Gravitano intorno a te
macerie sbriciolate,
quelle decomposte
del castello di carte
costruito sulle menzogne
di un’avvilente povertà affettiva.

Frana la fortezza,
l’integrità è crollata
e si sperdono le mie acque
in un pianto covato a lungo
che non si placa ma s’abbandona
nelle grotte della solitudine.

Materassi di pensieri
dalle molle svigorite
m’affondano,
m’inghiotte il dolore
e non so se scrivertelo
o pregarti per compatirlo.

Quieta le maree
e mettiti in pace,
anima mia
non poco agitata.

Ricuso le lacrime
che m’ombreggiano
e mi stancano
e il mio compagno
diventa un fantasma
che il passato vuol supplire
e il dipoi ingannare.

Il tuo appiglio menzognero
a quel che chiami amore
ho ignudato,
il tuo cuore non è altro che pietra,
assassina d’abbracci e carezze.

T’è devota quell’aridità
rimasta immobile
dove hai scelto d’allocarla
ma quel che ne resta
ora
è solo un misero scheletro
che lì si danna

e non mi pento
d’aver girato le spalle
senza croce piantare.

(Dalla raccolta ‘L’immenso che resta’)