Il cielo è limpido e l’aria dolce accarezza i nostri visi.
In un’altra occasione sarei stata felice di quest’inattesa mattinata di novembre, invece un mio singhiozzo lacera all’improvviso il silenzio del piccolo cimitero.
Dopo settimane passate a simulare calma e tranquillità, il dolore e la rabbia sono saltati fuori dal mio cuore, si sono arrampicati su, nella mia gola e sono straripati dalla mia bocca e dai miei occhi.
No, non puoi esserci tu nella piccola scatola che Pia tiene tra le mani.
Tu sei il sole, le stelle, la luna, l’universo intero per Pia e il tuo bambino.
Sei l’aria che respirano e l’aria non può essere imprigionata in una scatola e chiusa in un sepolcro.
Possibile che non rivedrò più l’azzurro malinconico dei tuoi occhi se non guardando quelli di tuo figlio?
Tuo figlio che ora, aggrappato alla gonna di sua madre, si sta chiedendo perché…
Me lo chiedo anch’io, Paolo! Perché, perché, perché?
Sono giorni che me lo chiedo e so che non troverò mai una risposta razionale che mi faccia rassegnare alla tua morte.
La rabbia cresce sempre di più perché tu, creatura speciale, non puoi non aver sentito il nostro amore arrivare fino a te.
La tua donna innamorata come il primo giorno, il tuo splendido bambino, i tuoi alunni. Li hai visti i tuoi alunni? Sono arrivati tutti, come in processione, a casa tua, per giorni e giorni.
Si nutrivano di te, della tua anima ed ora che sfamerà le loro emozioni?
E mio figlio? Hai visto i grandi occhi scuri di mio figlio che adoravi, mentre mi guardano cercando risposte sincere e trovano invece solo bugie?
E io? Lo senti il dolore sordo che hai lasciato dentro di me?
Il rimorso di non aver percepito che stava arrivando la fine della tua vita, mentre il giorno prima della tua scomparsa mi parlavi della tua finta malattia e del bene che volevi a Pia e a Lorenzo.
Perché non ho capito?
Era questo che volevi? Che la mia anima fosse dilaniata dal rimorso di non aver compreso che non stati più bene su questa terra?
No, non credo che volessi questo, mio leggero e fragile amico, ma sono comunque furibonda, perché hai scelto la soluzione più facile per te, senza pensare alla disperazione di chi hai lasciato qui.
Lo so che per quelli come te, come me, è difficile stare su questa terra, ma possibile che quel venerdì mattina, prima di ingerire tutte quelle pillole e accendere la macchina, non ti sia venuta in mente la sofferenza che avresti provocato in quei due esseri che ti amavano infinitamente, che le ferite di Lorenzo non si sarebbero mai più rimarginate?
Te ne sei andato tra gli olivi, in mezzo a quella natura che adoravi.
Ora che l’anima si è distaccata dal corpo, ci puoi passeggiare tranquillamente in mezzo, la tua allergia non ti perseguiterà più.
Avevi premeditato tutto, lasciando anche scritto come e dove essere seppellito.
Hai scelto di nuovo la campagna, questa dolce e quieta campagna sabina, lieve come te.
E mentre sono qui, in questo piccolo cimitero immerso nel verde, risento la tua voce, delicata e fresca come il mormorio di un ruscello.
Non so se la mia rabbia per averti perso così prima o poi si placherà e so che il tuo mal di vivere, a volte ha colpito anche me.
So quanto è pericoloso, ma l’amore che leggo negli occhi di chi mi sta vicino e la disperazione di Pia e Lorenzo mi fanno sentire più forte di te.
Il guardiano chiude il cancello dietro di noi e mentre stringo a me Pia tremante, ti vedo proprio dietro quel cancello, abbozzare un sorriso e sparire tra gli alberi.