È quasi mezzanotte, non ho più molto tempo, non mi posso attardare nelle vorticose danze a palazzo; la carrozza mi attende, là fuori.
I cavalli, bianchi e bellissimi, scalciano impazienti nelle loro livree festose e ammalianti, il cocchiere già scruta, pensieroso e impaziente, l’orologio del campanile, lassù in alto, mentre le note di un valzer risalgono verso quel cielo nero, rischiarato da una luna piena che sa di magia, stanotte.
Devo correre via, fuggire, volare!
Mi precipito giù dalla lunga scalinata che da palazzo discende in strada e…
Oddio, no… No, la scarpetta nooo….
Corro, ansimo, affranta, il cuore in gola, le ali ai piedi, dio mio ma quanto è lunga questa scala!
Inciampo, scivolo, rovino a terra, rotolo e mi rialzo, devo farcela, devo devo devo farcela.
Ecco, la vedo, la carrozza là in fondo, la vedo…
A piedi scalzi (ho gettato anche l’unica scarpa che ancora calzavo) allungo la falcata verso la mia meta, prima che sia troppo tardi,
prima che sia troppo tardi,
prima che sia troppo tardi,
prima che sia….

A muso duro, contro la realtà!
La mia carrozza è tornata ad essere una zucca, un filo di perle seducente inganno di promesse vane…
È scoccata mezzanotte, anche oggi non ce l’ho fatta… Come ieri, come l’altro ieri, come il giorno precedente, come cent’anni fa…
Come domani?