Già sul titolo ci sarebbe troppo da ridire, eppure le piaceva tanto.
Estrasse il foglio dalla vecchia macchina da scrivere con violenza, lo appallottolò e lo lanciò nel cestino a fianco della scrivania.
Erano troppi i fogli appallottolati e gettati via; quella mattina non sarebbe stata profiqua.
Il problema era che Lucy Rosetta, famosa scrittrice di romanzi gialli, di solito scriveva di getto, senza nessuna ispirazione; si sedeva alla scrivania, osservava in cagnesco il foglio bianco, vedeva volare una mosca e via! Le sue dita prendevano anche loro il volo e il racconto veniva gù da solo.
Ma oggi proprio non le veniva niente da scrivere.
La sua paura più grande era quella di restare vittima del “blocco dell’artista”, una situazione di ristagno dalla quale difficilmente si riesce ad uscirne.
E poi c’era la casa editrice che spingeva per un nuovo romanzo, sarebbe andata bene anche una raccolta, purchè all’altezza del nome che si era fatta. Invece niente.
Poco fa un’idea l’aveva avuta ma andava contro una delle regole che il suo famelico editore, Angel Devil, le sbatteva in faccia ogni volta che la coglieva a infrangerne una.
«Le ho detto niente cinesi!»
Questo secondo il famoso decalogo di Ronald Knox, per non parlare poi delle venti regole di Van Dine, e di chissà quale altro manuale che si andava a pescare chissà dove. Pur ammettendo che i suoi consigli l’avevano aiutata non poco in questi anni, stavolta a Lucy stavano davvero stretti.
Si alzò dalla scrivania, prese la borsetta dalla sedia a dondolo, si specchiò per sistemarsi alla meglio i lunghi capelli rossi e uscì di casa, facendo sbattere il portone.
Le bastò accorgersi della giornata assolata per sfoderare uno smagliante sorriso. Ecco quello che ci voleva: una passeggiata nel parco e, prima, un bel caffè. Imboccò il viale alberato che portava alla piazza centrale guardandosi attorno con aria estasiata e respirando appiento il profumo della prossima primavera. Non mancava niente a quel quadro di sereno equilibrio: gli alberi con le gemme pronte a sbocciare, a sinistra il cane dei vicini che la salutava scodinzolando, a destra l’acqua del lago che rifletteva i raggi del sole, creando specchi di luce. Tutto intorno il panorama sollevava lo spirito e davanti a lei, alla fine del viale, troneggiava la collina del castello, così chiamata per via della sontuosa villa costruita dai marchesi di Castelgiallo.
Arrivò in piazza e notò due macchine della polizia parcheggiate davanti al supermercato; pensò ad una rapina.
Entrò nel bar d’angolo dove una gruppetto di persona discuteva ad alta voce. Dal capannello emerse il barista:
«Buongiorno Lucy, il solito?»
«Sì, grazie.»
«Accomodati lì vicino alla tua amica, te lo porto subito.»
Seduta accanto alla vetrata panoramica c’era la sua amica del cuore, che già sorseggiava il cappuccino con gli occhi incollati al vetro, difatti non si era accorta dell’arrivo di Lucy.
«Buongiorno Paoletta.»
Questa sobbalzò facendosi quasi cadere addosso il liquido fumante.
«Acc… mi hai fatto paura.»
«Hei, ma che succede? C’è stata una rapina? »
«Come non ne sai nulla? Stai sempre rintanata in quel buco a buttare giù favolette, ma qui fuori c’è la vita cara mia, la vita vera!»
«Allora?»
«C’è stato un omicidio!»
«Cacchio, al supermercato?»
«Macchè! Su al castello. Ieri sera c’è stata una cena con la solita seduta spiritica che organizza quella alcolista della marchesa. Però stavolta c’è scappato il morto, uno vero!»
Arrivò il barista con il caffè e il cornetto per Lucy e si rivolse alle due donne.
«Visto, è come dicevo io! Poi a condurre le indagini sarà proprio il commissario Verza, quello che dovrebbe essere indagato per omicidio! Ah, boccaccia mia statte zitta!» continuò a imprecare mentre ritornava al bancone.
«Ma insomma, chi è morto?» chiese Lucy
«Un cinese!»
«Come un cinese?»
«Era ospite della marchesa, è stato trovato stamattina accoltellato, o forse avvelenato, questo non è chiaro, comunque lo hanno ammazzato.»
Lucy come imbambolata scandì ad alta voce il titolo del racconto che voleva buttare giù, e che era finito nel cestino.
« Metti un cinese a cena . »
«Bello! sembra il titolo di un romanzo. Veramente ieri sera gli invitati erano parecchi, credo una decina. Oddio, questo mi ricorda qualcosa.»
«Dieci piccoli indiani.»
«No, non c’erano indiani, però c’era questo cinese. Vediamo, c’era la medium, quella signora che arriva sempre con la spider nera, c’era il marchese, c’era Wanda Scalea, l’ex attrice, poi l’amico della marchesa, l’americano, sì quello sospettato di far parte dei servizi segreti, poi l’amico del marchese, o dovrei dire l’amichetto.»
«E chi è?»
«Il nipote dell’architetto che ha progettato la villa; dicono che sia piena di passaggi segreti, il ragazzo li conosce tutti e per questo quando fanno le sedute spiritiche lo invitano.»
«Non ho capito il nesso.»
«Neanche io, difatti è più probabile che venga invitato perché se la fa con il marchese. Poi chi c’era, vediamo… a già, le gemelle Siamesi, arrivate all’ultimo minuto.»
A Lucy stava per scoppiare la testa.
C’erano tutti, tutti!
Mancava soltanto il maggiordomo e …
«Dimenticavo, c’era pure il maggiordomo.»
Fissava il cappuccino come se non riconoscesse né la tazza, né il suo contenuto.
«Che faccia hai! Dovresti essere contenta, tutti questi spunti così originali per creare un bel romanzo giallo, tutti insieme e sotto casa!»
Lucy sorseggiò il cappuccino, ficcò il cornetto in borsa, salutò mestamente la sua amica e trascinando i piedi si avviò verso casa.
Sarebbe riuscita a far capire ad Angel Devil che tutto questo stava realmente accadendo?
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