Una luce rosata filtra dalla finestra, facendo presagire una bella giornata. Il desiderio di poltrire è però ancora forte, così – nel dormiveglia – Francesco decide di rimanere sotto le lenzuola ancora per un po’.

Non ha voglia di alzarsi stamattina e – cosa insolita per lui – non ne ha alcuna fretta… nessun impegno con i nipoti, con la figlia e la nuora che di solito dispongono pienamente delle sue giornate, costringendolo talvolta a tour de force spaventosi. E già! perché le due adorate donzelle, un po’ distratte e perennemente in affanno, nel definire la sua agenda difficilmente considerano il tempo necessario per spostarsi da un posto all’altro. Ma lui sa che lo fanno per il suo bene, per aiutarlo a mantenersi in forma – altro che palestra! – e poi, vuoi mettere la soddisfazione di godersi i nipoti?

Adora quei bimbi, senza di loro si sentirebbe perso e, in un certo senso, è grato alle loro madri per essere così premurose nei suoi confronti ma… tutto sommato, alla sua età, qualche volta è piacevole alzarsi con calma, assaporare una giornata tranquilla da vivere con se stessi, pregustando la lettura di un libro che, abbandonato sul comodino, aspetta il suo turno da un po’.

Oggi, poi, è davvero una giornata speciale… persino i piccioni sembra abbiano deciso di andarsene altrove, lasciandolo in pace. No! Non può certo farsi sfuggire un’occasione così ghiotta di dormire ancora un po’, senza che quegli uccelli lo disturbino… sono un’autentica tortura! Al mattino iniziano a tubare, irrompendo decisamente nei suoi sogni.  E, per quanto Francesco sia un amante degli animali, odia visceralmente quel verso. Sì, lo ammette, non ci sono solo loro a fargli compagnia quando preferirebbe starsene da solo; la natura si risveglia, rompendo inevitabilmente il silenzio della notte. Anche l’usignolo, alle quattro di mattina, inizia ad impostare la sua voce con ripetuti gorgheggi… ma vuoi mettere la sua melodia con quel verso gutturale che sembra abbia il solo scopo di disturbare il malcapitato costretto ad ascoltarlo? Se solo si mette a pensare, poi, a come i piccioni siano capaci di ridurre il suo terrazzo, mentre tubano, la nausea è assicurata… va bene l’amore per gli animali, ma è davvero troppo!

Le ha provate tutte per farli migrare altrove: nastri argentati e CD appesi alla ringhiera – il cui bagliore avrebbe dovuto disturbarli; piante spinose nei loro vasi prediletti, per impedire che li adottassero come nidi… ma niente da fare! Neanche la presenza di gatti, che in teoria avrebbero dovuto spaventarli, ha sortito l’effetto desiderato. Anzi, la sua gatta preferita, continua da anni a controllare i nascituri con costanza e dedizione, accertandosi che crescano bene ed attentissima a non disturbare la madre, mentre li accudisce… e, ovviamente, a Francesco tocca l’ingrato compito di eliminare di continuo le tracce del loro passaggio.

Una volta, prima di partire per un viaggio, decise di togliere di mezzo tutti i vasi, nella speranza che – sentendosi sfrattati – quegli insulsi animali decidessero finalmente di abbandonare la sua casa.

Al ritorno, fu colto da una terribile sorpresa: il numero di esemplari era triplicato, si erano insediati in ogni angolo disponibile, lasciando tracce evidenti ovunque, persino sulle pareti. Si era sentito lui l’intruso, soprattutto nel momento in cui, appena la sua sagoma era comparsa dietro i vetri, gli uccelli avevano iniziato a volare in picchiata verso la finestra con fare aggressivo, facendo finta di colpirlo – e sarebbero riusciti nell’intento, se solo avesse aperto la finestra inavvertitamente.

Intimorito da una scena che nulla aveva da invidiare a quella del film di Hitchcock, si sarebbe votato al sacrificio, consentendo loro di insediarsi nuovamente nella sua casa a piacimento e sopportandoli in silenzio. E da quel momento, ogni mattina, si sarebbe svegliato con il grugare dei piccioni… sempre, eccetto quella mattina.

Improvvisamente, Francesco si ricordò di un impegno. Sbarrò gli occhi ed iniziò ad imprecare contro se stesso. Che stupido! Come aveva fatto a dimenticarsene? Aveva insistito tanto per accompagnarlo in aeroporto… non poteva farsi i fatti suoi per una volta? Si era intromesso – sempre con la sua voglia di aiutare il prossimo, ed era stato solo d’impaccio.

Sapeva bene come erano andate le cose, e si sentiva pienamente responsabile del casino che aveva creato. L’amico non voleva all’inizio, aveva già prenotato un taxi, gli aveva ripetuto più volte che avrebbe potuto arrangiarsi da solo, che non era necessario che si disturbasse… poi, proprio per la sua insistenza e, forse, per paura di offenderlo, aveva accettato il passaggio.

E lui, rimbambito, non ne aveva fatta una giusta! Come aveva fatto a dimenticare di impostare la sveglia, proprio lui, che in genere ne metteva più di una nel timore di non sentirla?

L’aveva combinata davvero grossa! Il biglietto era chiuso, prenotato ormai da tempo, non rimborsabile. E doveva andare all’altro capo del mondo per un matrimonio, santo Iddio, non sarebbe stato semplice riorganizzare il viaggio, costi a parte…

Ormai il danno era fatto e, senza neanche verificare se ci fosse tempo a sufficienza, decise di alzarsi in fretta, di prepararsi alla meno peggio e di correre da Pino – sempre che fosse ancora a casa ad attenderlo – per accompagnarlo in aeroporto.

Per evitare di accumulare ulteriori ritardi, si ripromise di chiamarlo dalla macchina per avvisarlo che stava arrivando. Si stava già preparando a sentire i rimbrotti dell’amico, che sicuramente gli avrebbe rinfacciato di essere diventato col tempo inaffidabile, lui che – da buon generale – non avrebbe mai disatteso un impegno importante – quando, uscito dalla porta di casa, si imbatté in uno stupendo cielo stellato.

Incredulo, si guardò intorno, rendendosi conto solo in quel momento che, in piena notte, le uniche luci accese erano quelle tremolanti dei lampioni che illuminavano appena la strada dinanzi a casa sua.

Guardò l’orologio e si accorse che erano solo le 2.35. Allora, vestito com’era, si rimise a letto per dormire ancora un po’. Era ancora troppo presto per chiamare Pino…