Era una grigia mattina di dicembre, un paio di settimane prima di Natale e, il senzatetto senza nome, era fermo all’angolo della strada. Stava chiedendo l’elemosina e indossava un paio di guanti bucati mentre rabbrividiva, nel consumato e sudicio cappotto. La vecchia e logora sciarpa che usava di solito, l’aveva scambiata il giorno prima con un’arancia.
Il freddo era pungente e la gente camminava veloce; nessuno gli prestava attenzione. Tutti avevano fretta e correvano al lavoro, a fare la spesa o a comprare regali. Le vetrine erano invitanti e addobbate a festa.
Aveva fame perché era da un giorno che non mangiava.
Di solito, all’ora di cena, andava a bussare alla porta del convento di suore che si trovava vicino al ponte dove passavano i binari della ferrovia, sotto il quale si rifugiava per dormire.
Una suora, dolce e caritatevole, lo faceva entrare nel piccolo cortile, curato e pulito come un giardino e gli procurava un piatto di minestra al quale, a volte, aggiungeva un pezzo di pane e di formaggio e un po’ di frutta. Una volta gli aveva portato anche del vino.
Durante il giorno riusciva a racimolare qualche moneta per comprarsi un panino e, nelle giornate più fortunate, anche una birra.
Sfortunatamente, la sera precedente, la suora gli aveva aperto con il viso triste e gli aveva sussurrato:
«Questa sera nulla, siamo chiusi per qualche giorno, siamo in lutto», aggiungendo in un bisbiglio, «è morta la madre superiora». E lo lasciò chiudendo la porta con un mesto sorriso.
Era rimasto alcuni secondi a fissare la porta chiusa e se ne era andato silenzioso e affamato.
Corse con la mente a quando era giovane, ed era un affermato dirigente di una società di comunicazioni; egli pensò con tristezza e nostalgia alla sua bella famiglia, alla sua confortevole casa, ai suoi amici e colleghi…
Quanto tempo era passato da allora? Non lo ricordava, ma rammentava il giorno della disgrazia che gli aveva sconvolto per sempre la vita.
Era in riunione quando gli comunicarono che la moglie e il figlioletto di cinque anni avevano avuto un incidente.
Corse in ospedale ma era troppo tardi: erano morti entrambi schiacciati da un camion che non si era fermato a uno stop.
Ricordò il dolore atroce e profondo, il senso d’incredulità e il vuoto…
All’inizio aveva pensato più volte di togliersi la vita ma, infine, aveva lasciato tutto, la sua città, il lavoro, gli amici, la casa e si era trovato a vagare senza uno scopo in una città sconosciuta e a lottare per sopravvivere.
Aveva sofferto la sete, la fame e il freddo ma almeno ora non provava dolore, nessuna emozione lo turbava. Non era stato facile abituarsi a vivere così: un pezzo di pane, un piatto di minestra calda, un posto per dormire erano gli unici obiettivi quotidiani.
Era consapevole di essere diventato un egoista ma non gli importava. Nel mondo dei senzatetto funziona così e, per conquistarsi il rispetto e uno spazio appena privato, aveva anche dovuto lottare con un uomo che lo aveva minacciato con un coltello per un posto per dormire. Una cicatrice sopra il polso sinistro gli ricordava ogni giorno il fatto. Alla fine ne era uscito vincitore e con la fama di duro. Tutti lo temevano per questo, ed era sufficiente per essere lasciato in pace. Ne era passato del tempo da allora, era più giovane e più forte. Adesso era spesso dolorante e faceva fatica ad alzarsi dal suo giaciglio di cartoni e stracci.
Il cielo era più cupo e, a tratti, scendeva qualche piccolo fiocco di neve, preludio di un classico bianco Natale.
Finalmente, qualcuno più generoso degli altri, lasciò cadere qualche moneta nella sua mano tesa e, verso mezzogiorno, riuscì a mettere insieme il denaro per un panino.
Si allontanò dalle strade affollate, si diresse verso il parco deserto e si sedette su una panchina per mangiare in pace.
All’improvviso, un ragazzo gli si avvicinò. Era sporco, lacero e magrissimo. Stava guardando il suo panino con occhi tristi e avidi.
All’inizio, il senzatetto pensò di scacciarlo ma, con sua sorpresa, mosso da un’improvvisa pietà che non si aspettava di possedere, prese il panino, lo spezzò in due e gliene porse metà.
Seduti uno accanto all’altro, mangiarono in silenzio, senza guardarsi e si lasciarono senza una parola.