Stasera, senza averla cercata, mi è tornata tra le mani questa foto antica, custodita insieme a poche altre d’epoca in una busta di carta consunta e ingiallita, dai bordi ripiegati malamente per essere stata conservata senza troppa cura, o forse anche dimenticata, tra montagne di carta e scartoffie in una vecchia scatola di cartoncino riposta da secoli in quell’angolo dell’armadio, là nello studio.
Mi sono ritrovata.
A distanza di sessant’anni da allora, mi sono ritrovata, sì.
Nella casa dei nonni paterni, dove sono nata e cresciuta per i miei primi quattro anni, e dove – ad ogni compleanno – si chiamava il fotografo ad immortalare per sempre l’evento festoso attorniata da una moltitudine di familiari e parenti vari tutti riuniti attorno al grande desco di legno sul quale erano state approntate bottiglie di spumante dolce (ovviamente solo per “i grandi”) ed una grande e semplice torta fatta in casa, che avrebbe dovuto rifocillare gli stomaci di tutto il convenuto parentado.
Ero la prima bambina a nascere in casa Truzzi, dopo una serie interminabile di maschietti nati negli anni da altri componenti della mia famiglia paterna, e tutti – zia Maria in primis – stravedevano per me, coccolandomi teneramente con gesti affettuosi e parole carezzevoli che, lo avrei capito dopo, avrebbero lasciato il segno.
Due anni, compivo quel giorno.
Quel 14 dicembre di un freddo inverno di sessant’anni fa, uno di quelli freddi come oggi non se ne ricordano più.
Ed anche se la vecchia foto mi ritrae in bianco e nero, lo ricordo bene quel maglioncino.
Era di lana color giallo pallido, lo aveva sferruzzato zia Maria, la mia preferita, che adoravo semplicemente e che prendeva, sempre, le mie difese ogni qualvolta alla mia giovane mamma, poco più che ventenne, alle prese anche con un fratellino più piccolo di me, stanca e forse anche un po’ stressata dalla “nuova” vita nella nuova famiglia che l’aveva accolta, capitava di perdere un po’ la pazienza…
Ero piccolissima, sì.
Ma incredibilmente lo ricordo ancora, il dono che ricevetti per quel mio secondo compleanno; quella piccola bambola in plastica rigida che impettita se ne stava seduta a gambe allargate sul tavolo apparecchiato a festa. Fu la mia prima e unica bambola, per molti anni a seguire…
Ma non mi mancavano i giocattoli, no.
Le giornate trascorrevano in cortile con molti altri bambini, e si giocava tutti insieme, ci si rincorreva, si cantavano filastrocche, si faceva a gara con il vecchio triciclo di metallo nero e pesante, io sempre con un fiocco di nastro di raso bianco in testa, la “bananina”, ad abbellire e raccogliere un piccolo ciuffo dei pochi e sottili capelli biondi che avevo.
Ecco, stasera ritrovarmi in mano questa foto antica mi ha fatto compiere un volo di fantasia all’indietro nel tempo, a quando tutto era diverso, tutto era “altro”, tutto era in divenire…
E quella che sento, forte e chiara, montare in me ora, sì, quella cosa lì, che avverto percorrermi dentro e accarezzarmi anima e cuore, quella cosa lì, insomma, sì, io lo so, ora lo so, è “solo” gratitudine.
È “solo” Amore.
È “solo” Vita.
La mia.
La nostra.
Anche di chi non c’è più. Ma continua ad esserci.
E solo e soltanto una parola mi sale alle labbra, in questo momento.
Una sola.

GRAZIE

Gabri