Sabato mattina,
passi nudi
su un corridoio
ancora scuro
e labbra arse dalla notte
che bramano ristoro
in nuove gocce.
Tira la pelle della faccia
su occhi incastrati
che faticano a destarsi.
Cercano validi motivi,
e passo passo,
rigettano possibilità.
A metà del corridoio
il primo indizio:
“qualcosa che sia semplice,
e per me, che sia per me.”
La marcia, lenta,
non subisce mutazioni,
ma la luce, in fondo,
si rivela amabile e intensa.
È la cucina, che attende,
con acqua corrente
e una finestra sul cielo.
Alla fine del corridoio,
il mio oracolo.
Apro le imposte
su un miracolo, che oggi
é rosa, immobile,
screziato di luce buona.
Respiro rugiada
e ci aggiungo un caffè.