C’era una volta un bosco magico con tanti alberi ricchi di foglie verdi che danzavano leggere, mosse da un venticello loro amico, che si divertiva a vederle ondeggiare. Ogni tronco d’albero aveva una porticina a forma di cuore che si apriva quando gli scoiattoli portavano le loro provviste; all’interno c’era anche una stanzetta con un comodo cuscino dorato per riposare di notte. La fata Mandolina ogni sera si assicurava che tutti gli scoiattoli fossero rientrati a casa e suonava loro una dolce ninna nanna, poi salutava gli alberi:
“Lunga vita a voi dolci alberi, a domani”. Loro le rispondevano con un inchino.
Grossi funghi sparsi ovunque ospitavano famiglie di gnomi, i quali per riconoscenza li abbellivano con fiori colorati che piantavano tutt’intorno. Grazie ai grandi cappelli dei funghi, gli gnomi si riparavano dalle piogge. Quando c’era bel tempo si divertivano a correre per il bosco e fare dispetti a tutti. La Fata Amorosa, quando scendeva la sera, li radunava e li riportava sotto i funghi. Un giorno un bambino di nome Marco, sfuggito all’attenzione della mamma, si addentrò nel bosco; con gli occhi spalancati e la bocca aperta guardava gli alberi maestosi, i fiori coloratissimi, uccellini che cinguettavano felici saltando da un ramo all’altro; vide anche molti scoiattoli aprire le porticine degli alberi e deporvi le nocciole. “Ohhhhhh! – esclamava – che bellooo!”
Si bloccò di colpo… Aveva sentito come un lamento venire da un cespuglio di more; si avvicinò scostò alcune foglie e… Un uccellino era rimasto intrappolato,  le sue piumette gialle si erano impigliate tra i rovi. Subito Marco, con delicatezza lo liberò e lo tenne fra le mani per rincuorarlo. “Poverino, come mai sei nel bosco? Dovresti essere nel nido con la tua mamma, ti sei perso? Come ti chiami?”
“Pio pio”.
“Che bel nome, io sono Marco, vediamo se c’è qualcuno qui intorno”.
Fatti pochi passi vide una casetta meravigliosa, dai colori pastello, il tetto a forma di ali di gabbiano, la porta e le finestre rosse a forma di cuore. La Fata Laria lo vide e uscì andandogli incontro; indossava un vaporoso abito di chiffon rosa e in testa aveva una coroncina di violette: “Ciao bambino, chi sei?”.  Incantato dalla sua bellezza Marco balbettò:
“Bu… buongiorno signora, sono M…Marco ho tro…ho trovato questo uccellino in mezzo ai cespugli”.
“Fammi vedere, oh! Ma questo è un pulcino, come mai si trova nel bosco? La sua mamma sarà in pensiero”.
“Si chiama Pio”.  La fata sorrise teneramente a Marco: “Davvero? Adesso ci penso io al pulcino Pio. Io sono Laria la Fata degli animaletti abbandonati. Bravo bambino, sei stato molto buono e premuroso”.
Marco però era agitato, si era fatto tardi, nel bosco il buio arriva presto.
Disse con voce lamentosa: “Devo tornare a casa, ho paura, è quasi buio”.
La fata gli fece una carezza e con voce vellutata chiamò: “Lumina! Vanessa!”
Immediatamente una lucciola e una farfalla si presentarono: “Cosa possiamo fare per te cara Laria?” “Bisogna riportare questo pulcino nel pollaio da mamma chioccia e anche riportare a casa il piccolo dolce Marco”.
“Certamente, sarà fatto!”
“Ecco fatto Marco, tesoro, sarai a casa in pochi minuti”.
“Grazie Fatina, posso venire ancora a trovarti?”
“Ma certo, la prossima volta ti farò assaggiare i miei dolci di pan di zucchero”.
Vanessa chiamò a raccolta le sue sorelle farfalle, Lumina accese la piccola luce della sua coda e subito si unirono a lei decine di lucciole.
Il pulcino Pio fu accomodato sul dorso di Vanessa, le sue sorelle, accorse a centinaia, sollevarono delicatamente Marco, tutte le lucciole si misero davanti a loro con le minuscole lanterne accese illuminando il bosco e i suoi sentieri. A un cenno della Fata Laria partirono velocemente per portare a termine il loro compito.

Quando Marco rientrò a casa, trovò la mamma preoccupata, ma la tranquillizzò raccontandole ciò che era successo: il bosco, le fate, il pulcino ecc. ecc.
Ovviamente la mamma non credette una parola, ma sorrise e pensò fra sè:
– Che fantasia, beata innocenza!.