia leggenda che parla di spiriti … Sono stupidaggini, però sembrerebbe che lasciarli senza scarpe gli impedirebbe poi di andare in giro di notte».
«Mi sembra una grande stronzata. I morti purtroppo sono morti, e non tornano. Fatemi la cortesia di mettere le scarpe a mia moglie. Grazie».
«Ma certo, subito».

Quella sera Ubaldo si ritrovò ancora una volta da solo in casa e avrebbe dovuto farci l’abitudine.
Si sfilò la giacca, allentò il nodo della cravatta e piombò sul divano. Poi prese il telecomando e capì di avere finalmente il controllo della situazione: “Libero! Sono libero!”
Ecco cosa era cambiato: adesso sarebbe stato libero di scegliere un canale televisivo come cosa fare della sua vita. Finalmente libero senza quella scocciatrice a pilotare le sue scelte. Un matrimonio nato senza un briciolo di amore, con l’unico obiettivo di assicurargli una vita agiata, grazie ai soldoni della ereditiera racchia. Quanti sacrifici aveva fatto per restare al fianco di quella bambinona viziata! Sempre muto, sempre obbediente. E adesso questa svolta inaspettata…Non più ramanzine su ogni sua decisione, su ogni sua scelta. Avrebbe potuto cambiare canale, non solo televisivo, avrebbe cambiato il suo stile di vita. Per prima cosa avrebbe lasciato quell’appartamento di lusso, dove lui non aveva avuto modo di scegliere nemmeno il tavolinetto dove adesso poggiava i piedi. Avrebbe accettato quella proposta di lavoro che lo avrebbe portato in giro per il mondo, ecco avrebbe speso meglio i suoi soldi, adesso soltanto suoi! Girando e conoscendo. E poi belle donne, possibilmente accondiscendenti e mute, e pronte ad ubbidire, e…

Un tacchettio di passi dietro le sue spalle gli fece raggelare il sangue. I passi si avvicinavano e lui con il terrore dentro girò la testa verso quel rumore. Marina era lì, davanti a lui, il volto cereo, la pelle grigia della morte e uno strano ghigno sulle labbra… che non sembrava proprio un sorriso.
Tacchettando girò attorno al divano, si avvicinò al tavolinetto dove lui poggiava le scarpe infangate, (lui che adesso tremava davvero) e si sedette. Lo spirito teneva in mano una bottiglia di spumante e due calici e gli parlò, alitandogli in faccia il fiato gelido dell’oltretomba: «Tu mi hai sposato per i miei soldi. Lo sai perché io ti ho sposato tesoro? Perché tu sei speciale, vedi oltre quello che vedono le altre persone. Tu sai cogliere i particolari. Grazie per le scarpe, ora non ci lasceremo più».