Caro diario.
Ennesimo tampone positivo per Alberto, ed è risalita la febbre.
Come sai, è un mese ormai che andiamo avanti così, ma fortunatamente non ha problemi ai polmoni.
Sembra un passerotto caduto da un albero, tremante e spaurito.
Oggi si è pesato: ha perso tre chili.
Quelli che ho preso io.
Io e Luigino invece, povero scricciolo di mamma, stiamo bene e lui, per gran parte della giornata, se ne sta in camera sua a giocare.
Cerco di non fargli avere contatti col padre tenendolo lontano dalla nostra camera da letto, e anche io mi limito al necessario, dotata di mascherina e disinfettante.
Non è un cattivo paziente, anche se si lamenta molto, come tutti gli uomini d’altronde appena stanno male, ma lo curo con amore perchè capisco come si sente.
Anche di morale.
Ormai viviamo come separati in casa, e la notte dormo sul divano.
Ogni tanto Luigino viene da me a chiedere se può andare da Marcello, il suo amico del cuore, ed io sono costretta ogni volta a negarglielo: «Fin quando papà non starà bene, dobbiamo restare tutti in casa.»
Credo che inizi a dare segni di squilibrio mentale, ma riesco ancora a tenerlo a bada.
È venuto zio Pino a portare la spesa.
L’ha lasciata davanti la porta.
«Come state?» ha chiesto dall’altra parte della porta chiusa.
«Sempre uguale, zio» ho risposto malinconicamente.
Poi mi ha salutato e appena ho sentito il portone di sotto chiudersi, ho aperto e ho preso la busta.
Non vuole mai soldi, anche se io ho provato a insistere: conosce la nostra situazione economica e ci sta dando una mano.
La ditta di trasporti turistici è ancora ferma, e Alberto non riesce ancora a trovare altro.
Io cerco di darmi da fare per un’occupazione qualsiasi, oggi ho chiesto a una mia amica che lavora in una ditta di pulizie, ma non hanno bisogno.
Se continua così i nostri risparmi finiranno.
Ma non voglio arrendermi.
Fra ieri e oggi ho messo casa a soqquadro: credo che neanche un reparto di un ospedale potrebbe essere più pulito e asettico.
Se è una guerra questa, io ho deciso di combatterla.
Mi sento un po’ come una partigiana, baluardo a difesa della sua famiglia contro un nemico invisibile.
Stai mettendo a dura prova la mia resistenza, verme schifoso di un virus, e anche se avrò momenti di debolezza e mi vedrai stanca, io non cedo di un passo.
Mi stanno chiamando.
«Elena!…Mamma!…Elena!…Mamma!…»
Miei cari io non sono più Elena.
Il mio nome da combattente adesso è Gianna!