Il treno è partito ed è rimasta solo lei sul marciapiede del binario.
Una donna ermetica, dagli occhi bui ed il cuore pesante. E le braccia piene di pioggia.
Immobile sul bordo della pensilina, fronteggia impassibile il passaggio aggressivo dei viaggiatori e dei bagagli. Ignorando le nebbie striscianti che invadono, con la loro compattezza di brume fluviali, i reconditi sottopassaggi della stazione. Soffocanti evanescenze di palude sotto la cupola di plexiglass, contro cui s’infrange, con fragore di schegge, la pioggia.
Ed il cozzare sordo delle nere carcasse di uccelli migranti, ingannati dalle travi d’acciaio e fulminati dall’insidia dei fili elettrici. Scivolano inerti lungo le pareti trasparenti, tracciando una scia scura di sangue, come graffi arcigni su una pelle viva.
Le piume, invischiate di pioggia e di sangue, inchiostrano di grumo nero la volta di plexiglass. Decretando l’ora di una illusoria notte.
Era ancora giorno quando lui è partito. Un viaggio iniziato e non ancora concluso.
Questo pensa, con la febbre inguaribile della nostalgia, la donna ermetica.
E gli occhi le diventano ancora più bui. E il cuore, se possibile, ancora più pesante.
Stringe tra le braccia il suo inconsistente bagaglio di pioggia che, a guardar bene, non è fonte di nubi ma acqua sgorgata dai suoi occhi. Evaporata in nebbia nel calore interno del plexiglass, pervade ora, nella sua fumigante evanescenza, l’effimera struttura, nell’urgenza del trasudo.
Svelata la mistificazione, dalle pareti marcite sono perentoriamente germogliati funghi abusivi e velluti di resine precoci. E radici di mangrovia, grosse come braccia d’uomo, hanno sventrato il cemento sconvolgendo la geografia piana dei marciapiedi, mentre gli  inestricabili grovigli delle oscure erbe del sottobosco soffocano gli spazi strategici delle scale mobili.
La notte esterna è illusoria. Evanescente.
La pazienza del vento, poi, soffierà via l’inganno del piumaggio ossessivo degli uccelli.
E sarà di nuovo giorno.
A quest’ora il suo viaggio è terminato.
E il treno giunto a destinazione.
Questo pensa, con struggimento di nuove lacrime, la donna ermetica.
Immaginando una città lontana, immersa nella notte.
Notte vera. Di luna e non di piume.
Proprio come sono le notti quando lui è qui.