TRE UOMINI IN NERO

Notte fonda. Sotto un cielo nuvoloso, carico di pioggia, tre uomini in completo grigio scuro, soprabito e cappello neri, attraversarono la strada deserta ed entrarono in un vecchio caseggiato abbandonato, la facciata scrostata, i vetri delle finestre rotti. L’oscurità era totale, uno di loro accese la torcia elettrica e fece strada verso una porta laterale. Bussò leggermente, dopo qualche istante la porta si aprì su una grande stanza, sinistramente illuminata da un candelabro, che proiettava ombre inquietanti sui muri scrostati. Un tavolo e cinque sedie erano l’unico arredamento. Pannelli di legno coprivano i vetri delle finestre, nulla doveva segnalare la loro presenza lì. I tre uomini in nero entrarono e si avvicinarono al tavolo, dove erano ad attenderli due signori eleganti. Senza perdere tempo in convenevoli, uno di loro ruppe il silenzio:
«Buonasera signori, veniamo subito al sodo, avete finito il lavoro?»
«Sì Capo» – risposero i tre uomini in nero. Ognuno di loro estrasse dall’interno della giacca un piccolo fascicolo e lo depose sul tavolo. Il Capo  aprì il primo: una fotografia e alcuni dati.

«Peter Carson: accusato di pedofilia, mai condannato per insufficienza di prove. Ora non farà più del male ad altre bambine. Molto bene Falco, un lavoro pulito».
«Grazie Capo».
Il secondo fascicolo mostrava anch’esso una fotografia e un nome:

Walter Singer: denunciato per maltrattamenti, mai condannato.
«Anche questo mascalzone ha finito di maltrattare moglie e figli. Perfetto Condor».
Condor chinò il capo riconoscente.

Il Capo aprì infine l’ultimo fascicolo:
«Jerry Costa, italoamericano, spacciatore, usuraio, assassino e chi più ne ha più ne metta. Mai condannato, grazie agli avvocati e ai loro assurdi cavilli. I negozianti che taglieggiava tireranno un sospiro di sollievo. Bravo Lupo».
«Non l’ho fatto io il lavoro signore».
«Cosa?»
«E’ stato ucciso a tradimento da un certo Carlos Perro, suo braccio destro. Io ho visto tutto, lo osservavo da un po’ di tempo, da quello che ho capito questo Carlos è peggiore di lui. Cosa vuole che faccia?»
Il Capo si consultò a bassa voce per qualche secondo con l’altro uomo, infine:
«Procedi Lupo, facciamo un po’ di pulizia».
«Sì signore».

«Bene, molto bene! – disse appoggiando i tre fascicoli sul tavolo –  ora vi devo parlare di una questione molto, molto importante e difficile da risolvere. Vi avverto, potreste mettere in pericolo la vostra vita, se vi ritirerete noi vi capiremo».
I tre uomini in nero si guardarono in faccia, non avevano bisogno di parlarsi, avevano già deciso:
«Siamo pronti Capo, lei sa perché!»
«Certamente! Molto bene, ora vi spiegheremo la situazione».

 

MOLTI ANNI PRIMA

David e Samuel Baer due fratelli ebrei, legati, oltre che dall’affetto fraterno, dall’odio verso ogni tipo di delinquenza e di sopraffazione. Era sempre vivo nella loro memoria, il ricordo delle deportazioni durante la seconda guerra mondiale, erano poco più che bambini a quell’epoca, stavano nascosti in una stanza che un amico di famiglia tedesco aveva messo a loro disposizione, rischiando egli stesso la vita. Ogni volta che poteva, Franz, così si chiamava, portava loro del cibo e li metteva al corrente della situazione sempre più agghiacciante. Un giorno Franz entrò trafelato nella stanza con un’espressione così affranta e impaurita che allarmò tutta la famiglia:
«Dovete andarvene – disse – oggi qualcuno mi ha fatto delle strane domande, sospettano qualcosa, ne sono certo, non posso rischiare che mi denuncino, le SS ucciderebbero all’istante me e la mia famiglia».
«Certo Franz, ti capisco, ma dove possiamo andare?»
Il padre di David e Samuel era disperato, temeva per la moglie e i figli. Franz offrì loro una soluzione, anzi, l’unica soluzione.
«Ho un amico che ha un’impresa di pompe funebri – disse – è disposto ad inscenare un finto funerale, tu ti sdraierai nella bara, nessuno farà caso ad un’auto col feretro, ti porteranno in un posto sicuro, dove ci sono altri ebrei salvati allo stesso modo. Ti consiglio di accettare, non posso fare altro».
«Ma … mia moglie … i miei figli… no, non posso accettare!»
«Tua moglie ti raggiungerà il giorno dopo, useremo lo stesso stratagemma, e così faremo coi due ragazzi, loro sono ancora piccoli, staranno insieme in un’unica bara. Baderò io a loro nel frattempo.  Allora? Devi decidere!»
I genitori di David e Samuel, combattuti tra la paura di abbandonare i figli e il terrore di essere scoperti e deportati accettarono, incoraggiati dai due ragazzini che li rassicurarono, sarebbero stati buoni buoni ad aspettare il loro turno. Era ancora notte quando il carro funebre si fermò davanti al portone. I due ragazzi e la madre abbracciarono forte il papà, trattenendo le lacrime.
«Ci rivedremo presto figli miei!»
Franz fece scendere l’amico e, con l’aiuto dell’autista, lo fece entrare nella bara, senza fissarla con le viti. Ai lati c’erano alcuni fori per far passare l’aria. L’auto partì, Franz andò in casa a prendere accordi con la madre dei ragazzi:
«Tieniti pronta per domani prima dell’alba, a voi ragazzi penserò io nel frattempo».
Lo abbracciarono e ringraziarono per tutto quello che aveva fatto e stava facendo per loro.
Verso l’imbrunire sentirono un gran vociare nella strada, subito dopo passi pesanti salivano le scale, erano soldati tedeschi! I due ragazzi e la madre si guardarono terrorizzati…come era possibile?
«Presto ragazzi, scendete in cantina!»
La mamma di Samuel e David spostò il tavolo e sollevò il tappeto che copriva la botola.
«Mamma, non vieni?!»
«Andate presto! Ai soldati ci penso io».
Rimise a posto il tappeto, proprio mentre urla sgraziate si avvicinavano e forti colpi si abbattevano sulla porta. La donna, tremante, andò ad aprire. I soldati volevano sapere dov’erano il marito e i suoi figli:
«Sono fuggiti – disse lei in tono di sfida – non li troverete mai!»
Dopo averla schiaffeggiata, la trascinarono giù per le scale e la spinsero in strada, contro il muro, dove altre persone erano già allineate. I soldati si disposero uno accanto all’altro formando così un plotone d’esecuzione.
“Fuoco!”
La raffica partì facendo accasciare al suolo, uno dopo l’altro, i condannati.
David e Samuel, in cantina, abbracciati stretti stretti, terrorizzati, sentivano le grida dei soldati, poi gli spari sulla strada, si domandavano piangendo cosa fosse successo alla loro mamma, l’avevano arrestata? Quando i soldati risalirono sulla camionetta e se ne andarono, i due fratelli uscirono dalla cantina e corsero in strada, dove altre persone affrante  piangevano i poveri morti. Videro la madre riversa a terra, le si gettarono sopra singhiozzando e piangendo tutte le loro lacrime, ora erano davvero soli, non sapevano dove fosse il padre, né come contattare Franz, che non si era più fatto vedere. David propose di fuggire, di nascondersi da qualche parte, Samuel invece disse no: ormai i tedeschi erano già stati in quella casa, non ci sarebbero ritornati:
«Resteremo qui, ci arrangeremo da soli, speriamo che Franz venga e ci aiuti a raggiungere papà».
Non videro mai più né il padre né Franz.
Patirono il freddo e la fame, sempre chiusi in quella stanza, qualche anima buona ogni tanto dava loro qualcosa da mangiare ma c’era poco per tutti. Quando finalmente la guerra finì, i due ragazzi, stremati ma miracolosamente vivi, riuscirono a farsi assumere come mozzi sulla nave in partenza per l’America. Lavoravano sodo, ma almeno avevano da mangiare e da bere, i marinai li consideravano le loro mascotte, ritrovarono il sorriso e la gioia di vivere. Appena possibile avrebbero cercato il loro papà, anche in capo al mondo. Ebbero la fortuna di conoscere un commerciante di gioielli e oggetti di antiquariato, anche lui ebreo scampato al genocidio. L’uomo li prese sotto la sua ala protettrice ed insegnò loro tutto ciò che sapeva. In breve tempo i due ragazzi divennero ottimi commercianti e quando il loro maestro, ormai anziano, si ritirò dal commercio, rilevarono la sua attività. Gli affari andavano a gonfie vele. Un giorno un uomo elegante entrò nel loro negozio, disse che il suo capo era interessato all’acquisto di alcuni oggetti antichi, ma voleva trattare con loro personalmente in un luogo riservato. Sam e Dave – così li chiamavano gli americani – accettarono di buon grado e fissarono l’appuntamento per il giorno dopo nello studio del loro appartamento. All’ora prestabilita la segretaria annunciò:
«E’ arrivato il cliente che aspettavate».
«Lo faccia entrare, grazie».
Il cliente fece il suo ingresso preceduto dalla guardia del corpo e si presentò:
«Buongiorno signori, mi chiamo Frank Seller».

I due fratelli restarono impietriti: non poteva essere vero…era Franz! Un po’ invecchiato, vestito elegantemente, anche troppo, sembrava un malavitoso con scagnozzo al seguito, ma era proprio lui,  l’uomo che aveva promesso di farli fuggire. Lui, ovviamente, non li aveva riconosciuti, erano uomini ormai, i loro lineamenti erano molto diversi. David fece per dire qualcosa ma Samuel lo precedette:
«Buongiorno Signor Seller si accomodi».
Trattarono l’acquisto di antichi gioielli, prezzi e condizioni di pagamento soddisfacenti per entrambe le parti; quando l’uomo uscì soddisfatto, David sbottò:
«Perché mi hai fermato? Non gli hai detto niente! Quello è Franz, è vivo, deve dirci cosa successe quel giorno …».
«Basta David! Cosa credi, che a me non importi saperlo? Tempo al tempo, voglio svolgere una piccola indagine prima. Ho bisogno di sapere alcune cose».
Samuel era in contatto con persone che davano la caccia agli ex nazisti. Quello che gli raccontarono fu per lui come una coltellata al cuore. Quel Franz Koll era una maledetta spia, con lo stratagemma dei finti funerali, aveva consegnato nelle mani dei tedeschi innumerevoli ebrei e relative famiglie, guadagnando così molte ricompense in denaro e una parte dei loro beni. Ora si godeva il frutto dei suoi tradimenti, aveva cambiato nome, era molto ricco e intraprendente. Con la massima cautela Samuel raccontò a David come stavano le cose, sapeva che suo fratello era troppo emotivo, temeva per la sua salute. Infatti il poveretto scoppiò in lacrime:«Allora papà è morto quel giorno stesso!  Non ci posso credere, i nostri poveri genitori! Maledetto Franz! Lurida spia! Lo ucciderò con le mie mani!»
Samuel lo guardava con le lacrime agli occhi, amava tantissimo il fratello, aveva solo lui al mondo.
«Non temere David, vendicheremo i nostri genitori, troveremo il modo, vedrai».
Versò due bicchierini di whisky, e restarono così, assorti, a centellinare il liquore, mentre nelle loro teste vorticavano pensieri di vendetta…

 

UNA RISSA

Era scoppiata per una banale lite fra ubriachi, i litiganti, tra pugni e calci si erano aggrovigliati fra loro, tre robusti buttafuori li afferrarono uno ad uno e li scaraventarono sul marciapiedi. Barcollando e bofonchiando gli ubriachi si rialzarono e si avviarono verso chissà dove.
I tre buttafuori ridendo rientrarono nel locale soddisfatti, non si accorsero che due uomini elegantemente vestiti li stavano osservando da un po’ di tempo. David e Samuel, impressionati dalla grinta e dalla forza fisica dei tre giovanotti, tornati a casa presero immediatamente informazioni sul loro conto. Poichè avevano molte conoscenze, non fu difficile conoscere i fatti salienti della loro vita.
Bert aveva visto il padre morire suicida in seguito ad una truffa perpetrata dal suo miglior amico, che fuggì coi soldi lasciandolo sul lastrico. Non fu mai ritrovato.

Jeff perse la sorellina di soli sette anni. Una pallottola vagante la colpì in fronte mentre varcava il cancello per entrare a scuola. Non erano rare le sparatorie in quell’ambiente malfamato. Il dolore sconvolse tutta la famiglia, niente fu più come prima. Non fu mai trovato il colpevole.

Per Chuck fu diverso: La madre fu investita da un automobilista ubriaco, l’uomo fu arrestato e condannato…ai domiciliari. Ricoverata d’urgenza, la madre di Chuck morì dopo dieci giorni di agonia.
A quell’epoca era solo un ragazzino cosa poteva fare? Soffrì enormemente per la mancanza della mamma ma, soprattutto, nel vedere il suo assassino girare liberamente per la strada dopo una breve condanna.

David e Samuel, dopo aver letto con interesse le loro storie, decisero di contattarli. Tornarono una sera in quel locale, Samuel prese posto a un tavolino, David si  avvicinò ai tre giovani dicendo:
«Buonasera, io e mio fratello seduto laggiù desidereremmo parlare con voi tre.
I buttafuori si guardarono in faccia un po’ perplessi:
«Ehi amico, cosa avete in mente voi due? Se siete depravati in cerca di emozioni forti avete sbagliato soggetto».
«Non dite sciocchezze per favore! Si tratta di qualcosa di molto importante e molto ben pagata. Se non siete interessati cercheremo altrove».
I tre, incuriositi, accettarono e lo seguirono al tavolo:
«Non possiamo stare molto – disse Chuck – noi stiamo lavorando».
«Certo certo, ce ne rendiamo conto, facciamo così, questo è il nostro biglietto da visita, chiamateci quando sarete disponibili per un appuntamento».
Due giorni dopo i tre buttafuori erano seduti nell’ufficio di David e Samuel Baer, ascoltavano le loro parole con la massima attenzione:
«Signori – disse Samuel – vi abbiamo contattati dopo aver preso alcune informazioni, sappiamo che ognuno di voi ha subito gravi ingiustizie in passato, questa è una cosa che ci accomuna, purtroppo».
«Avete preso informazioni? – Jeff lo interruppe – Ma chi siete? Agenti segreti? Poliziotti? Si può sapere cosa volete da noi?»
«Calma per favore, ci sto arrivando – replicò Samuel – non siamo nulla di tutto ciò, siamo solo cittadini come voi stanchi di vedere assassini, ladri e spie circolare liberamente per le strade, mentre le loro vittime soffrono per tutta la vita a causa loro. La giustizia è troppo blanda, troppi cavilli, troppi patteggiamenti, spesso i colpevoli non vengono mai trovati. Noi vogliamo dire basta! Siete d’accordo? »
Bert, Jeff e Chuck si guardarono in faccia perplessi, rispose Jeff per tutti:
«Certo che siamo d’accordo ma …non capiamo dove volete arrivare».
«Ve lo dirò – rispose Samuel – ricordate però che non dovrete parlarne mai con nessuno. David ed io siamo ebrei, abbiamo perso i genitori a causa del tradimento di un amico di famiglia. Ha fatto la spia ai tedeschi.
Quando i due fratelli finirono di raccontare la loro storia, videro affiorare negli occhi dei tre buttafuori, la rabbia e la voglia di vendetta. Ognuno di loro stava rivivendo il dolore del passato, non si stupirono delle parole che Samuel pronunciò subito dopo:
«Abbiamo deciso di dare una mano alla giustizia! Dove lei non arriva arriveremo noi. L’unica differenza è che noi non faremo processi né patteggiamenti… eseguiremo le sentenze! Chi uccide sarà ucciso; occhio per occhio dente per dente! Allora, che mi dite, ci state?»
Jeff, non ebbe esitazioni:
«Io ci sto!»
Bert e Chuck indugiavano.
«Non siete obbligati naturalmente – intervenne  David – ma se rinunciate dovete giurare di non dire mai a nessuno ciò che avete sentito qui».
«Vede signore, se venissimo scoperti…»
«Certo, il rischio c’è, non lo nego, per questo noi prenderemo alcune precauzioni, che ci renderanno invisibili alla polizia. Allora, cosa decidete?»
I due giovani si guardarono in faccia alcuni istanti poi risposero:
«D’accordo, accettiamo».
«Molto bene! – esclamò Samuel soddisfatto – Ora vi detterò le regole fondamentali per la nostra sicurezza.

Regola 1: non useremo mai i nostri nomi. Per voi noi saremo semplicemente “Capo”. Per voi tre abbiamo scelto nomi di animali nobilissimi: tu Bert, sarai “Falco”, tu Jeff, ti chiamerai “Condor”. Come loro, aguzzerete la vista e artiglierete i colpevoli senza pietà. Tu Chuck sarai “Lupo”, stupendo animale, sempre all’erta e implacabile col nemico. Che ne dite, vi piacciono i vostri “nomi di battaglia?”»
I tre annuirono, dai loro occhi traspariva la voglia di saperne di più.
«Bene, proseguiamo».

Regola 2: non ci faremo mai vedere insieme.

Regola 3: leggete questo indirizzo – David mostrò loro un biglietto scritto a mano – imparatelo a memoria e non dimenticatelo mai: sarà il nostro unico punto di ritrovo per aggiornarci.

Regola 4: i nostri incontri avverranno solo di notte, non ci telefonate, penseremo noi a contattarvi con un sms. La parola d’ordine sarà “FESTA”. Cancellerete subito il messaggio e vi presenterete all’indirizzo che vi ho dato poco fa, dopo la mezzanotte. Se dovete comunicarci qualcosa di estremamente urgente mettete un biglietto nella nostra cassetta delle lettere con scritta la parola d’ordine che vi ho detto prima, noi capiremo e vi invieremo il messaggio.

Regola 5: questa è la più importante in assoluto, quindi ascoltatemi bene, noi non siamo assassini, eseguiremo le sentenze solo nei casi di grave ingiustizia, è molto importante non farsi prendere la mano, ricordatelo sempre! I colpevoli verranno puniti solo ed esclusivamente dopo averlo deciso tutti insieme. Nessuna iniziativa personale. Chiaro?
Bert rispose per tutti:
«Sì signore».«Capo, chiamami Capo, capito…Falco? Cominciamo ad abituarci ai nostri nuovi nomi, d’accordo ragazzi?»
«Certo, mi scusi Capo».
Anche Jeff-Condor e Chuck-Lupo risposero affermativamente.
Fu l’inizio di una solida collaborazione…

fine seconda parte