Vi avevo anche già parlato dei due bulletti della scuola. Il primo si chiamava Pier Francesco Maria Ferrandi, detto il Ferro perché era uno “spesso” (nel senso di importanza, spessore). Tutto doveva passare da lui, tutto doveva restare sotto il suo controllo, non per buonismo o altruismo, ma perché era proprio cattivo, prevaricante.
Protetto dagli insegnanti perché figlio di genitori benestanti intortati in politica, al Ferro era concesso tutto. Il suo bersaglio preferito era la povera Rinetta; non esitava ad insultarla nei corridoi, persino con scritte irriverenti sui muri. Tante volte l’avevo salvata, o perlomeno ci avevo provato, dalle perfidie del Ferro perché magari ero venuta a conoscenza di ciò che il buzzurro prepotente stava architettando ai danni della mia amica del cuore e, nonostante le probabili ritorsioni nei miei riguardi, non potevo permetterlo.
Sempre in coppia con lui, come il gatto e la volpe, c’era Paolo Pellini detto il Fuoco. Lo chiamavano il Fuoco per due ragioni:
1. era vivacissimo. Dotato di un’intelligenza sopraffina, una spiccata ironia ed una notevole faccia tosta il Pellini se la cavava sempre brillantemente, anche se aveva studiato praticamente un nonnulla. Incantava tutti col suo modo di fare e ne usciva sempre vincitore. Era il prototipo del maschio alfa, nato per primeggiare.
2. Con le donne era un fuoco. Avendo iniziato in tenera età – sembra fosse stato indirizzato alle arti amatorie da un’amica “esperta” di sua mamma – non c’era fanciulla aggraziata che sfuggisse alle sue grinfie e tutte tornavano a casa più che contente e soddisfatte. Esteticamente più che bello era “figo”. Nel senso che non parliamo di quella bellezza scontata dai canoni di perfezione bamboleggiante. Nel senso che, pur avendo lineamenti raffinati, aveva un’aria maschia e seducente da cui non era immune nessun essere femminile, insegnanti comprese.
Di sicuro aveva labbra avide e carnose, troppo belle e quasi inadatte in un uomo, che incantavano chiunque lo stesse a sentire. Quelle labbra, anche se parlava di fisica nucleare o di qualsiasi altro serioso argomento, suscitavano nelle donne pensieri impuri e fantasie sfrenate. Aveva caldi, profondi occhi di colore azzurro intenso, quasi blu, che sapeva perfettamente manovrare quali ulteriori strumenti di seduzione. Quegli occhi, specchio puro dell’anima, avevano una forza particolare, una potenza che incantava; dosava gli sguardi con sapiente maestria, a seconda delle circostanze, e a volte, se ti guardava intensamente, ti lasciava l’impressione di essere l’unica persona viva nell’universo… in quell’istante esistevi solo e soltanto tu, perché lui si stava dedicando a te, in modo esclusivo ed assoluto.
Anche Rinetta non era immune a quegli sguardi; quando cadeva in quell’abisso vedeva il cielo in una stanza e il suo stomaco iniziava una specie di danza le cui vibrazioni si irradiavano irrefrenabili in tutto il corpo. Ma non si faceva illusioni Rinetta. Sapeva perfettamente che l’unica cosa che il Fuoco desiderava era la copia del compito di matematica. Lui, nonostante lei lo aiutasse sempre e comunque, non perdeva occasione per umiliarla e sfotterla, in coppia col suo compare. Solo l’ultimo giorno di scuola del quinto anno di liceo Rinetta trovò nel libro di matematica un biglietto in cui il Paolo Pellini la chiamava per nome (e non Sederina) e si scusava per il suo comportamento idiota. Rinetta mi disse che avrebbe conservato quel biglietto per tutta la vita.
Paolo era sempre in coppia con il Ferro. Anche se in realtà, almeno a volte, non sembravano così ben assortiti; sembrava quasi che il Pellini si vergognasse della cattiveria e dell’idiozia del suo amico. Egli non proveniva da una famiglia ricca. Nato da una relazione extra-coniugale con un uomo sposato che se n’era lavato le mani come Ponzio Pilato e se l’era data a gambe, era cresciuto con una madre single che si arrabattava come poteva per sbarcare il lunario, per cui si vociferava che l’amicizia tra lui e il Ferro fosse basata più su canoni di opportunismo che sulla sintonia di due menti affini. Lo dimostra il fatto che in età adulta i due non si sono quasi più rivisti. Attualmente il Ferro lavora nello studio legale di suo padre senza avere la più pallida idea di cosa ci stia a fare lì, tant’è che non gli viene affidata neanche la causa per la custodia di un canarino; il Fuoco (grazie ai soldi del suocero) è proprietario di un ristorante che gestisce con successo ed intelligenza, ha sposato una bellissima donna molto più giovane di lui (che però sembra quasi una statuina di rappresentanza, visto che non è ne brillante ne loquace) e continua a soddisfare con le sue arti amatorie tutte le donne del circondario, preferibilmente sposate, perché hanno altrettanto interesse quanto lui a tenere la bocca chiusa.