La barca indugiava nei pressi del molo, scossa appena dalle lievi onde della marea crescente che increspavano le acque.
Demetrio guardava l’ombra della città, indorata dal sole ad occidente, e più oltre il profilo scuro del Pharos che si stagliava orgoglioso sul tramonto.

Addio, dunque, Alessandria, mia seconda patria, addio amici che siete venuti per salutarmi ed ora assistete, muti, alla mia partenza per l’esilio! Sono giunto qui scacciato come un cane dalla mia terra, e qui ho trovato asilo e pane, ma soprattutto la possibilità di ricominciare e di vivere una seconda vita.

L’ateniese guardò il faro che, come a rispondergli, mandò un lampo di luce.

Tu sei stato il mio capolavoro, il mio sogno e la mia ossessione, ma più forte di te è stata la comunione che ho trovato con i grandi uomini che hanno consentito la tua realizzazione, perché nessun essere umano è più di un granello di sabbia del deserto, più di una formica, ma tutti insieme siamo capaci di ergerci alla grandezza degli dei, e tu ne sei la dimostrazione!

Una gru scese volteggiando dal cielo, stagliandosi pigra sul sole, e il suo grido rauco fu come un incitamento alla partenza. Lentamente la barca si staccò dal molo, spinta dai lunghi pali che i marinai manovravano con destrezza.

Sulla terraferma Archimede ed Euclide assistevano alla partenza con gli occhi lucidi.
«Dici che lo rivedremo?».
Archimede fece una smorfia: «Ne dubito: la mano della regina Arsinoe arriva lontano e lei non ama lasciare testimoni che possano offuscare la grandezza di suo fratello Tolomeo».
«O la sua».
Il siracusano non rispose: entrambi temevano la vendetta della regina.

Addio vecchio amico, che sei costretto a lasciarci quando la tua e la nostra vita già si avvicina al declino. Che il Grande Fiume ti sia dolce compagno e ti guidi alla ricerca della saggezza che non hai mai  desiderato. Per tutta la vita hai lottato contro uomini, tiranni e dei per affermare la tua volontà. Sempre ci sei riuscito e sempre ne hai pagato il prezzo, perché terribile è la loro invidia. Eppure guarda come la tua opera si innalza nel cielo! Solo tu hai fatto sì che venisse costruita, soltanto tu hai avuto fede nella visione che ti ha accolto in quel giorno di tempesta, quando hai fatto approdo in questa terra. Tale era la tua forza che ognuno di noi è stato trascinato al tuo seguito in questa fantastica avventura, e il tuo nome resterà per sempre nel ricordo dell’umanità, più che i fregi che adornano i frontali dei templi.

Non erano completamente liberi i pensieri dei due uomini di scienza: già Euclide andava riflettendo su una possibile soluzione a un un suo teorema, ed Archimede immaginava l’uso di uno specchio parabolico nella lanterna del faro, ma le lacrime che scendevano sui loro volti inondando le rughe di minuscoli rivoli salati, sì, quelle erano autentiche.

Già al centro del Nilo, spinta dalla marea montante, la nave che aveva a bordo Demetrio Falereo era diventata un punto all’orizzonte. La sera era scesa e nugoli di zanzare erano calati sulle acque tranquille. Lontano, uno sciabordio indicava che un coccodrillo era scivolato nel fiume. La vita continuava.