Quinta parte
Ora il trio era completo e tutti erano felici: Franca era riuscita nel grande desiderio di avere la famiglia perfetta, Vittorio di aver appa-gato Franca, Marisa di avere un nuovo bambolotto, Ninetto di aver trovato una sostituta e Marilda di prendersi tante coccole.
La famiglia Albertoni, dopo la guerra, si era trasferita a Genova la-sciando in usufrutto a Franca la casa nella quale abitava con Vittorio e i bambini. Però lei non approfittò di quella occasione e, pensando di fare la cosa giusta, accettò l’offerta dei parenti di Vittorio di tra-sferirsi nel centro del paese, in una meravigliosa casa sul mare.
Aveva fatto quella scelta soprattutto per il bene dei bambini che avrebbero potuto frequentare le scuole senza camminare chilometri per raggiungerle.
Gli svantaggi di quella scelta erano due: un alto affitto da pagare e una suocera da accudire.
Vittorio guadagnava poco, Franca si dava un gran daffare per aiutar-lo: andava a far le pulizie nelle case, faceva la cameriera in un bar, organizzava pranzi e comunioni. I guadagni più consistenti, però, provenivano dal subaffitto delle camere ai “bagnanti”, soprattutto milanesi, che venivano al mare in vacanza.
La casa dei Nicolini era molto grande e, cosa eccezionale, aveva due bagni.
Sistemata la nonna in una camera tutta sua, il resto della famiglia dormiva accampata nei posti più strani: la cantina, un magazzino, una ex stalla che era munita ancora di mangiatoia.
A parte Marisa che era più grande e aveva bisogno dei suoi spazi, Nino e Marilda erano felici di tutta quella gente che girava per casa, di quei posti anomali per dormire.
Franca cercava di abbellire tutto con tende, paraventi, piante e gli ospiti erano tutti contenti. Facevano a gara per prendere in affitto camere da lei, che cominciò ad affittare anche in inverno: nacquero nuove conoscenze, amicizie, sembrava di appartenere a una famiglia
allargata che, ogni tanto, cambiava i membri.
La camera più bella, per circa un anno, fu affittata a un importante Senatore del Partito Comunista che aveva bisogno di aria di mare.
Franca, che era molto religiosa, chiese il permesso al suo Direttore Spirituale, Padre Leonardo.
Naturalmente il permesso fu concesso e lei si rese conto, dopo averlo conosciuto meglio, di avere in casa un grand’uomo.
Il quartiere dove si trovava quella bellissima casa era chiamato “dai Frati” per via di una Chiesa con tanto di Convento dove abitavano cinque frati e un laico. Quella era l’anima del quartiere, lì crebbero tutti i ragazzini della zona.
Le feste, le novene e le Messe scandivano il passare delle stagioni e degli anni.
Franca naturalmente si inserì subito in quel mondo, si occupava di pulire la Chiesa, andava a Messa tutte le mattine, sfidando buio, ven-to, pioggia; ma nelle belle stagioni era un Paradiso.
Il suo punto di riferimento era Padre Leonardo e a lui confidava le sue angosce, i suoi dubbi, le sue paure. Quelle erano sempre le solite: non arrivare alla fine del mese, non riuscire a far diplomare i figli, sopportare la suocera.
Lui la rassicurava sempre, le regalava mazzi di erbe aromatiche che coltivava nel cortile del convento lei lo ripagava accompagnandolo dai malati che avevano bisogno di iniezioni, cosa che sapeva fare be-nissimo e per la quale era molto richiesta.
In quel quartiere praticamente viveva una comunità di famiglie che andavano d’accordo e si volevano bene.
I bambini erano tanti e di tutte le età, per giocare avevano a disposi-zione mare, spiaggia, scogli e la strada in salita che era l’ideale per le corse in bici e su carriole che loro stessi costruivano.
Quando pioveva si rifugiavano nei portoni, grandi e umidi, a giocare alle carte o a monopoli.
Crescevano liberi e felici: l’unica imposizione da parte dei genitori era quella di rimanere in quel tratto di strada visibile dalle finestre
delle case dove abitavano e da dove si affacciavano le mamme per controllarli. Se scoppiava qualche lite tra ragazzi, i genitori non in-tervenivano, dovevano cavarsela da soli.
Anche le mamme avevano i loro momenti di relax che trascorrevano sedute sui muretti davanti a casa a chiacchierare, cucire, lavorare ai ferri. Franca era felice in quel periodo, aveva tutto quello che aveva sempre desiderato: tre figli, Vittorio e una Chiesa di cui occuparsi.
Il lavoro non la spaventava, era piena di energia e di idee.
Spesso, portandosi dietro la figlia più piccola, prendeva il treno e an-dava a Genova a trovare gli Albertoni ai quali era sempre legata.
Tutti l’accoglievano con gioia e lei raccontava la sua nuova vita sti-rando pile di camicie o cucendo perché senza far niente non sapeva stare e voleva dare una mano.
A Bonassola andava, con tutta la famiglia, una volta all’anno per la festa del paese: si festeggiava la Madonna del Soccorso che veniva portata in processione fin sulla spiaggia a salutare il mare.
Era un tripudio di canti, preghiere, mortaretti.
Per Franca era l’occasione di rivedere zii, cugini e vecchi amici.
La mamma Nina era sempre lontana ma, ormai abbastanza vecchia, sentì la voglia di rivedere la figlia e conoscere i nipoti.
Accompagnata nel lungo viaggio in treno da una giovane coppia in viaggio di nozze, un giorno bellissimo arrivò a Sestri Levante.
Fu un incontro commovente tra madre e figlia, dimenticati i dissapo-ri, le incomprensioni, il legame di sangue prese il sopravvento e le due donne recuperarono il tempo perduto e l’affetto sopito.
Anche i bambini erano contenti perché questa nonna, a differenza dell’altra, era simpatica, allegra, li rimpinzava di manicaretti, giocava con loro.
A Bonassola andava, con tutta la famiglia, una volta all’anno per la festa del paese: si festeggiava la Madonna del Soccorso che veniva portata in processione fin sulla spiaggia a salutare il mare.
Era un tripudio di canti, preghiere, mortaretti.
Per Franca era l’occasione di rivedere zii, cugini e vecchi amici.
La mamma Nina era sempre lontana ma, ormai abbastanza vecchia, sentì la voglia di rivedere la figlia e conoscere i nipoti.
Accompagnata nel lungo viaggio in treno da una giovane coppia in viaggio di nozze, un giorno bellissimo arrivò a Sestri Levante.
Fu un incontro commovente tra madre e figlia, dimenticati i dissapo-ri, le incomprensioni, il legame di sangue prese il sopravvento e le due donne recuperarono il tempo perduto e l’affetto sopito.
Anche i bambini erano contenti perché questa nonna, a differenza dell’altra, era simpatica, allegra, li rimpinzava di manicaretti, giocava con loro.
Purtroppo rimase pochi mesi,ma erano stati sufficienti per togliere una spina nel cuore a Franca e regalare una nonna come si deve ai piccoli Nicolini.
Non era mai monotona la vita di Franca, succedeva sempre qualcosa che, indipendentemente dalla sua volontà, la costringeva ad abban-donare i luoghi ai quali si affezionava.
Questa volta una gran parte del quartiere venne invasa da ricchi mi-lanesi che, giunti dalle nebbie, comprarono le case in affitto per cifre irrisorie per loro ma irraggiungibili per i Sestresi.
Una grande tristezza scese tra i Nicolini ma dovettero lasciare quel luogo magico dove erano stati felici.
Travarono una casa dignitosa sul Carruggio, strada di negozi che univa la parte antica di Sestri e la nuova: divideva inoltre le due baie.
La nonna fu sistemata con un figlio che, fortunatamente, era andato in pensione in quel periodo e si era trasferito a Sestri
La nuova casa non era tanto male, però se ti affacciavi alla finestra, non vedevi il mare ma la casa di fronte.
Gli anni passavano e Franca ebbe la grande soddisfazione di vedere Marisa diventare maestra a soli 17 anni.
Trovò subito lavoro come supplente, dava ripetizioni ai figli di pe-scatori e così la casa, al pomeriggio, diventava un’aula scolastica.
Era molto felice di poter contribuire anche finanziariamente alla fa-miglia, alleviando le fatiche della mamma e aiutando il papà il cui lavoro non andava troppo bene.
Franca era molto orgogliosa della sua primogenita.
Anche gli altri due figli se la cavavano: avevano “scelto” di frequen-tare Ragioneria perché offriva più opportunità di lavoro.
Ma senza inventarsi qualcosa da fare la famiglia Nicolini non sapeva stare e così, in estate, terminate le scuole, presero in gestione un
campeggio, il primo che era stato aperto a Sestri
Era frequentato quasi esclusivamente da stranieri, gli italiani non erano ancora abituati a questo genere di turismo.
Quel campeggio era stato ricavato da una cava di pietre che erano state utilizzate per costruire delle dighe sul mare.
Intorno bellissime pinete e di fronte, al di là della ferrovia, una bel-lissima spiaggia e la vista della penisola di Sestri.
L’unico inconveniente era il rumore assordante dei treni e le lunghe attese al passaggio a livello
Ma i campeggiatori sono tosti e il campeggio sempre al completo.
Marisa si occupava dell’ufficio, Marilda accompagnava i nuovi clienti ai loro posti, Nino faceva il beach-boy, Vittorio il pendolare tra la stazione e il campeggio. Franca si occupava di uno spaccio e se la cavava benissimo con persone che arrivavano da tutti i paesi euro-pei. Vendeva cibo in scatola, che lei non avrebbe mai mangiato, be-vande varie, ma soprattutto gli avventori impazzivano per quei piatti di spaghetti al pomodoro che lei preparava a pranzo e a cena.
Erano estati faticose perché erano tante le ore di lavoro e non c’erano né pause né feste. Si era compensati dalla conoscenza di persone in-teressanti con le quali spesso si faceva amicizia, si imparavano le lingue perché pochi campeggiatori sapevano l’italiano e allora i Ni-colini se la dovevano cavare con le scarse nozioni scolastiche e il lo-ro ingegno.
A ottobre, all’inizio delle scuole, il campeggio chiudeva e si ripren-deva la vita normale.
Eravamo alla metà degli anni sessanta e Franca finalmente sentiva che il suo sogno si era realizzato: tutti e tre i figli si erano diplomati, avevano trovato lavoro e lei poteva concedersi un po’ di relax dopo una vita passata a cercare di sbarcare il lunario.
Anche Vittorio lasciò il lavoro.
Ormai i trasporti di merci su ferrovia erano stati sostituiti da quelli su strade, si costruivano autostrade, camion sempre più capienti.
Per fortuna lui aveva raggiunto l’età della pensione e così Franca e Vittorio furono in grado di fare qualche viaggetto in quelle città che avevano sempre desiderato visitare: Roma, Venezia, Napoli, Firenze.
Erano felici su quel pullman che li trasportava in queste meravigliose città, facevano amicizie nuove e tornavano a casa con tante cose da raccontare ai figli, tante foto da vedere.
Il luogo che sorprese di più Franca e del quale si innamorò, fu la montagna. Quando per la prima volta si trovò tra le vette imbiancate, i prati verdi e quella miriade di fiori, i laghi e le cascate ringraziò Dio
che le aveva concesso di vedere tutto ciò.
Era elettrizzata da tanta bellezza: lei, donna di mare, aveva trovato il suo luogo del cuore
Si concedevano brevi soggiorni in campagna, in casa di amici: pas-seggiate nei boschi a raccogliere funghi, castagne e in primavera tut-te le erbe per fare i ravioli.
Franca era esperta nella preparazione di questo piatto ligure abba-stanza complicato e ne cucinava in gran quantità per tutti gli amici.
Si avviava verso una vecchiaia che si presentava serena anche se sa-peva che, presto, i figli avrebbero abbandonato il nido e lei e Vittorio
sarebbero rimasti soli.
La prima fu Marisa che si innamorò di un giovane turista fiorentino: si erano conosciuti sulla spiaggia, facevano lunghe chiacchierate e giri in barca finché Franca, che teneva in modo particolare al buon nome delle figlie, non li lasciò più stare da soli.
E così Marilda si ritrovò a fare la sentinella dei due fidanzatini, an-noiandosi a morte e rompendo a loro le scatole. Il loro amore conti-nuò per via epistolare e telefonica: ogni tanto si incontravano a metà strada tra Firenze e Sestri, però mai soli, c’era sempre qualcuno di scorta per Marisa.
Finalmente il fidanzamento divenne ufficiale, con tanto di anello, conoscenza dei futuri con suoceri e Franca poté dar sfogo al suo or-goglio di suocera perché a lei era sempre piaciuto quel bravo ragazzo che aveva sopportato tutti gli ostacoli per amore di Marisa, lavorava in banca e aveva una bella casa dove avrebbero abitato da sposi.
Il matrimonio fu celebrato una bella domenica di Maggio tra la feli-cità di tutti.
L’unica nota negativa era che Marisa sarebbe andata ad abitare a Fi-renze, ma l’importante era la sua vita e la città era molto bella.
Franca e Vittorio andavano spesso a trovare gli sposini, familiarizza-rono con i con suoceri, con quel loro modo strano di parlare, impara-rono ad apprezzare la bellezza di quelle chiese, palazzi e giardini.
Dopo un anno arrivò Tiziana, una bellissima bambina nata in una giornata nella quale Firenze era coperta di neve e tutto era ancora più
magico.
Franca era diventata nonna.
continua…..