Elide era nata lì in quel castello, che si ergeva in cima al borgo. Lei era la giovane nobile figlia del potere.
Dall’alto osservava la vita semplice dei poveri contadini al servizio di suo padre. Quando passeggiava nel giardino ombreggiato da secolari alberi, i suoi pensieri, volavano a Umberto, il ragazzo che si occupava delle stalle. Così Elide tutti i giorni si recava lì, ma montare a cavallo e farsi accompagnare nel parco da Umberto era solo una scusa.
Elide, esile, con i capelli al vento sul moro destriero sembrava volare di felicità.
Il suo cuore ormai era rapito dagli sguardi di Umberto.
È così che cominciò la storia di due ragazzi, frenati dal loro dissimile ceto. Un giorno si fermano per riposare e si ritrovavano su un tappeto verde, il loro giaciglio di amplesso.
Elide ben sapeva che quei momenti di amore erano una battaglia persa. Lei ormai si avviava alla maggiore età, e già da suo padre era stata destinata sposa ad un marchese più avanti negli anni di lei .
I preparativi incombevano al castello.
Quel giorno arrivò.
Il corpo esile di Elide spariva in quell’abito di ostentata ricchezza. I suoi occhi erano aridi, ma il suo cuore piangeva. Sapeva ciò che l’aspettava.
I signori di allora rivendicavano la prima notte di nozze delle giovani spose che dovevano giungere all’appuntamento vergini.
Quelle che erano considerate impure venivano gettate nel pozzo che si trova ancora lì, all’ingresso del castello, intatto: il pozzo delle vergini.
Di notte si possono ancora udire le voci delle povere fanciulle che si rincorrono tra le mura del castello.