Luigi , giunto ai suoi 93 anni se ne sta seduto a riposare sulla poltrona guardando fuori in direzione dei Monti Sibillini incappucciati di neve ma il suo sguardo opaco fa capire come sia altrove, immerso in scenari diversi ed imperscrutabili.

Le mani tremanti sono nascoste dal plaid che sua moglie Mema gli ha appena appoggiato addosso.

È diventato così freddoloso il suo bel granatiere!

“ Gigi, hai fame? “ Ma Luigi non risponde, sembra seguire il filo di un qualche ricordo e parlottare sommessamente con qualcuno visibile soltanto a lui.

Forse dal fondo della sua confusa memoria è emerso un ricordo lontano di quando, giovane e baldanzoso, lavorava a Roma e, libero da ogni legame, raccoglieva i frutti di quell’aria frizzantina di inizio secolo: caffé chantant , operette, balli e balletti, donne e donnine, piume e paillettes….La guerra era ancora a venire e la ‘modernità’ si respirava euforicamente ovunque in un’atmosfera leggera e carica di colori.

“Allora ti porto un tè con i biscotti così puoi prendere le medicine”

Ma, come ormai sempre più spesso, non c’è alcuna risposta.

“ Hai visto ? È nevicato in montagna e il monte Vettore è incappucciato…speriamo che la neve non scenda”.

Ma alle sue parole fa eco il silenzio, un silenzio a cui però Mema non si sa rassegnare.

“ Accidenti alla vecchiaia! Dove sei Gigi?”.

Certo, era ben diverso l’uomo che aveva sposato…

Lo testimoniava una sua foto posta in bella mostra sul vecchio comò di famiglia di fine ‘800 dal piano in marmo con annessa specchiera.

Lo ritraeva giovane e bello con quegli occhi chiari maliziosamente ridenti, baffetti a ‘manubrio’ sotto una paglietta chiara.

Era davvero un bell’uomo con quel fisico asciutto e prestante nel completo grigio scuro. Eh già! E ne aveva colte di occasioni, fiori di tutti i colori: Lulù, Memi , Arlette…! Un vero tombeur de femmes, insomma.

E tale era restato anche dopo quando , ritornato a casa a fine guerra, aveva sposato una fanciulla di molto più giovane e stavolta però tanto casta e pura da non sapere neppure lontanamente cosa fosse una paillette.

“ Stai attenta Mema, perché è un po’ troppo farfallone. A Roma ha fatto la bella vita, ne ha combinate di tutti i colori ed ha corso la cavallina a rotta di collo”, l’avevano avvertita le comari dalla lingua velenosa esperte in fatto di ‘taglia e cuci’.

Ma questa nomea di uomo vissuto, anziché allontanarle, attirava le donne come il miele le mosche perché lui con le donne amava giocare, soddisfare i loro desideri, le loro voglie… contrariamente ai loro mariti egoisti e distratti.

E la povera Mema aveva avuto il suo bel daffare per scacciarle da torno, usando tutte le armi, battendosi come una leonessa. Se l’era tenuto stretto il suo Luigi perdonandogli tutto come oggi nessuna donna sarebbe certo più disposta a fare.

Una volta lo aveva beccato addirittura con una donna di trent’anni più giovane… ne era seguita una grave crisi coniugale ma poi lo aveva nuovamente perdonato .

Ed ora eccolo lì, il gran viveur, divenuto fragile, perso, confuso e con chi lo sa quali pensieri nella mente annebbiata.

Mema gli si avvicina per portargli il tè e lui, guardandola stralunato , le fa “ Che ci fai qui Caterì? Aspettami laggiù dove sai. Se ti acchiappa Mema… Su, dammi un bacio e vattene lesta”.

E Mema sorridendogli si accosta per dargli un bacio ed una lieve carezza sulla fronte per cancellare quel segno d’apprensione apparso sul suo volto.

“Tranquillo, Mema non c’è”.

Foto; dipinto di Pierre-Victor Galland.