Vestita di tutto punto, oscillando paurosamente sui vertiginosi “trampoli”, si avvia verso il bagno per l’ultima mossa: qualche goccia di profumo nei punti strategici.
Mentre si sta ancora osservando, sente la chiave girare nella toppa; si avvia con andatura “flessuosa” lungo il corridoio, Osvaldo accende la luce, butta un’occhiata distratta e stanca verso di lei, la mette a fuoco, poi si arresta di botto:
«Cosa … chi …», farfuglia guardandola da capo a piedi con gli occhi sgranati e disorientati dalla sorpresa.
Lei gli va incontro con un sorriso conturbante, lui molla per terra la borsa porta documenti e (scena al rallentatore, come in un film), Carolina si lancia verso di lui, prende una storta pazzesca e gli precipita addosso come un treno in corsa:
«Maledetti trampoli», impreca fra i denti.
Lui, sopraffatto dallo stupore, la coglie tra le braccia poderose, lei atterra sul suo ventre prominente ma morbido; lui perde per un attimo l’equilibrio, si riprende prontamente e contraccambia il bacio appassionato che lei gli sta stampando in bocca.
Rimangono per alcuni minuti così avvinghiati, lei gli sussurra, tra un bacio e l’altro:
«Buon anniversario, Amore» e, guardandolo con occhi lascivi mormora vogliosa:
«Dai, tesoro, andiamo a festeggiare».
Mentre lui sta cercando d’infilare le mani tra le pieghe della “canadese”, il momento è magicamente incandescente e tutto sta filando nella giusta direzione quando, all’improvviso, il cervello di Carolina emette un segnale di allarme, lei si irrigidisce e fa un balzo felino indietro (trampoli permettendo).
Osvaldo sussurra, con la voce roca di desiderio, spingendola verso la camera da letto:
«Che c’è?»
«Il forno, la mia arista, ho dimenticato di spegnere», esclama Carolina, dirigendosi più veloce che può verso la cucina.
La “rovente” atmosfera si spegne bruscamente come fuoco sotto il getto di un secchio d’acqua gelata.
Per fortuna, è arrivata in tempo, spegne il forno e si volta per continuare da dove avevano lasciato ma:
«Che profumino», esclama Osvaldo che l’ha seguita in cucina, «cosa vedono i miei occhi, i miei piatti preferiti. Brava la mia mogliettina e buon anniversario; scusa, come avrai capito, l’ho dimenticato.»
La osserva ancora, le piazza una sonora pacca sul fondo schiena (massima espressione del suo apprezzamento), facendola traballare e:
«Sì, stai proprio bene con i capelli così sbarazzini e questa “mise” ti dona ma ti dispiacerebbe se prima ceniamo; ho una fame da lupi».
Un po’ delusa ma rassegnata, porta in tavola le pietanze, gliene serve una generosa porzione e lui si butta a capofitto sui piatti, quasi non mangiasse da una settimana, facendo sparire tutto in un baleno.
Carolina non mangia, ha lo stomaco chiuso, mentre il suo cervello le sussurra malefico come un viscido serpente strisciante e velenoso:
«Che serata eccitante e piccante, complimenti».
Carolina scaccia prontamente i pensieri negativi, si alza, si gira verso il marito:
«Caffè?».
«Sì, grazie», risponde Osvaldo pulendosi la bocca con il tovagliolo, aggiungendo:
«Ti aspetto in salotto, che dici, ce ne stiamo un po’ “vicini, vicini”», facendole l’occhiolino.
Carolina riprende vigore, rivolge un gestaccio mentale di sfida al suo cervello invidioso, pregustando il “peccaminoso” dopo cena.
Prende un vassoio, prepara la bevanda, fa una puntata in bagno a lavarsi i denti, e ondeggiando con fare conturbante, si avvia in salotto.
Rimane sulla soglia impietrita, guarda bieca il marito che, sprofondato sul divano, con il telecomando della TV in mano, se la dorme beatamente e, con la bocca semiaperta, sta russando come un mantice.
Carolina lo guarda quasi con odio, con le mani sui fianchi sembra una Dea della Guerra in procinto di lanciare strali mortali ma, qualcosa nella mano abbandonata di Osvaldo la blocca.
Si avvicina e scorge una scatolina di velluto blu che sembra ammiccare maliziosa.
La prende delicatamente ed ecco apparire una scintillante fascetta di diamanti che sembrano sorridere e farle l’occhiolino.
Osvaldo apre gli occhi, si alza di scatto:
«Sorpresa!», esclama sorridendo e abbracciandola.