Alle medie, quel grembiulone nero, che se riuscivi a portarlo sbottonato faceva distinzione, e so pure che lo ricordate bene.
E i libri legati dall’elastico?
Semplice a tinta unita: il mio era giallo di gomma dura, comunque reso bello da scritte con la biro. Era stretto e la chiusura era ad incastro, la pila di libri era così alta che era un’impresa chiuderlo, ed era un attimo a schizzarti sulle mani quando dovevi aprirlo.
Chi aveva la cartella era uno ancora antico e chi portava la tolfa faceva politicamente sinistra. Ma poi alle superiori lo zainetto l’ho comprato anche io: faceva moda. Ma la cosa più bella in assoluto… il diario scolastico tutto animato dai fumetti. Prima pagina dedicata all’orario scolastico. Ogni giorno si scrivevano i compiti assegnati per casa sulla prima riga, il resto della pagina serviva per appiccicare qualcosa: i ragazzi attaccavano figurine di giocatori, noi romantiche ragazze ritagli di fotoromanzi, addirittura si scriveva qualche poesia famosa tipo Prévert. Le amiche delle volte anche qualche bella dedica.
Sul giorno festivo, lì potevi sbizzarrirti: la pagina era vuota, a caratteri cubitali tutto colorato un “ti amo”, sembrava un murale. Ma un ti amo a chi? Che l’amico vicino di banco neanche ti filava. Si dedicava un sacco di tempo al diario a casa, decorarlo di nascosto in camera, ma a scuola nelle ore di spiegazioni noiose era il massimo. A fine anno scolastico era raddoppiato di volume, vecchio e sgualcito. Ma al cuore non si comanda, impossibile sbarazzarsene, dentro c’era un anno di vita.