La stanza è tetra, non un filo di luce filtra dalle piccole finestre  situate in alto e schermate da una pesante coltre nera, il mobilio è essenziale, sobrio.  La cucina e il piccolo tavolo occupano una parete. Il letto è un pagliericcio buttato per terra in un angolo lontano dalla vista, ricoperto da lenzuola sporche e rattoppate. L’unico  segno di calore in quell’ambiente è una stufa a legna accesa tanto tempo prima.

La sedia è posta in mezzo al locale e la ragazza è seduta lì, vive da sola da anni.

Non ha passato, solo immagini fuggevoli, vive  il suo presente chiedendosi cosa ci sta a fare in quel luogo e in quel tempo, ma sa, senza che nessuno glielo abbia mai detto, che deve aspettare, bisogna aver pazienza , solo aspettando saprà ciò che deve fare.

I vestiti scuri la fanno sembrare emaciata, in testa un foulard  copre la sua chioma d’oro, la pelle è bianchissima e i tratti del volto delicati, gli occhi grandi e spenti, un piccolo nasino e labbra carnose  senza espressione completano un viso rinascimentale. È bellissima, ma le manca qualcosa, è un piccolo capolavoro senz’ anima, non c’è neanche l’accenno ad una piccola scintilla di vita in lei.

Poi finalmente il suo momento arriva: Lei è là, una maschera nera le nasconde il volto.

“Brava, sei stata ad aspettare, come ti era stato chiesto, ora il tuo tempo è scaduto!”

La ragazza abbassa la testa con un sorriso. La falce si abbatte sulla sua nuca e le mozza il capo che rotola per terra. Due grosse lacrime le rigano il volto.

– Che stupida non ha capito qual era il suo vero compito e così ho dovuto finirla.