(Ispirato al racconto di Patrizia Benetti “Mi sveglio in un’epoca che non è la mia” e “Ibernato” di Graziella Dimilito).

La dottoressa Falconieri stava fissando il grande schermo che si trovava davanti a lei con gli occhi sbarrati.
«Dio mio!» «Che orrore!» «Che guaio ho combinato!»
Cercò invano di liberarsi dalle fascette di plastica che le immobilizzavano le braccia legate dietro alla schiena con il risultato che le si conficcarono più profondamente nei polsi facendola gemere di dolore.
Guardò il display sopra lo schermo e rabbrividì.
Da dopo che lavorava in quel lavoratorio segreto e si occupava di studi sulla sopravvivenza dell’uomo con la tecnica dell’ibernazione umana, la sua vita era diventata un’ossessionante incubo.
Era in competizione con colleghi maschi che la guardavano spesso con invidia.
Era stata la stanchezza a farle commettere l’errore.
Erano giorni che non dormiva e che si nutriva solo di frutta.
Dopo l’ennesimo dissenso con gli assistenti della sua squadra, li aveva cacciati e si era chiusa nell’enorme laboratorio, togliendo ogni comunicazione con il mondo esterno.
«Quando lo scoprirà il Capo Ricerche, addio carriera», mormorò facendo dondolare la sedia sulla quale era stata immobilizzata da quei fottuti robot che si erano animati all’improvviso.
L’incubo era iniziato dieci ore prima.
Aveva inavvertitamente attivato il pulsante e fatto partire la procedura di scongelamento di due cavie umane e avviato la procedura di esportazione organi.
I robot normalmente utilizzati sulle cavie di babbuino, si erano improvvisamente animati, l’avevano immobilizzata e avevano fatto il resto.
Una domanda la fece preoccupare:
«Perché non rispondevano al comando vocale di “annullare la procedura” per cui sono stati programmati?»
«Forse qualcuno aveva manomesso i complessi e sofisticati congegni con cui erano stati costruiti?»
«Forse, per sabotare i risultati della mia ricerca che stavo per pubblicare, immagino, bastardi invidiosi», proseguì rovesciando finalmente la sedia e cadendo malamente sul pavimento lucido e freddo.
Le balenò un pensiero ancora più inquietante:
«E se si trattasse una rivolta delle macchine sull’uomo?»
Con questo angosciante pensiero, rotolò contro la parete e riuscì a premere il pulsante di allarme e a disattivare la chiusura ermetica delle porte di accesso al laboratorio.
La sirena dell’allarme si mise ad ululare mentre le porte scorrevoli si aprirono lasciando libero accesso a due tecnici in camice bianco che entrarono concitati e rimasero a fissare con orrore il grande schermo che mostrava l’interno della sala degli esperimenti …