RICORDO DI UN’ESTATE, DI STEPHEN KING (STAND BY ME) Per ogni uomo, forse, arriva nella vita un momento difficilissimo, che può essere definito “punto di rottura”. Quando il dolore e’ troppo forte, e la sua mente è sul punto di crollare. Un esempio perfetto si trova nel film di Nanni Moretti – La Stanza Del Figlio – dove un padre rientra a casa, dopo il funerale del figlio. Di colpo un vuoto siderale, assoluto, che niente e nessuno è in grado di colmare. Come reagire a questo orrore? Come tirarsene fuori?

Il protagonista di Stand By Me – che ha forse qualche assonanza con l’autore – ci dà la sua risposta. Nei momenti più terribili, dice, si è salvato grazie a un ricordo. Un’immagine precisa di un tempo passato, quando era con gli amici in un bosco, alla ricerca di un corpo. Ecco che all’improvviso si era voltato e aveva visto una daina. L’animale era rimasto a fissarlo con i suoi occhi tranquilli, luminosi, pieni di dolcezza. Da quel giorno era diventato per lui il simbolo della pace. Per questo, di fronte al dolore, il suo unico rifugio è sempre in quell’angolo della mente, dove ad aspettarlo c’è una daina, e un po’ di riposo.

Forse tutto questo non basta, ma è già qualcosa. King ci indica una via che da un lato è molto stretta, e dall’altro è l’unica che può superare le epoche, le storie, le mille follie dell’uomo. Perché, ovunque vada, la sua anima è sempre con lui. Nessun regime, nessun orrore, per quanto grande, può avvelenare quell’ultima riserva di pace. E solo un maestro dell’horror – uno come King – poteva spiegarcelo così bene. Stand By Me è come una scatola sotterrata, trovata nel bosco anni dopo. Basta aprirla, e di colpo i suoi ricordi vengono a salvarci. Come una daina in mezzo agli alberi.