«Tu cosa sei?»
«Io sono …» l’alieno ebbe un attimo di pausa, il tempo che il traduttore trovasse le parole giuste «io sono io» rispose infine.
Il bambino non sembrò convinto.
«Anche io sono io, ma mi chiamo Jeff» protestò.
L’alieno soppesò l’informazione e la trasmise alla nave che lo attendeva ai margini del sistema solare. Subito arrivò la risposta via entanglement.
«Noi non abbiamo nomi personali, ma se vuoi puoi chiamarmi Ella».
«Che nome strano! Sei una femmina?».
Ancora lo straniero dovette chiedere maggiori informazioni, ma la risposta non gli fu d’aiuto. Doveva usare un’affermazione o una negazione.
«Sì» disse, e subito dopo, per troncare la serie di domande che lo mettevano in difficoltà chiese:
«E tu cosa sei?».
«Io sono un bambino» rispose spavaldo Jeff.
Bambino’ lo informò l’enciclopedia portatile: ‘essere umano non ancora completamente sviluppato’. E poi: ‘Pericoloso’.
L’alieno fece istintivamente un passo indietro.
«Cosa fai adesso, te ne vai?»
«No. Io resto qui».
Jeff sembrò soddisfatto della risposta.
«Anche io» disse «ma poi devo tornare a casa. La mamma non vuole che parli con gli sconosciuti».
Guardò con attenzione l’alta figura di fronte a lui.
«Anche se tu non mi sembri un uomo… La mamma mi dice sempre di non parlare con gli uomini».
Ella non rispose, il sistema di interfaccia era andato completamente in confusione e doveva attendere che si ressetasse. Per rompere il silenzio indicò l’involto che il bambino teneva in mano: era un’arma?
Jeff seguì il suo sguardo e disse:
«E’ la mia colazione».
Il sistema tornò in suo aiuto.
’Colazione’: cibo. Gli abitanti di questo pianeta assumono energia dalla combustione endotermica di particolari sostanze. Questa assunzione genera piacere.
«Ti piace?» chiese.
«Oh sì! Dentro il pane c’è la cioccolata e la marmellata. Ne vuoi?» e aperto l’involto spezzò a metà il pane e lo porse all’alieno.
Questi allungò un’appendice e lo esaminò con cautela. Subito il sistema di analisi diede il suo responso: ‘Alimento umano. Non tossico. E’ possibile metabolizzarlo’.
Rassicurato, lo prese e imitando il gesto del bambino se lo portò all’orifizio anteriore che poteva sembrare una bocca, dove sparì in un attimo.
Jeff smise di mangiare, stupito.
«Certo che devi avere proprio fame!» esclamò «tieni, ti do anche la mia parte!».
Proprio in quel momento il sistema empatico della nave riacquistò tutta la sua efficienza, ed Ella fu investito dal flusso delle emozioni del bambino.

«Sistemi completamente efficienti» disse la nave «adesso abbiamo il controllo totale. Hai avuto problemi con il terrestre che hai dovuto incontrare?».
«No… tutto regolare».
«Allora possiamo procedere alla colonizzazione?».
Nella mente di Ella apparvero le immagini della grande nave che si materializzava nel cielo della Terra e della miriade di automi che ne scendeva per prenderne possesso.
«No» disse «il progetto di colonizzazione deve essere sospeso».
«Ricevuto» disse la nave «perché?».
«E’ il terrestre che ho incontrato» rispose l’alieno «mi ha completamente sopraffatto».
«Ha usato un’arma telepatica? Una qualche sorgente di energia non identificata?».
«Non lo so, non ho avuto il tempo di leggere bene nel suo pensiero».

Tutta la conversazione era durata il tempo di un battito di ciglia.
«Adesso devo andare via» disse Ella, cercando di imitare quello che avrebbe dovuto sembrare un sorriso.
«Ciao» disse il bambino, un po’ deluso «ritorni domani?».
«No, non credo».
«Peccato, eri simpatico».
E come fanno spesso i bambini, si girò in un attimo e corse giù dalla collina, verso casa.
L’alieno lo vide sgambettare sul prato e si scoprì a percepire una piacevole ondata di calore in tutto il corpo. Si mise ancora in contatto con la nave.
«Credo… credo che questa sensazione si chiami ‘amicizia’: finché ci sono terrestri capaci di queste emozioni non possiamo invadere il pianeta».
«Ricevuto. Inviamo il raggio per farti tornare».