Ricordate a scuola le famose recite, ecco siamo stati attori anche noi.
Le maestre grandi registi, preparavano copioni e poesie da recitare. Erano tante recite durante l’anno scolastico, si iniziava con la festa degli alberi a ottobre, ma il Natale non lo batteva nessuno. Cominciavano i preparativi, si allestiva il palcoscenico, era il pavimento comunque, niente palco rialzato, il sipario due tende ormai fuori uso, andava bene anche qualche lenzuolo vecchio rimediato da qualche mamma poi adornato di fiocchi.
I costumi di scena erano sempre stracci rimediati in casa e poi adattati alla scena.
Il cast degli attori principali veniva scelto in base se eri un secchione a scuola, male che andava una particina te la trovavano, magari fare l’albero in un angolo.

Il Natale si avvicinava prove su prove e l’ansia cresceva. Dietro il sipario si nascondeva la capanna di Betlemme, tutto il muro rivestito con quella carta tipo mimetica militare. Al centro una vecchia culla di legno piena di fieno faceva da mangiatoia.
Quell’anno fu scelta la mia amica Ernestina, biondina esile sotto quel manto celeste sembrava una Madonna, lei doveva fare Maria. Filiberto doveva fare Giuseppe, prese in prestito dal nonno una giacca marrone e un cappello che gli scendeva fin sul naso. Nella mangiatoia un bambolotto, di quelli di allora in plastica tutto pelato.
Paolo e Mario dietro, sotto dei sacchi di juta, il bue e l’asinello.
Arrivò il fatidico giorno, l’aula era piena di genitori e maestre, pure il sindaco in prima fila, che ansia che avevo per​ la mia parte…ero addetta a tirare quello spago per aprire il sipario.

Ciak si gira…
Il sipario fortunatamente funzionò, che sollievo.
Anna la prima della classe narrava e così cominciò a recitare: “la Madonna taglia e cuce, San Giuseppe sega e pialla, il bambino nella culla piange e vuole la sua mamma”. Ernestina e Filiberto si erano calati nella parte e mimavano.E così via dicendo una buona mezz’ora tra poesie natalizie e canti. Fu un successone, tanti applausi. Io sempre lì impietrita, toccava di nuovo a me recitare, chiudere quel  sipario sbilenco.