Un vento gelido spirava tra gli alberi, portando il rintocco delle campane di Gelnhausen fino alla porta della casa di Katharina. La giovane donna stava infornando i dolci di marzipan di sua invenzione che avevano avuto tanto successo nella sua pasticceria, al punto che da tutta l’Assia la gente veniva apposta per comprarli, sfidando le intemperie e le pessime strade. Erano biscotti e tartine, decorati in forma fantasiosa, ma tutti con la particolare caratteristica di avere un sapore fantastico, che non si poteva dimenticare. Un sapore stregato.
Rumori di zoccoli e il frastuono delle ruote ferrate di una carrozza infransero il silenzio della sera.
Katharina si portò alla finestra per sbirciare cosa stava succedendo, ma ebbe appena il tempo di vedere gli uomini della polizia del distretto che forti colpi fecero tremare la porta. Spaventata, andò ad aprire, e si trovò davanti l’allampanata figura del Vice Capo della Polizia che teneva in mano un foglio spiegazzato.
«Katharina Schraderin!» gracchiò l’uomo «ti dichiaro in arresto».
Katharina si sentì avvampare.
«Come sarebbe? Io non ho fatto niente! Di cosa mi accusate?».
L’uomo guardò in fondo al foglio.
«Stregoneria! Vieni con noi!».
«Ma siete impazziti! Stregoneria? E quando mai ho avuto a che fare con questa cosa?».
«Qui c’è scritto che sei stata denunciata! Ti difenderai presso il tribunale di Gelnhausen».
«Aspettate, aspettate! Venite dentro la casa, perquisitela! Guardate se possiedo qualcosa che possa essere collegato con questa accusa, vi prego!».
«Andiamo Katharina, non farci perdere altro tempo, che la notte si avvicina. Uomini…».
«No, no, Herr Gunther, la prego! Ho appena infornato i miei dolci, bruceranno tutti! Lasciate almeno che finiscano di cuocere!».
Un mormorio si diffuse tra gli sgherri della polizia, e uno diede di gomito al capo del manipolo.
«Ehm… Katharina… si tratta dei tuoi famosi dolci di marzipan?».
«Proprio quelli, signore! Venite dentro e sedetevi con i vostri uomini. Intanto che cuociono potrete verificare quello che dico e poi ne potrete mangiarne quanti volete, e il resto portarli al vostro capo».
«In effetti… credo che una perquisizione adesso possa farci risparmiare un altro viaggio nel futuro. Va bene, uomini, legate i cavalli ed entriamo!» e passò davanti alla povera Katharine, che fu lesta a farsi di lato.
«Dunque» disse il Giudice esaminando le carte «voi Hans Metzler…»
«Insieme con mia sorella Greta» precisò l’uomo.
«…insieme con sua sorella, sì, avete denunciato questa Katharina Schraderin per stregoneria… con quali prove?».
«I suoi prodotti, signor Giudice!» disse l’uomo, agitato «I suo dolci contengono delle sostanze che stregano chi li mangia, in modo che poi non possano più farne a meno!».
«Vedo. Non avete altre prove?».
«Beh, abbiamo sentito dire che la notte intorno alla sua casa girano creature spaventose, con il piede fesso, se mi intende…»
«La intendo benissimo, vada avanti!» ingiunse il Giudice stizzito.
«E anche canti osceni, e il rumore delle porte dell’Inferno che si aprono per far uscire la Grande Bestia, affinché si accoppiasse con questa donna scellerata!».
Il Giudice si voltò verso Katharina, che era seduta su uno sgabello dall’altra parte della sala. La ragazza aveva i capelli scompigliati e gli abiti sporchi, ma il suo aspetto paffuto e gli occhi chiari non sembravano avere molto in comune con il demonio.
«Non potrebbe essere stato il vento tra gli alberi a produrre quei rumori?» chiese il giudice all’accusatore.
«No, no.. Noi».
«Chi altri li hanno sentiti, oltre a lei e a sua sorella?».
«Molta gente, io…».
«Chi altri? Dica i nomi e non mi faccia perdere tempo!».
Hans Metzler si ammutolì.
«Signor Giudice» riprese dopo un attimo «se voi faceste interrogare questa donna dal carnefice, come scritto nel Malleus Maleficarum…».
Il Giudice battè un gran pugno sul tavolo.
«Herr Metzler, non si permetta di dirmi come fare il mio lavoro!».
«Ma io…».
«Guardie! Mettete in catene quest’uomo per oltraggio alla Corte» ordinò, e poi, dopo averci pensato un istante:
«E anche sua sorella!».
Gli armigeri eseguirono immediatamente l’ordine, riportando la calma nella sala.
«Bene» disse il Giudice «e adesso veniamo al punto della questione: lei, Katharina Schraderin, si professa una strega?».
Katharina si riscosse dal torpore che sembrava averla avvolta.
«Io? No, signor Giudice!».
«Ha mai avuto a che fare con… stregonerie, demoni o cose del genere?».
«Mai, lo giuro!».
«E allora, a cosa è dovuta la denuncia di questi signori?».
«All’invidia, signor Giudice! Hans e Greta Metzler sono i proprietari di una pasticceria ma non sono mai riusciti a fare dolci buoni come i miei!».
«Perché usa la stregoneria!» urlò Hans da dietro le guardie.
«Silenzio!» gli ingiunse il Giudice «È vero che possedete una pasticceria e siete in concorrenza con questa donna?».
Hans guardò imbarazzato per terra.
«Rispondete!».
«Mi avete detto di fare silenzio…» abbozzò l’uomo.
«Non mi prenda in giro!» urlò il Giudice.
«Beh, sì, è vero, ma questo non c’entra con…».
Lo dirò io cosa c’entra e cosa non c’entra!» esclamò il Giudice. Poi, rivolgendosi al Vice Capo della Polizia:
«Herr Gunther, avete trovato prove durante la vostra perquisizione?».
«No, signore».
«E avete assaggiato i dolci incriminati?».
«Sì, signore, era mio dovere verificare se…».
«Bene, e dopo averli assaggiati vi siete sentiti stregati?».
«Nossignore. Erano deliziosi, ma a parte questo…».
«Bene» lo interruppe ancora il Giudice «per accertare completamente la verità non ci resta che fare una prova sul posto. Katharina Schraderin, vi ordino di venire con noi presso la vostra abitazione e dimostrarci ipso facto come preparate i dolci, che poi noi assaggeremo per verificare la verità o la falsità delle accuse».
«Volentieri, Signor Giudice!» disse Katharina, porgendo le braccia alle guardie perché la liberassero.
«Loro lasciateli in catene!» ordinò il Giudice agli uomini che stavano per liberare anche Hans e Greta «non si scherza con la giustizia!».
Il 1647, l’anno del processo, era passato da quasi un lustro, e di nuovo il Giudice, questa volta con il Capo della Polizia, era nella casa di Katharina Schraderin, la donna che aveva assolto dall’accusa di stregoneria. Il tempo passato non gli aveva fatto dimenticare quella singolare storia, e non appena aveva saputo della scomparsa misteriosa della ragazza l’aveva subito collegata ai suoi due accusatori, che aveva fatto arrestare. I due, scontata la pena che gli aveva comminato, tre mesi di galera e una buona dose di bastonate, non si erano più fatti sentire e avevano trasferito la loro attività in un paese vicino, ma non era difficile pensare che il loro rancore nei confronti di Katharina avesse continuato a covare sotto la cenere. Era bastato un interrogatorio un po’ energico, al termine del quale Hans era stato portato nelle segrete dove il carnefice gli aveva mostrato i ferri roventi, per farlo crollare e raccontare tutta la storia, che poi la sorella aveva confermato, aggiungendo anche i particolari.
«Ecco» disse il Giudice appena il fabbro ebbe aperto la porta «questa è la sala dove Katharina mangiava. Il laboratorio è sul retro» e fece strada attraverso la stanza polverosa, aprendo la porta che dava su un locale illuminato da una alta finestra chiusa da inferriate.
«Queste» disse, indicando i vasi sugli scaffali «sono le sostanze che Katharina usava per il suo marzipan: mandorle, acqua di rose, zucchero, uova… Tutto andato a male, purtroppo» aggiunse.
«Quello è il forno?» chiese il Capo della Polizia, indicando una grossa costruzione in fondo al laboratorio.
«Sì, quello è il forno, procedete pure».
«Ecco» osservò il Giudice intanto che gli uomini scavano tra le cenere «quelle ossa calcinate sono tutto quello che resta della povera Katharina, e quelli sono i resti del foglio con la ricetta segreta che i due assassini cercavano e che lei non ha voluto cedere finché non l’hanno strangolata. Hanno creduto di farla sparire insieme con il cadavere, ma…».
«Ma il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi» concluse per lui il Capo della Polizia.
«Già» rise amaramente il Giudice «questa è forse l’unica stregoneria di tutta la storia».