Un fraintendimento, la città.
Costante e accecante.
Di troppe luci, effluvi, vesti.
Una danza. Abbarbicata
in oscurità assolate.
Un intrico di intrichi:
foreste fitte, esponenziali,
da non poterne più
individuare il centro.
Sta lì, da secoli,
a generare cellule
di nuovi casuali sentieri.
Infiniti grappoli
di giostre in cui disperdersi.
Frantumi di troppi satelliti
ormai dimentichi
dell’orbita originaria.
La città si percorre
tra lunghissime ombre, affilate,
imperlate dal tentativo
di riconoscervi uno sguardo,
intravisto,
e forse inesistente.
Al sorgere del sole, magari,
la città saprà ospitare l’inatteso.
Si infilerà nel tuo nascondiglio
in cerca di un respiro.
Ti bloccherá la strada
tra saliscendi urbani.
Ti troverà dispersa
tra bambù di cemento.
Cercherà le tue mani
infilate in tasche troppo profonde.
Cercherà le tue labbra
sollevandoti appena il mento.
Ti accompagnerà,
nel tuo perpetuo altalenare.