BREVISSIMA INTRODUZIONE
Accadde, qualche tempo fa, che la strega Elvira e la fata Costanza s’innamorassero dello stesso uomo, ed in nome di quest’amore si dichiararono guerra all’ultimo sangue.
Ma non fu comunque una guerra drammatica, quell’ultimo sangue non deve fuorviarvi perchè piuttosto si trattò di una guerra fredda, molto strategica, d’inganni e d’astuzie, senza spari e da gran signore.
E con un finale davvero inaspettato.

LA STREGA ELVIRA. LA FATA COSTANZA. L’UOMO DEL BISTROT
Vestita di crespi neri, la pelle diafana di chi abita la penombra, i lunghi capelli corvini racchiusi in una treccia ondeggiante al ritmo dei suoi movimenti, gli occhi di lupa, la strega Elvira avanzava, come un ombra sul sole, preceduta dalla scia amara del suo profumo.
Sulla stessa strada, ma in senso inverso, procedeva la fata Costanza, a passo di danza, leggera come una nube turchina, i capelli chiarissimi raccolti sulla nuca da fili di ametista, le labbra dischiuse in un provocante sorriso di monella.
La donna nera, e la donna turchina, videro entrambe, nello stesso istante, l’uomo seduto al tavolino del bistrot intento a scrivere su un tovagliolo.
L’uomo, seppur non più giovanissimo, era davvero fascinoso.
Davanti a lui un flute di vino dorato, bevuto a metà, ed una sigaretta che andava consumandosi in un piattino.
Aveva smesso di scrivere forse perchè disturbato dalle voci degli avventori o forse perchè aveva esaurito lo spazio sul tovagliolo, guardava fisso davanti a sè, estraniato nelle sue meditazioni.
In contrasto con le rughe, la barba, ancora intatta nel suo colore bruno, incorniciava un broncio d’adolescente con gli angoli della bocca sollevati in una mimica di arrogante superiorità.
I suoi occhi verdi analizzavano, senza troppa empatia, la fauna umana che gremiva il bistrot, per lo più sartine, commessi, studenti della prospiciente Académie Des Beaux-Arts, un gruppetto di militari in libera uscita, una coppia adultera.
Nessuno che suscitasse il suo interesse, finché…finché il suo sguardo incontrò gli occhi neri di Elvira e quelli turchini di Costanza, mentre loro, inconsapevoli l’una dell’altra, l’osservavano dall’esterno della vetrata.
Fu amore a prima vista.

LA TEORIA DELLE PROBABILITA’
L’amore è folle, ma quest’affermazione, fino ad ora, pensavamo riguardasse solo coloro che per disgrazia sono stati colpiti dagli strali balzani di puttini inesperti o solo sbadati.
Eravamo convinti, prima di questo preludio, che una minoranza molto ristretta, a cui appartengono appunto anche le streghe e le fate, quanto meno fosse immune dal capriccio dell’innamoramento non convenzionale, predisposte, per loro natura, alla preveggenza ed alla lungimiranza.
Ma la storia che narro è davvero accaduta, e così il saggio insegnamento che ne deriva è quello di  dover tenere nella più giusta considerazione “la teoria delle probabilità” nei concetti delle variabili casuali e delle distribuzioni possibilistiche, soprattutto per quei fenomeni che noi siamo sconsideratamente avvezzi nel catalogarli come “quasi impossibili ” (quel “quasi”  permane per scaramanzia) e che quando si realizzano abbiamo la brutta attitudine di rigettare la colpa sul destino, come se le varianti fossero solo astrazioni aleatorie, elaborate dalle diaboliche menti dei matematici che bramano tenere in scacco l’umanità intera sotto la minaccia di quelle loro teorie calamitose, simili ad una spada di Damocle, pendente, fin dalla notte dei tempi, sul capo di noi tutti.

Elvira e Costanza si prodigarono, da par loro, con impegno e puntiglio ad essere, in alternanza, variabile casuale e distribuzione possibilista, rendendo giustizia, una volta tanto, alla solitaria ed incompresa stirpe dei matematici.

IL PORTOGHESE
E fu amore a prima vista tra la strega e la fata e l’affascinante uomo seduto al tavolino del bistrot che, da questo momento chiamerò il Portoghese, perché nato in Portogallo, la cui indole d’avventuriero lo aveva trasformato in un eterno fuggitivo, senza mete preordinate e con le soste stabilite dal caso, dalla fortuna o dalla necessità.
Così era giunto a Parigi dopo un lungo viaggio notturno piuttosto travagliato, condotto su strade secondarie e con  mezzi di fortuna e, senza entrare troppo nel dettaglio di questa sua odissea, che pur meriterebbe di esser narrata, datiamo la sua conoscenza da quando, attraverso gli occhi di Elvira e di Costanza, lo abbiamo visto in quel bistrot intento a scrivere su un tovagliolo e sorseggiare vino bianco.
Della sua vita altrove, seppur meritevole di un romanzo, non racconterò nulla dal momento che quello che ci riguarda è accaduto qui, a Parigi, città degli incanti e dell’amore.

LA POSTA IN GIOCO
Il Portoghese le aveva soppesate entrambe con lo stesso sguardo d’interesse.
Uno sguardo che non lasciava fraintendimenti: signore siete bellissime e vi desidero tutte e due, non ponetemi davanti ad una scelta che non saprei farla, tanto meravigliosamente siete diverse, tanto meravigliosamente siete sensuali.
Lo strale distratto del puttino inesperto aveva colpito il cuore della strega e quello della fata, ma non tolto loro la capacità  di leggere il pensiero, e fu così che penetrando la mente dell’uomo finalmente l’una s’avvide della presenza dell’altra.
Bastò, alle due signore, una frazione di secondo per valutarsi nella loro interezza, capire che si era al cospetto di una pari e che nessuna delle due sarebbe stata disposta a farsi da parte.
Fu chiaro, fin da subito, che non sarebbe stato l’uomo la posta in gioco ma la supremazia personale.
Una storia di donne, quindi, mentre all’affascinante avventuriero verrà riservato solo il ruolo della preda.
Ma questo, ovviamente, il Portoghese non poteva saperlo e così, muovendosi sulla ipotesi di quella sua eccitante fantasticheria di un ménage à trois, già s’avviava verso la porta deciso a sedurre entrambe le signore, quando s’avvide di aver dimenticato il tovagliolo su cui aveva scritto i suoi appunti.
Tornò indietro per recuperarlo, ma quando varcò la soglia loro non c’erano più.

LE GUERRE NEI MONDI PARALLELI
Sarebbe stata una guerra non di conquista ma di potere.
Ciò comportava strategie sottilissime ed inedite, come la cinica alleanza iniziale pattuita tra le due rivali, tramite la quale avrebbero avuto la possibilità di esplorare il territorio da espugnare: un brevissimo trattato di tregua prima d’iniziare la guerra.
Questa modalità avrebbe permesso ad entrambe di partire dallo stesso livello, nessun vantaggio iniziale per l’una o per l’altra, cosicché la vittoria sarebbe stata solo merito esclusivo del coraggio e dell’intelligenza delle strategie personali.
Le guerre combattute nei mondi paralleli, in particolare quelle che come arma utilizzano la magia, per quanto paradossale potrà sembrare, mai s’avvalgono di squallidi trucchi da baraccone o quelli subdoli della realpolitik, gli stessi a cui noi siamo avvezzi, ma piuttosto obbligano alla severa osservanza di un codice d’onore a cui i contendenti sempre s’attengono, e la cui trasgressione comporta l’ostracismo ed il disonore.

Attenendosi a tali regole, la strega Elvira e la fata Costanza prima ancora d’iniziare le ostilità stilarono un trattato di tregua che permettesse ad entrambe di esplorare con gli stessi mezzi il territorio da conquistare, stabilendo di comune accordo che avrebbero per questo accettato il mènage a tre.

DOLORE E CONFORTO: LE VOLUTTA’ DEL PIACERE
Stabilita la tregua pre-bellica, trovare il Portoghese fu, per le due provvisorie alleate, un gioco di magia elementare, e già bussavano al suo uscio.
Il Portoghese, stupito, le accolse senza porsi neppure la domanda di come fossero riuscite a scovarlo in quello squallido alberghetto periferico.
La sorpresa e l’incanto di averle innanzi lo avevano reso imprudente, ma egli era convinto di doversi proteggere da ben altri nemici che non da queste due signore che, ammaliate dal suo fascino, spudoratamente gli si offrivano.
Una conquista facile, che il portoghese quasi un pò se ne dispiacque, che così non avrebbe potuto ulteriormente incantarle con quei sapienti preliminari che estasiavano le sue amanti, e rendevano il gioco più eccitante
Elvira e Costanza erano le donne più belle che avesse mai incontrato (eh si che di donne magnifiche ne aveva avute), buia l’una quanto chiara l’altra, così diverse e complementari, cosicché nella frazione di un secondo decise che i preliminari potevano anche andare al diavolo.
La donna nera e la donna turchina, disinibite complici, letteralmente lo stordirono in una festa di capelli, di mani e di bocche, dove  l’uomo, cavia felice ed inconsapevole, si lasciò travolgere dalle vertigini dell’eros di cui mai, e con quella intensità, aveva goduto.
Baci inusuali, carezze ardite e desideri assecondati, quasi che quelle due gli leggessero la mente mentre s’abbandonava al languore dei sensi, eccitato dalla bocca tumida della strega e dal ventre biondo della fata.
Il Portoghese era in uno stato di eccitazione costante, una follia dei sensi che mai prima aveva goduto così intensa e prolungata.
Ma erano loro, in realtà a possederlo, con le labbra, le dita e la vagina.
Preda di quelle magnifiche ed insaziabili amanti, il Portoghese, estasiato, soggiaceva languidamente passivo, consenziente all’aggressività delle unghie ferine di Elvira, che lo marchiavano con geroglifici di sangue, e alla lingua di scoiattolo di Costanza, che lo nettava con umide carezze.
Dolore e conforto: le voluttà del piacere.
Il Portoghese, sfinito dagli innumerevoli orgasmi e dalle appassionate battaglie di letto, senza più opporre resistenza lasciò che le due donne gli penetrassero i sensi e la mente.

DONNE DIABOLICHE 
Questo poneva fine agli accordi dell’alleanza prebellica e sanciva l’inizio delle ostilità sul campo.
Lo abbiamo già detto che la posta in gioco non era l’uomo ma la supremazia della più brava, di quella che fosse riuscita a farlo follemente innamorare di lei.
Così l’avventuriero avrebbe conosciuto, oltre le gioie sfrenate del sesso, che quella notte aveva avuto a profusione, anche le inconsolabili sofferenze dell’amore impossibile.
La fata e la strega, al pari della loro tremenda progenitrice, la maga Circe, miravano a trasformare il loro amante in un animale sottomesso, e in suo aiuto non sarebbe intervenuto il dio Ermes a renderlo immune dalla loro magia.

L’AMANTE ONIRICA
Il Portoghese si era svegliato che il sole era già alto, con i muscoli piacevolmente indolenziti come accade dopo una intensa notte di sesso, seppur sesso non c’era stato se non nell’eccitante sogno notturno dal quale si era destato con un appetito da lupo, una erezione spettacolare, ed una predisposizione benevola verso l’universo intero, in particolare quello femminile.
Magnifico sogno da sembrar vero, che le coltri erano tutte in subbuglio come dopo un’appassionata lotta amorosa, mentre i suoi sensi ancora vibravano deliziati dalle reminiscenze dell’eccitazione onirica.
Di quel sogno, però, non ricordava nulla della musa che lo aveva ispirato, che sempre la rivedeva sfumata nella controluce o nella penombra.
Ma di quei particolari superflui, quali il colore degli occhi o quello dei capelli, poteva farne a meno perché, pur non ricordando i suoi tratti la immaginava bellissima ed esperta più di ogni altra, se quel suo ricordo, pure anche incompleto, aveva avuto il potere di provocargli quel piacevole inturgidimento.
Sentiva la fame dello stomaco.
E quella dei testicoli.
Avrebbe quietato la prima in attesa di placare l’altra.

Seduto al suo tavolo preferito, con davanti una coppa di  vino bianco, la sigaretta che ardeva dimenticata, il taccuino aperto su una pagina bianca, che  prevedeva tale sarebbe rimasta, che quel giorno numeri e teoremi sarebbero stati soppiantati da…cosa? s’ interrogava il Portoghese stupito dalla domanda e da quel suo io inedito che la poneva.
Quell’interrogativo lo perseguitava fin dal risveglio predisponendolo all’incertezza di un’attesa per lui inusuale, avvezzo a fomentare gli eventi della vita piuttosto che attendere accadessero.
Sto invecchiando.
Concluse, commiserandosi divertito.

MADAME 
Da dove si era materializzata la meravigliosa femmina seduta al tavolo accanto?
Il Portoghese era certo che fino ad un attimo prima non c’era, gli sembrava impossibile non averla notata, vestita di nero e di perle, fumava annoiata aspirando da un lungo bocchino d’ebano.
Affascinato non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sensualità delle sue gambe accavallate e dalla provocazione del bocchino tra le labbra.

Ed ecco che lei si alza e viene a sedersi al suo stesso tavolo
– A questa distanza potrete osservarmi con più agio –
Gli sorride con la bocca ma lo sguardo è impenetrabile, gli occhi sono così scuri da non aver riflesso.
–  Siete stato l’unico a non avermi notata subito, e questo mi ha disturbata ma anche incuriosita. Non mi sorprende che mi si guardi troppo ma che non mi si guardi affatto. La vostra imperdonabile distrazione mi ha colpito. Vi confesso che non mi era mai capitato prima –
– Davvero imperdonabile, e per me stesso inspiegabile questa distrazione Madame, perché siete la donna più bella che abbia mai incontrato –
– Siete perdonato, almeno per il momento –
– Permettete che mi presenti –
– Non m’interessa il vostro nome nè io intendo dirvi il mio. Se qualcuno attrae la mia attenzione non chiedo altro che possa continuare a piacermi, almeno per un pò, dal momento che ho il vezzo di annoiarmi facilmente, e voi, Monsieur, mi piacete –

Lo sguardo di lei si posa sulla pagina bianca del taccuino.
– Vous êtes donc un mathématicien –
– Confesso il mio interesse per questa scienza, e voi dovete essere una strega per averlo indovinato da una pagina bianca!-
– Il vostro taccuino è troppo piccolo per appunti letterari ma sufficiente per la trascrizione di numeri e formule: una deduzione elementare –
– Anche voi siete del campo? –
– Mi occupo di formule, ma di un genere diverso –
La luce scura degli occhi s’è fatta più nera.
Ma la bocca sorride maliziosa.