L’Inverno non ha fretta, si prepara a uscire dal suo nascondiglio e aspetta che l’Autunno si porti via le ultime bacche dai cespugli spinosi e le foglie secche dagli alberi in riposo.
Carica il suo grande carro di vento impetuoso, nuvole grigie, pioggia, saette e tuoni, ghiaccio, neve, e aggiunge, alla fine, qualche pallido raggio di sole.
Infila i pesanti stivali e l’ampio mantello, guanti, sciarpa, cappello e si porta dietro pure il suo capiente ombrello.
È consapevole di non essere amato per il suo carattere rigido che è spesso lunatico e arrabbiato.
Non se ne cura molto, è il suo mestiere e lo fa al meglio e con sommo piacere.
Ormai è tempo, i robusti buoi sono impazienti, sono in attesa del suo segnale.
L’Inverno è pronto, sale sul carro e guarda avanti.
Vede l’Autunno che corre veloce in un turbinio di foglie morte, libera il vento e lancia il barroccio in una corsa sfrenata e folle mentre scivola giù per i monti in picchiata.
Libera pioggia, ghiaccio e neve per ricoprire i monti più alti, scende in pianura spargendo nebbia, ride tra i denti trascinando via qualsiasi cosa gli sbarri il passo.
Si accendono i camini nelle case illuminate, si chiudono le porte, s’indossano le sciarpe e si preparano minestre calde.
Il vento soffia e urla nelle vallate e la neve copre tutta la terra che, finalmente, riposa e tace.
Animali e uomini si mettono al riparo perché questo inverno, dicono, “sarà lungo e ce la farà pagare”.
L’Inverno ride a queste battute, si liscia la barba, si aggiusta il cappello, e controlla ancora una volta se ha portato l’ombrello.