La Casa Editrice Monkey Mouse di Hillary Agos lo aveva già sollecitato.
“Mister Bentley, è pronto il suo romanzo? Siamo in ritardo!”
“Ehm… sì è pronto, ancora pochi giorni e ve lo consegno”.

Bentley chiuse la comunicazione e riprese il filo dei suoi pensieri: era la prima volta che pubblicava un libro con loro, la titolare gli era parsa un po’ strana, era fissata con gli animali:
“Sa, Mister Bentley, fino a poco tempo fa, il nostro logo era Writer Monkey, adoro quelle bestiole, un cliente però mi ha detto che non gli piaceva ritenersi una scimmia scrivente, quindi ho pensato di accostare alla scimmietta un’ altra bestiola adorabile… ed ecco il perchè di Monkey Mouse”.
“Capisco – disse Bentley perplesso – è un nome… carino, sì, carino”.

Il cinguettio dei suoi canarini, nella voliera in giardino lo riscosse; non era il solito cinguettio, sembravano spaventati. Improvvisamente… silenzio assoluto. Uscì in giardino a controllare, un grido di stupore e raccapriccio gli uscì dalla gola: tutti i canarini giacevano morti sul fondo della voliera, le alucce spennate, i corpicini macchiati di sangue. Esterrefatto, Bentley si guardava intorno, cercando di capire cosa fosse successo, quando la vide… Gli voltava le spalle ma era inconfondibile, una scimmietta, sembrava intenta a mangiare qualcosa, lui battè le mani per attirare la sua attenzione, funzionò; la scimmia si girò e per poco Bentley non svenne: tra le zampe stringeva i resti di un canarino e il muso era… era… ma cos’era? Lungo, appuntito, con dei baffi vibranti, sporco di sangue! Il muso di un topo!
“Oh mio Dio! Questo è un incubo, ma che sta succedendo? Aiuto!”
Cadde a terra rovinosamente e si svegliò tutto sudato, stravolto. Si precipitò in giardino e finalmente sorrise, pensando fra sè: – che stupido, era solo un brutto sogno. I suoi amati canarini cinguettavano felici nella voliera, vivi e vegeti. Allora seppe cosa fare: andò alla Casa Edirice Monkey Mouse e disse alla sbalordita Hillary Agos:
” Disdico il contratto”
“Pagherà una grossa penale!”
“Lo so, non m’importa”.
“Lei è pazzo, lo sa?”
“Lo so”.

Uscì di corsa e si diresse verso la Casa Editrice che aveva sempre desiderato, chissà, forse gli avrebbero dato una chance. Entrò nell’atrio della “Publishing Canary House”.
“Buongiorno – disse alla receptionist – vorrei parlare con Mister Angel Blacksmiths, grazie”.