Leggiadra fanciulla

L’albero della vita racchiuso nel folto del bosco spingeva le sue chiome verso l’alto per rubare ancora un raggio di sole che entrava perpendicolare in quel buio sottostante. L’albero con tutte le sue forze spingeva verso il basso le sue spesse e nodose radici alla ricerca di un po’ d’acqua e di una stabilità sempre maggiore. L’albero stava li da sempre, gli uccellini ci facevano il nido e lui li accoglieva tra i suoi forti rami, seguiva i loro primi goffi voli, pronto a proteggere con le sue foglie quei primi ed incerti battiti d’ali. Tra le sue fronde si rincorrevano scoiattoli e ghiri in un gioco antico e sempre nuovo.

Ai suoi morbidi piedi rivestiti di erbe e verdi e umidi muschi si sedevano bambini, spinti dai racconti dei nonni che raccontavano dell’albero che stava li da sempre a vegliare sul bosco e sui suo abitanti, piccoli e grandi animale che a lui si sfregavano con tenerezza, fate che danzavano allegre tra le sue chiome e folletti che vivevano nascosti tra le sue radici. Nei mesi di giugno si illuminava di infinite lucciole danzanti come stelle splendenti in un cielo sgombro di nubi. Delicate fanciulle ballavano in cerchio attorno al suo tronco poi sedevano felici ai suoi nodosi piedi raccontandosi storie d’amore e desideri del cuore, l’albero ascoltava e col suono del vento tra i rami, cullava e mescolava i pensieri, soffiava con un vento sottile, leggero come piuma sulle loro vite spensierate. Giovanotti un po bruschi nei modi e nei gesti si arrampicavano tra le sue fronde in improbabili gesti dondolavano a volte finendo per terra sconfitti, alcuni raggiungevano la cima e sbirciavano il bosco dall’alto, si sfottevano tra loro ma ognuno in cuor suo ringraziava l’albero antico per esserci sempre, ogni giorno li ad attenderli e permettere a loro di giocare senza spazio e senza tempo, un vecchio gioco mai smesso per infinite generazioni. Le fanciulle adoravano l’albero per la sua bellezza e maestosità e perché sapeva mantenere così bene i loro segreti. L’albero della vita svolgeva il suo compito da tempo immemore, ascoltava, rinfrescava, consolava, coccolava ogni creatura che a lui per un po’ si affidava.

Negli ultimi anni però qualcosa era cambiato, erano davvero in pochi a passare nei suoi dintorni, salvo qualche animaletto che non mancava mai, del genere umano non c’erano quasi più tracce, e se passavano di li, ai suoi piedi più non si fermavano.

L’albero un po’ si intristiva gli mancavano le voci, le danze, le risa, i giochi ed i segreti, aveva così perso un po’ di quel suo antico splendore. Un giorno in cui il sole raggiunse riscaldando la sua folta chioma, si fermò ai suoi piedi una leggiadra fanciulla vestita d’azzurro come il colore dei suoi occhi, si sedette ai suoi piedi, usci da una strana forma un oggetto di cui l’albero non conosceva nulla, se lo appoggio al mento e cominciò a suonare, una musica dolce e struggente che raccontava di terre lontane, di muschi e licheni, di piogge sferzanti e di cieli azzurro intenso, dall’albero caddero piccole gocce come rugiada sottile, chinò verso il basso la sua folta chioma fino a quasi abbracciare la fanciulla.

Attorno a lei un volo di farfalle dai mille sgargianti colori, scoiattoli e ghiri senza timore si avvicinarono, gli uccellini posati sui rami smisero per un po’ di cinguettare rapiti da quel suono che aveva qualcosa di magico. Poi la colse una strana stanchezza e ai piedi dell’albero si addormentò, l’albero cinse la sua piccola vita, coi suoi potenti rami l’avvolse e a lungo la cullò. Ora tutto era tornato quasi normale, l’albero ne era certo, altri con lei e dopo di lei sarebbero venuti e come nel cerchio magico tutto sarebbe tornato al suo posto e lui non si sarebbe mai più rabbuiato.

Intanto scese la notte, la fanciulla continuava a dormire e l’albero a vegliare, al mattino il solito raggio di sole impertinente, passò veloce attraverso i rami e posò un bacio sulla fronte della fanciulla che a quel caldo contatto aprì gli occhi e si vide distesa tra le braccia dell’albero, rimase per un attimo un po’ sorpresa, poi capì che l’aveva riparata dal freddo della notte cullandola per farla riposare, il vecchio albero dolcemente la depositò a terra, lei per ringraziarlo suonò nuovamente quello strano strumento ma una musica diversa, allegra e solare che invitava a ballare, cantò ed era la sua voce pura melodia, quel canto arrivò dritto fino al cuore dell’albero, lui in quel momento seppe che lei sarebbe ancora tornata da lui per fargli rivivere mille emozioni del passato e del presente. La fanciulla dal canto suo sapeva che erano in molti ad essere in debito con quell’albero antico, i suoi nonni le avevano raccontato infinite storie vissute all’ombra delle sue fronde e lei era felice di ancora rallegrare le sue giornate non più colorate come un tempo. Era lui l’albero della vita, era lei che con la sua grande sensibilità gli aveva regalato nuova forza, nuovo vigore, erano loro e ogni giorno i loro incontri erano doni di vita che si scambiavano in un susseguirsi di istanti felici e giocosi.

L’albero della vita racchiuso nel bosco spingeva le sue chiome verso l’alto…