Occorreva far presto e Jor -El da solo avrebbe dovuto controllare ogni fase del countdown e salutare per l’ultima volta suo figlio di tre anni collocato nella capsula pronta a partire.
Un ultimo dolorosissimo bacio e il portellone si chiuse sul sorriso inconsapevole di Kal-El.
Doveva sbrigarsi e correre nel rifugio sotterraneo e raggiungere gli ultimi superstiti di quel pianeta ma era assai improbabile che quel bunker super attrezzato li salvasse dall’imminente esplosione del pianeta.
Era un evento ineluttabile ed imminente.
La capsula fu lanciata con successo, destinazione il terzo pianeta di quel sistema periferico della galassia. Presentava tutte le condizioni adatte e poi appariva così bello e sereno, tutto azzurro sullo sfondo del buio cosmico. Lì Kal-El avrebbe continuato a vivere.
Intanto in lontananza il bagliore di un’esplosione spaventosa raccontava di un pianeta che non c’era più. Krypton era solo un ricordo.
Canneto di Coronia, Sicilia orientale, Ntuzza Privitera di ritorno dalla campagna udì un forte botto provenire da dietro la collina.
Si voltò e vide del fumo.
Corse a casa a chiamare Turi, suo marito, c’era pericolo che prendesse fuoco la vegetazione e che si sviluppasse un grosso incendio fino a mettere a rischio il raccolto, il bestiame ed anche la loro modesta casa.
Corsero trafelati ma quando arrivarono dietro la collina, il fuoco era quasi spento.
Si avvicinarono al punto da cui si alzava ancora qualche filo di fumo.
Dietro un gruppo di cespugli c’era un grosso cratere di terra sollevata al cui centro qualcosa di metallico brillava ma si stava smaterializzando lentamente.
Turi e Ntuzza restarono a distanza, impauriti, ad osservare cosa fosse.
Dopo un po’ quella sfera svanì completamente mettendo a nudo il suo prezioso contenuto: un bellissimo bimbo bruno di circa tre anni.
E Ntuzza che madre non era riuscita ad esserlo ancora, fu presa da una smania incontenibile di abbracciarlo e riempirlo d’amore.
Fu così che Kal-El fu spacciato per un bimbo ottenuto in adozione, visse e crebbe con loro con il nome di Angelo perché piovuto dal cielo.
Era adorabile quel bimbo così ben cresciuto e forte, con quei capelli ondulati corvini e gli occhi incredibilmente azzurri.
Ma alcune stranezze preoccupavano Nduzza.
Come quella volta che lo trovò che dormiva tranquillo un metro sopra alla culla oppure come quando polverizzò sbattendoli allegramente i sonaglietti metallici che gli aveva regalato.
Crescendo, poi, le stranezze aumentavano ed i poveri Turi e Nduzza avevano il loro bel da fare a contenere quelle manifestazioni in modo che nessuno le notasse.
Andava bene se riferiva loro quello che in segreto si raccontavano bisbigliando le vicine.
Era pure piacevole che con una soffiata le asciugasse tutto il bucato o l’aiutasse con un solo dito a sollevare ceste e casse.
Poi, però, le cose iniziarono ad andare fuori controllo.
Aveva circa dodici anni quando prese a guardare intensamente le figlie dei vicini e ciò avrebbe potuto anche essere tollerabile senonché una volta si lasciò scappare che la più piccola, Tuccia, aveva una voglia a forma di cuore tra le natiche…
«Eh no, caro Angelo, non fare il demonietto!!!» lo rimproverò Ntuzza.
Le sue stranezze infine si completarono quando prese ad adoperare lo ‘sguardo di fuoco’ .
Inizialmente fu per caso che guardando il frigo e non trovandovi la birra in fresco, gli partì uno strano brillio dalle pupille ed il frigo prese fuoco.
Un’altra volta era a casa di amici a vedere la tv mentre trasmettevano un famoso talk show… non ce la fece proprio a trattenersi e gli partì lo sguardo.
Di questi strani ed inspiegabili fatti si iniziò a parlare in paese, giunsero alle orecchie di qualche cronista locale e poi balzarono nei tg nazionali con toni da X- Files.
Negare, negare e fingere indifferenza, fu la strategia adottata dalla famiglia Privitera.
Un cronista cercò di intervistarli ma loro si trincerarono dietro ad un rigoroso irremovibile “nulla saccio e nulla vidi”.
E cautelativamente spedirono Angelo negli States, da zia Concetta a Smallville.
Gli incendi cessarono immediatamente e dopo un po’ non se ne parlò più.
Foto-web.