Seconda parte

Trascorsero tre anni tranquilli ma poi, nel 1915 una tragedia si abbattè su tutta l’Italia: la prima guerra mondiale che, anche se non arrivò fino a quel piccolo borgo lo coinvolse con la chiamata alle armi di un gruppo di ragazzi bonassolesi.
Pochi tornarono vivi, molti morirono su quelle montagne sconosciute senza neanche sapere perché combattevano, altri furono feriti.
Quell’anno fu terribile per gli Ardoino , ma non per la guerra che li aveva risparmiati.
Giovanni era in navigazione. Fu colpito da una banale appendicite ma era lontano da terra dove un chirurgo avrebbe potuto facilmente salvarlo.
L’appendicite si trasformò in peritonite e lui morì tra atroci dolori.
Dopo vari giorni di navigazione la barca tornò a Spezia ma sopra non c’era più il Nostromo e fu il Capitano che andò da Nina a dare la tristissima notizia.
Lei non ebbe neanche la consolazione di rivedere il corpo del suo Giovanni e dargli una degna sepoltura nel piccolo cimitero del paese perché all’epoca i marinai morti lontano da terra venivano calati in mare dopo una breve cerimonia funebre.
Era stato difficile spiegare ai tre ragazzini che non avrebbero mai più rivisto il loro papà, niente più pesca, gite in barca e passeggiate nei boschi.
La piccola Franca ricordava molto poco di quell’uomo che ogni tanto compariva, la prendeva in braccio e la riempiva di bacini.
Però percepiva la triste atmosfera che si era creata in quella casa dove tutti prima la facevano giocare ed erano felici.
E proprio quella casa costruita da Giovanni con tanto orgoglio e fatica fu il primo segno dei cambiamenti che sarebbero avvenuti in quella famiglia.
Dovettero abbandonarla per darla in affitto ad altri che non l’avrebbero certo amata come loro ma mamma Nina doveva mantenere quattro bambini e il suo lavoro non bastava.
Per sua fortuna aveva fratelli e sorelle che le volevano bene e l’aiutarono come meglio potevano.
Un fratello che abitava a Levanto prese in carico i due ragazzini più grandi che poterono continuare la scuola e una sorella che viveva in campagna ospitò il resto della famiglia.

Così la piccola Franca, il fratellino Mario e mamma Nina si trasferirono in una grande casa sulle alture di Bonassola, vicino alla Torre dell’Orologio, da dove potevano dominare tutto il borgo e il mare da Punta Mesco alla cappella della Madonnetta.
Erano in tanti : zii, cugini, cani, gatti, galline, conigli, caprette.
Una vera comunità di persone e animali ognuno aveva i propri compiti da svolgere e lo faceva con allegria.
Mamma Nina aveva intensificato il suo lavoro da cuoca in albergo, tranquilla perché Franca era affidata a un vecchio zio che se la portava nell’orto e le insegnava il mestiere dell’ortolano come fosse un gioco.
Lei si divertiva, imparava presto e riceveva il premio merende saporite raccolte direttamente dalle piante.
I suoi preferiti erano pomodori e piselli.
Gli anni passavano in fretta e fu il momento di andare a scuola. Tutte le mattine si metteva in cammino con gli altri bambini: ormai era diventata grande, talmente grande che dopo le lezioni cominciò il suo primo lavoro.
Aveva solamente sette anni ma era talmente responsabile e fidata che le affidarono un neonato da accudire.
Era contenta di poter contribuire con quei pochi soldi al mantenimento della famiglia ma avrebbe preferito giocare, studiare, stare con i suoi amici.
Ma dovette rinunciare a tutto ciò perché allora i figli maschi erano privilegiati e dovevano andare a scuola per poi ottenere un buon lavoro ma le femmine si sarebbero sposate e non avevano bisogno di altro.
Questo era quello che pensava anche mamma Nina che, facendo anche lei tanti sacrifici, voleva far diplomare i due figli più grandi.
A dodici anni la vita di Franca venne sconvolta da un altro avvenimento.
C’era in paese un medico condotto che era una brava persona e si prendeva a cuore i suoi pazienti che lo stimavano e si rivolgevano a lui per qualsiasi problema.
Tra questi c’era mamma Nina che avrebbe voluto offrire ai figli le cose migliori.
Lei non stava molto bene e faceva sempre più fatica a lavorare, era preoccupata soprattutto per i figli più piccoli e così il Dottore le promise di occuparsi di loro.
Lui aveva già conosciuto quella ragazzina molto sveglia, intelligente e beneducata .
Era la persona ideale, anche se molto giovane, per tenere compagnia a sua suocera, una vecchia signora, costretta a letto da una malattia invalidante.
Abitava a Sestri Levante, una metropoli al confronto di Bonassola, insieme al figlio avvocato e a uno stuolo di servitù.
Così Franca, a solo dodici anni, si ritrovò a fare la dama di compagnia della Signora Benedetta che fu subito conquistata dalla vitalità della ragazzina.
Voleva farla diventare una donna meravigliosa, cosa che non le era riuscita con la figlia, scorbutica e gelosa del fratello.
La piccola non aveva tempo di sentire la nostalgia di quello che era rimasto della sua famiglia e neanche pensava ai suoi parenti perché si era sentita rifiutata da tutti.
In quella bella villa dove si trovava tutti la trattavano bene e cominciò ad affezionarsi alla Signora Benedetta che pretendeva da lei molto meno di quello che lei le dava.
Doveva leggerle dei libri e quello era una gioia sconosciuta prima, le parole difficili le venivano spiegate e divenne una accanita lettrice.
Si curava del benessere della signora, la lavava, pettinava, le dava i farmaci; glielo aveva insegnato il Dottore .
La cuoca le insegnava a cucinare: si mangiava molto bene in quella casa.
Il giardiniere si faceva aiutare in giardino e così , ogni giorno, la Signora aveva un bel mazzo di fiori sul tavolino in camera sua.
La cameriera le insegnava ad apparecchiare per gli ospiti e le buone maniere per riceverli.

Durante i fine settimana arrivava l’avvocato Antonio , figlio di Benedetta; lavorava a Genova ma appena poteva veniva a trovare la mamma.
La vita arrivava con lui: tutti erano in movimento per dare il meglio a quell’uomo che portava regali per tutti, notizie dalla città, tanto affetto per la madre malata.
Quando sentivano strombazzare il clacson della sua macchina, tutti correvano al cancello in fondo a quel grande giardino per fargli festa.
Franca era un po’ intimidita da quel bel signore che portava un cappello molto elegante e fumava sigarette profumate.
Ma presto si creò un feeling tra di loro che li rese amici , senza mai sorpassare quei limiti che all’epoca non esistevano tra padrone e “servetta” perché questo erano in realtà anche se non si ritrovavano in quei ruoli.
Gli anni passavano, Franca aveva imparato a guidare l’auto dell’Avvocato che, quando arrivava dai suoi viaggi, la lasciava a Franca perché la posteggiasse nel garage.
Lei era molto orgogliosa di questo perché le macchine erano rare e le donne al volante ancora meno.
Non c’era la stessa atmosfera durante le visite della Signora Leonil-da, figlia di Benedetta.
Nonostante la presenza di quel buon uomo di suo marito creava in-torno a sé un’energia negativa, un’atmosfera di gelo che condiziona-va tutti, soprattutto Franca che a fatica si dominava per non ribellarsi alle insinuazioni e ai rimproveri di quella donna così severa e acida.
Il Dottore cercava di consolare la ragazza raccontandole di Bonasso-la, dei suoi fratelli più grandi che finalmente si erano diplomati e cercavano lavoro.
Il più piccolo si era trasferito a Genova, lavorava in una fabbrica che apparteneva a dei loro lontani parenti e così mamma Nina, non più in grado di lavorare, si riposava in casa di una sorella.
Franca non voleva ritornare al paese, neanche per una breve visita, pensava che sarebbe stato troppo doloroso per tutti e ormai la sua vi-ta era lì, a Sestri dove viveva da ben sei anni.

continua….