Cassate, signori, cassate!
Vere cassate siciliane, di tutte le misure, per tutti i palati, caldamente raccomandate per ogni circonferenza di vita (intesa come perimetro addominale, ovviamente, non certo come percorso circolare di nostra esistenza…).
Circonferenza, che altrettanto sicuramente provvederà ad ampliarsi, e neppure tanto lentamente, dopo che le avrete degustate con sommo piacere e voluttà!
Ma che ci vuoi fa’…
Mica si può rinunciare sempre a tutto, no?
Già si rinuncia ad altri piaceri, almeno lasciateci quelli di gola!
E la gola, ahimè, è un mio punto debole, soprattutto se si parla di dolci…
Ora che sono “rientrata nei ranghi”, però (io? Ma quando mai…), avverto nitidamente l’impellenza di dovermi dedicare seriamente e con costanza ad un’attività fisica regolare che mi permetta di smaltire, o quantomeno ridurre, l’eccesso di calorie ingurgitate durante queste mie incursioni palermitane che, per quanti chilometri si macinassero a piedi quotidianamente, finivano immancabilmente e sempre con golosi e dolcissimi assaggi di siculi peccati di gola!
Ma oggi, no.
Oggi, non ancora.
Ho qui davanti agli occhi i tre-vassoi-tre di dolcetti siciliani acquistati per ricordo (non certo solo visivo) e che dal vassoio occhieggiano invitanti nella mia direzione, perfettamente consapevoli del loro potere seduttore…
Alla luce di questa ineluttabile e irrinunciabile realtà, mi sorge spontaneo il coniare una nuova preghiera, parafrasandone un’altra ben più seria e universalmente recitata:

“… Cannolo nostro che stai sui vassoi,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà (all’ingrasso)
come in Sicilia, così tra le Dolomiti.
Dacci oggi il nostro colesterolo quotidiano
e rimetti a noi i nostri debiti (di gola)
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e inducici pure in tentazione
liberandoci dal male (della rinuncia)…”

Amen.