Solo una volta all’anno.
Solo a Natale.
È solo nel pomeriggio di quell’unico giorno, pigramente trascorso seduti attorno ad un grande tavolo o anche, per i più indolenti, mollemente “stravaccati” sulle morbidezze avvolgenti di un divano, che si consuma quel rito antico e irrinunciabile del giocare tutti insieme a tombola.
Quel gioco che mi riporta alla memoria infiniti altri pomeriggi natalizi di una vita fa quando, ancora bambina, sedevo trepidante attorno al desco familiare spesso ancora ricoperto di ciò che restava del luculliano pranzo festivo, quando per poche lire si “acquistava” una cartella e la si disponeva insieme alle altre ben allineata sulla tovaglia della festa, in attesa di giocare e conoscere il proprio destino: se la sorte sarebbe stata o meno magnanima facendoci vincere qualche centinaio di lire, o se invece avrebbe strizzato l’occhio a qualcun altro della combriccola parentale per poi finire, comunque e immancabilmente, con un brindisi collettivo di spumante dolce.
Ecco, anche oggi il rito si è ripetuto, attorno allo stesso tavolo della mia infanzia, nella stessa stanza di allora, le stesse pareti, gli stessi mobili, le stesse fotografie di allora, sul ripiano della credenza.
Ed anche le cartelle della tombola, a dispetto dei decenni trascorsi, sono rimaste, incredibilmente, le stesse di allora!
Quelle sulle quali, allora come oggi, i numeri chiamati dovevano venire immancabilmente coperti da fagioli secchi o chicchi di mais; quelle, dove sarebbe bastato un movimento involontario del braccio, del proprio o del commensale vicino, per far sparpagliare sulla tovaglia i chicchi già utilizzati, rendendo inutile la certosina minuziosità con cui si era fino a quel momento provveduto a “ricoprire” le caselle con i numeri…
Ma non tutto, ovviamente, è rimasto come allora.
Le persone, per esempio.
Le persone sedute intorno a quel tavolo per ritrovarsi a rinnovare un rito ormai ancestrale e irrinunciabile per la nostra famiglia, il pomeriggio del giorno di Natale.
Nonni e zii paterni, anziani già allora, non ci sono più. Ed i bambini che noi allora eravamo, io ed i miei fratelli, sono oggi adulti sessantenni con mogli e mariti e figli, a loro volta adulti… Un avvicendarsi di generazioni, attorno a quel tavolo.
Anche papà non c’è più.
Ci lasciò nell’89, a soli 65 anni.
Ma non è trascorso un giorno, da allora, non un solo giorno, in cui egli non sia stato invece presente, tra noi. In me. Anche oggi.
È mamma, ancora, pur molto anziana e malandata di salute, a tenere ancora le redini della famiglia, e il cartellone della tombola.
Ed oggi ho voluto fotografarla, sorridente nonostante tutti i dolori e le sofferenze fisiche patite, felice di ritrovarsi, almeno a Natale, con tutti i suoi figli e nipoti intorno.
“La mia bella famiglia”, come ama sentenziare con orgoglio commosso.
Anche questo Natale se n’è andato, anche questa annuale tradizione della tombola si è ancora una volta rinnovata. Alla fine, cartelle e cartellone e numeri sono tornati a sonnecchiare nell’antica scatola, subito riposta in fondo all’armadio.
Chissà, se la ritireremo fuori ancora, un altr’anno… Lo spero tanto.
In fondo, sai mamma, la mia tombola l’ho già vinta, anche oggi, a tavola tutti insieme, con te.
E il pezzo da novanta, quel 90 numero ultimo di tutto il cartellone, sei solo tu.