LEI
Ecco, ci mancava pure il tamponamento, già non mi andava di uscire, poi mi toccherà giustificarmi per il ritardo. Non so se ne varrà la pena, l’altra sera mi è sembrato simpatico, però non è il massimo. Non so, c’è quel sorrisetto che non mi convince, ha un viso interessante, forse qualche anno di troppo, però sembra il classico tipo tutto pieno di sé, e mi disarma. Mi ha fatto una marea di domande, sul mio lavoro, i miei gusti: sembrava quasi che mi stesse studiando. Ha insistito tanto per questo appuntamento. Se gli ho detto di sì magari lo devo a qualche drink di troppo. Ma d’altronde che ci perdo?
Che cavolo si suonano questi imbecilli? Dio che nervoso! E adesso quel mingherlino che fa? Da qui non vedo niente, però ho la cabriolet quindi mi alzo in piedi, cacchio supero appena il tettino! Però che scena, ha dell’incredibile: il mingherlino infila il braccio nel finestrino della prima macchina in fila, che fa? Forse ha dato un cazzotto al conducente, che scena! E certo, adesso tutti smettono di strombazzare, tutti con la fifa addosso adesso! Comunque mi conviene rientrare e non farmi notare.
Mi sistemo il foulard con un moto di stizza, sono situazioni che mi innervosiscono e madonna mia che incivili! Che matti che girano: ti rivolgi a loro con mezza parola in più e quelli ti prendono a pugni, se non peggio. C’è ancora movimento laggiù, il secchetto ha pure dei compari e io qui inchiodata: macchine davanti e macchine dietro. Mi conviene chiamare: al primo appuntamento e già mi faccio conoscere; immagino quel risolino.
«Pronto Marco, scusa mi trovo imbottigliata nel traffico. Ma sei Marco? Sono Sofia, ti chiedo una mezz’oretta di tolleranza, scusami davvero. Ti sento lontano, ma che ti sei appena svegliato? Sto sulla tangenziale e c’è stato un tamponamento, adesso però stanno litigando… Oddio, sparano! Hai sentito anche tu? Ti lascio, ti chiamo dopo, oddio, oddio….

LUI
Percepisco un lievissimo suono metallico, ovattato ma insistente… mmm. Che palle, lasciatemi dormire! Che caccio di genialata infilarlo sotto il cuscino, questo trema pure. Provo a socchiudere un occhio: noo, troppa luce! Arriva dritta al cervello, e che dolore alle tempie!
Allora: è giorno inoltrato, di buono è che oggi non lavoro, per il resto…ieri sera ho alzato il gomito, la cena mi sta ancora tenendo compagnia, e il fottuto scocciatore non si arrende! Dove sei maledetto attrezzo elettronico?
Eccoti: «Pro… pronto. Cosa? Sì sono io… non ti sento bene. Ma chi sei?» cacchio questa quanto parla, ha sbagliato numero, mò attacco: «Chi sta litigando? Come? Sparano? A chi? Pronto, pronto…» ha attaccato lei!
Mi devo assolutamente lavare il viso e mi serve il cesso, piano piano ci devo arrivare, posso farcela, prima però abbasso le tapparelle che questa luce può uccidere. Ecco, così va meglio.
Pisciatina, acqua fresca, la doccia la faccio dopo, pure la barba, troppo traumatico adesso. Porca miseria che faccia! Ho due occhiaie grigie che fanno pendant con la barba. Gli occhi verdi si abbinano al colorito giallognolo. Ho visto me stesso migliori in questo specchio!
Un caffè! Senza caffè non c’è vita. Dove ho messo il cellulare? Ecco, vediamo un po’ se ho sognato… ammazza quanti messaggi!
Mamma: “Se mi rispondessi, una volta ogni tanto, così per sapere se sei vivo. Baci mamma.” Ti amo mamy! Più tardi ti chiamo, giuro.
Sammy barista Thelma: “Qui davanti c’è la tua macchina. Ho io le chiavi. Bella topa!” La mia macchina? Bella topa la mia macchina?
Sally: “Ti ho riaccompagnato io a casa. Ho la tua macchina, se ti serve vieni a prenderla sotto casa mia, lascio la chiave al bar da Thelma. Sei un povero nerd. Non soltanto non reggi l’alcool, ma sei pure uno stronzo.” Fine del messaggio.
Ecco chi mi ha accompagnato ieri sera. L’ho fatta pure incazzare. Dovrei esserlo io con le schifezze tailandesi che mi ha fatto mangiare! Bella topa ma cretina. Ma le trovo tutte io? O il problema sono io?
Quentin, (sento odore di guai) messaggio audio: “Sono il tuo salvatore! Ho trovato la donna per te. Ti ho fissato un appuntamento a pranzo sotto casa tua, da Rossetti cucina romana, alle 13, mi raccomando cuginetto, lei pensa che io sono te, sì insomma, come l’altra volta. Forse si potrebbe incazzare un po’ ma è intelligente, le passerà. Ma tu non fare il coglione cuginetto, questa è una brava ragazza, ragazzona (risatina) e fa la guida turistica. Si chiama Sofia, arriverà su una bmw nera cabrio da schianto. Attento a come parli. Trattamela bene.”
Quentin, testa di cavolo, ancora con la sua fissazione. Allega pure un cacchio di smile che fa l’occhietto! Si è fissato che mi mancano le donne, mi vede come un imbranato solo perché non frequento il suo giro, dice: “Io ho occhio per queste cose!” Lui ha occhio solo per le donnine allegre. La verità è che dà troppo retta a quella Ruth, la psicologa degli attori, e per colpa sua è la terza volta che mi incastra con questo giochetto. La prima era quella moretta, che ha passato la cena a raccontarmi di lui e del suo talento di regista. La seconda aveva la puzza sotto il naso e era magra come la carestia! Chissà questa, se non fa parte del suo giro di attricette… cose si chiama? Sofia! … e si stavano sparando cacchio! Mezzogiorno. Dio che mal di testa!

ANCORA LUI
Che corsa! Però ho fatto in tempo, ecco il bmw cabrio nero, bella macchina, mi sa che la tipa è impaccata di soldi. Vediamo un po’: al volante una donna con foulard di pizzo rosso e occhialoni da sole che le mascherano il viso. Sembra una signora snob, una grossa signora snob… Si guarda intorno e parcheggia proprio qui davanti a me, nemmeno mi nota.
Accidenti che scollatura da vertigine! Lascia proprio poco all’immaginazione. Facendo due calcoli sarà una quinta, forse una sesta, chissà.
Eccola sta scendendo, accidenti che stazza! Per questo Quentin aveva detto “ragazzona”, il bastardo! Prosperosa, tonda e colorata: camicione rosso stretto in vita, vitina stretta malgrado la stazza, jeans e infradito con tacco e pezzi di vetro colorati. Però ha classe.
Che faccio, me ne vado? Si sta guardando intorno in cerca di quello stronzo di Quentin.
Adesso si sfila il fazzoletto, che cascata di capelli neri, e che riccioli! Mi ricorda qualcosa che ho letto sui capelli che incorniciano un bel volto, no forse i seni, a ecco: “Le ragazze hanno sciolto i capelli. Per vestire i loro seni sodi.” Ma che vado a pensare! Ah, quella carogna!
Adesso me ne vado e la mollo qui, non è il tipo per Quentin ma neanche per me. La trovo troppo, troppo…così abbondante. Però ha un non so che di fascinoso, o forse appetitoso. Dio che brutto termine per una persona! Se me ne vado mi telefonerà e io non risponderò, ma sì ma chissenefrega!
«Ciao sei Sofia?»
«Sì e tu chi sei?»
«Io sono Marco.»
«Di sicuro sei il Marco sbagliato.»
«Ti assicuro che sono quello giusto, chi ti ha dato l’appuntamento è quello sbagliato. Si chiama Quentin, è un cretino. Ti chiedo scusa per lui, io l’ho saputo soltanto adesso…»
Ecco, adesso mi manda a quel paese e mi molla qui. Peccato, sembra un tipo interessante, con quella smorfia di disappunto e la bocca rossa, l’aria imbronciata. Certo che se mi fossi almeno fatto la barba…
«Da non credere, che testa di cavolo!»
«Puoi anche dire di peggio, io lo faccio spesso.»
Che fa mi batte le mani? «Proprio bravo. A che gioco gioca il tuo amico?»
Uau, che eleganza nello sfilarsi gli occhiali, e che occhi! Due fari neri, enormi, brillanti e penetranti. Non porta un filo di trucco, e davvero non le serve, e io co’ ‘sta faccia da cadavere!
«Fa il regista e gli piace trattarci tutti da attori. Con me ci prova un gusto particolare, non apprezza i professori di storia dell’arte, non apprezza nessuno che possa insegnare qualcosa, e poi si è fissato che mi deve trovare l’anima gemella.»
«Perché da solo non ci riesci?»
Che colpo basso!
«Forse, forse nemmeno la cerco…»

LEI
Ho avuto una mattinata da incubo. Ho assistito ad una sparatoria, sono ancora terrorizzata, e mi trovo qui con uno sconosciuto dalla faccia da imbranato a parlare di un “testa di cavolo” che si diverte a prendere in giro le persone. L’avevo detto che non mi convinceva, troppo sicuro di sé: «Vabbè, ti saluto.»
«E cosa faccio, ti lascio andare? No, aspetta dai. Io non ne sapevo niente, ti faccio sentire il messaggio che mi ha lasciato. Ha fatto tutto lui te lo giuro! Io non c’entro niente»
«Problemi vostri» che patetico!
«Non mi piace passare per quello che non sono.»
«E cosa non saresti?» sembra davvero costernato. Ma tu guarda che tipo!
«Senti, ormai siamo qua, possiamo pranzare, qui si mangia davvero bene, da buongustai.»
Non so se fa lo stronzo o se… adesso lo strapazzo un po’: «Che fai sfotti?»
«Ma perché?»
«Vi siete messi d’accordo tu e il tuo regista testa di cavolo, lo fate con tutte le ciccione? Come funziona? Una volta tu, una volta lui?»
«Ma che dici? Ti giuro su mia madre …Senti, facciamo una cosa, adesso ci sediamo al tavolo tu mi spieghi se quelli che ho sentito erano colpi di mitra…»
Non riesco ad arrabbiarmi, sembra in buonafede. Basta, gli voglio credere, e poi insegna storia dell’arte. Se voleva rimorchiarmi poteva almeno farsi la barba. Sembra uno che ha passato una nottataccia: «Ma chi ti conosce!» e qui mannaggia mi scappa un mezzo sorriso.
«Mi conosci, mi chiamo Marco e mi hai telefonato stamattina.»
Oddio, con quella faccetta stanca, fa quasi tenerezza, gli darei un bacio per consolarlo: «Tu non ti arrendi mai?»
«No, se ne vale la pena.»
«Facciamo così, io ancora tremo per la sparatoria, ti racconto cosa è successo e poi ognuno per conto suo.»
«Va bene.»
«Conti separati.»
«Vedremo.»