RITORNO… AL PASSATO

L’uomo scende dal taxi, paga la corsa e saluta cordialmente l’autista, poi si avvia lungo il viale alberato. Cammina a fatica, appoggiandosi al bastone, ma il dottore gli ha detto che deve camminare per favorire la circolazione del sangue e per sgranchire le sue vecchie ossa.

E’ un uomo vestito elegantemente, un completo marrone, in testa un panama e al collo una sciarpa di seta color panna. Si ferma in un punto ben preciso, gira a destra e segue il sentiero. Erano anni che non veniva qui,  troppi ricordi tristi lo avevano tenuto lontano. Un tuffo al cuore quando alla fine del sentiero la vede: la grande casa padronale dove ha trascorso la sua infanzia. Gioia e dolore si mescolano facendogli salire le lacrime agli occhi. Non c’è più traccia dell’antica bellezza, il cancello d’entrata arrugginito dove si legge a fatica la targa : “VILLA BAER”, il muro di cinta  diroccato; prova a spingere il cancello che si apre cigolando, sembra un animale ferito. Il giardino meraviglioso di allora è desolante, cespugli secchi, foglie morte sparse ovunque, alberi da frutto rinsecchiti; ecco la fontanella di pietra, il suo getto d’acqua zampillante che rinfrescava nelle estati assolate, ora è sporca e asciutta. Di fronte si erge la grande casa, che dolore vederla così, le mura screpolate, le finestre chiuse con le persiane scheggiate,  la bellissima veranda sostenuta da robuste colonne, ricoperta di foglie secche e brandelli di carta e stracci che il vento ha trasportato e abbandonato lì senza riguardo. Un debole sorriso gli sale alle labbra vedendo la panchina di pietra dove da bambino leggeva libri di avventure.

Si siede e chiude gli occhi: magicamente torna indietro nel tempo e rivede quel luogo tanto amato in tutta la sua bellezza… e i ricordi affiorano.

Ecco Primo Baer il padrone, la moglie, la signora Sara, il piccolo Samuel, cagionevole di salute e lei… Ester, la figlia, il suo piccolo amore infantile.

Primo Baer era un commerciante di preziosi, spesso si assentava per curare gli affari, era un uomo imponente, elegante e gentile. Ricorda che quando lo vedeva gli scompigliava i capelli sorridendo e gli diceva: “Tutto a posto ragazzo?”

La signora Sara era una donna deliziosa, gentile con tutti, amata anche dalla servitù, che lei trattava con rispetto.

Samuel, bambino malaticcio, raramente usciva in giardino, stava quasi sempre in camera sua.

Il vecchio ora rivede il volto bello dal sorriso luminoso di Ester, erano coetanei, avevano dieci anni allora, lui era il figlio della governante, lei la figlia del padrone. Giocavano sempre insieme, a rincorrersi in giardino, oppure si dondolavano sull’altalena, leggevano qualche libro o restavano seduti in veranda a bere bibite fresche. Una volta lui le disse così all’improvviso:
“Un giorno ti sposerò!”

Lei rimase a bocca aperta un momento poi scoppiò in una risata cristallina mostrando i deliziosi dentini con la finestrella al centro, si mise a correre gridando:

“Se riesci a prendermi prima che arrivi alla panchina ci sposeremo altrimenti no”.  Non riuscì a prenderla, ci rimase male.

Riapre gli occhi  e si avvia verso l’interno della casa. La porta d’entrata è divelta, il grande atrio dal bellissimo pavimento di marmo è ricoperto di sporcizia, ecco la scala che portava alle camere da letto, la ringhiera arrugginita, i muri scrostati e ammuffiti. Un dolore acuto sale a mozzargli il fiato, quella scala… il ricordo è troppo doloroso…

I soldati arrivarono di notte, con gran frastuono, stridio di freni, ordini impartiti, urla assordanti. Io ero solo un bambino, avevo capito soltanto che cercavano gli ebrei, ma non sapevo perché. Vidi che salirono rumorosamente le scale e, fra grida e insulti ridiscesero poco dopo trascinando in malo modo il signor Baer e la sua famiglia. Noi della servitù assistevamo inorriditi e impotenti. Mentre veniva così strattonata, Ester si girò un istante verso di me, i suoi occhi terrorizzati incontrarono i miei, quello sguardo si impresse a fuoco nella mia mente, diventò il mio incubo di tante e tante notti.
Oh Ester, cosa potevo fare io? Come potevo aiutarti io, un bambino, di fronte a tanta malvagità? Non li vidi mai più, seppi tempo dopo cosa succedeva nei lager, fu per me un trauma terribile che mi accompagnò per buona parte della mia vita.

Piange il vecchio, come il bambino di allora si sente impotente, sconfitto. Si asciuga gli occhi e lentamente esce dalla casa. Col cellulare chiama un taxi e ritorna sul sentiero che lo allontanerà per sempre da quel terribile ricordo. Non passerà molto tempo – pensa – e chissà, Ester mia, forse potremo rivederci e restare insieme per sempre.