Un poeta s’innamorò perdutamente di una eterea damina dallo sguardo malinconico.
Alla quale dedicava poesie.
Ardenti ed esistenziali.
In cui decantava il suo amore, immenso ed appassionato. Per lei, splendida creatura.
La più bella fra le donne. Unica. Incomparabile.
Le scriveva lunghe lettere in cui lei era angelo, sirena e dea. Incantatrice.
– Ma quello che davvero trovo sublime è il vostro sguardo. Rivolto verso l’interno. Che fa di voi una creatura irraggiungibile. Enigmatica. –
Questo scriveva il poeta alla eterea damina dallo sguardo incorruttibile.
Ed il suo amore cresceva a dismisura, quanto più lei sembrava inaccessibile.
Tenace. Irruento. Ardimentoso.
Che non lasciò insensibile la giovane signora.
E così le missive divennero lunghe conversazioni. Nel salottino di lei.
Dove nessun argomento veniva trascurato.
Ed il poeta piacevolmente potè constatare che, oltre alla bellezza, la damina possedeva anche l’acume dell’intelligenza. E della profondità.
In tutta questa armonia di affinità persisteva, come unica nota stonata, la malinconia perenne dello sguardo di lei.
– Che mi esclude. E mi prospetta un mondo misterioso. Di cui io non ne faccio parte alla stessa stregua di coloro che non hanno il privilegio di condividere alcunchè con voi –
Lamentava il poeta, con toccante mestizia
– Qual è la ragione della vostra malinconia? Ditemelo affinchè io possa, con la forza del mio amore, diradare la tristezza che offusca lo splendore dei vostri occhi. –
La damina rimase in silenzio.
Un lungo, infinito silenzio.
Poi tirò su la veste e là, dove avrebbero dovuto esserci le gambe, spuntarono due irreali, grottesche code di pesce.
Il poeta ammutolì.
Ritraendosi d’istinto. Inorridito.
– Ditemi, quale miracolo può fare il vostro amore per modificare questo scherzo della natura? –
Chiese la damina in tono pacato. Riassestandosi dignitosamente la veste.
– Quella che ci fa credere che voi non abbiate gambe, ma code di pesce, è solo una stregoneria. Un’allucinazione.Voi siete perfetta. Alzatevi vi prego. Un passo verso di me. Se vacillate io vi sosterrò. Un solo passo, in nome dell’amore. Non abbiate paura. Non deludetemi –
E la damina coraggiosamente, per non amareggiare quell’amore così esaltato e fervente che ostinatamente negava la realtà di una deformità grottesca, ed affatto illusoria, provò a cimentarsi in qualcosa che mai prima aveva sperimentato: la posizione eretta.
Per un attimo fu in tutta la sua altezza.
Instabile.Vacillando. Annaspando.
Marionetta scoordinata. Disarmonica.
Terrorizzata.
Mentre rovinosamente cadeva in terra, fracassandosi il capo.