Amanda e Jeremy s’erano incontrati, una mattina di primavera, in una remota periferia romana dove s’era perso e lei gli aveva indicato la strada per tornare indietro. Ma lui indietro, però, non c’era tornato, preda dell’incantesimo istantaneo di quegli occhi da strega: e d’allora non s’erano più lasciati.
Amanda e Jeremy, così indivisibili che i loro nomi, perfino, venivano pronunciati come fossero uno solo, AmandaeJeremy, senza quel piccolo spazio che ne sanciva una loro simbolica individualità.
Lei minuta, occhi grandi nel piccolo viso triangolare, e atteggiamenti da bad girl, ma solo all’apparenza, che dal suo Jeremy, talvolta, ce le buscava, e senza sconti.
Jeremy, fisico da giocatore di rugby e spettacolari capelli rossi, che in virtù di quel colpo di fulmine aveva ripudiato la sua verde Irlanda a favore di quella periferia romana inglobata nel cemento, laddove Amanda gli aveva rubato il cuore.
Un amore burrascoso, quello loro, ma che nessuno dei due aveva mai messo in discussione, anzi, se qualcuno obiettava dubbi sulla liceità dei comportamenti del suo Jeremy, Amanda scattava su come una serpe, gli occhi furiosi nel piccolo viso triangolare, pronta a difendere il suo uomo, e il suo amore, dai paladini del politically correct, perché solo a lei sarebbe aspettato, in ogni caso, il diritto di dolersene.
Ad ogni modo nessuno s’era mai pronunciato, a tal riguardo, con accuse dirette verso Jeremy, che pure piaceva ai condomini, così educato, gentile, sempre pronto ad aiutare.
Un gigante buono, tranne quelle volte che, complice un bicchiere di troppo, si lasciava sopraffare da quella sua bieca emotività.
«E’ che lei mi fa proprio incazzare.» Si discolpava indicando Amanda, senza infingimenti, con aria innocenti e con tutti gli accenti sbagliati, che della lingua italiana aveva imparato a pronunciare, in maniera corretta, solo le parolacce.
Che Amanda e Jeremy si amassero, però, era fuori discussione, come attestavano, con un sorriso ironico e colmo di sottintesi, i vicini, testimoni delle esplosioni di rabbia quanto di quelle d’amore.
Che quelli si erano proprio fuochi d’artificio, che un po’ di discrezione non sarebbe guastata, almeno nel rispetto per chi quelle cose le aveva dimenticate, o tentava di farlo, e per i bambini, anime senza peccato, che le pareti sono sottili come carta velina, e se si sentono i sospiri figuriamoci gli orgasmi, anche se però è bello sapere che qualcuno ancora pratica l’antica arte dell’amore.
Questo aveva detto, con un sorriso malizioso, l’inquilina ultra ottantenne del piano di sotto, anche lei testimone indiretta, ma attenta, di quelle loro intemperanze amorose: «Di che vi lamentate, bacucchi che non siete altro. Non siete stati giovani anche voi? Memoria corta, a quanto pare. E sono altre le cose di cui lamentarsi, quelle sporche davvero. Lamentatevi di quelle!»
E aveva ragione!
Sono altre le cose sporche di cui recriminare, basta affacciarsi alla finestra e respirare lo smog che annerisce perfino i raggi del sole, soffermare lo sguardo sui palazzoni incolori e il paesaggio di cemento che li circonda, o sull’erba del cortile, stentata e gialla, che mai diventerà verde. Mai germoglierà un fiore.
Amanda porta in giro il suo pancione da par sua, pantaloni a vita bassa e ombelico in evidenza, la gravidanza le ha arrotondato i contorni del viso e addolcito perfino il suo slang romanesco, ma non ha però smesso l’aria da guerriera, quella è nel suo dna, perché non è un atteggiamento ma il suo modo di essere.
Tra un po’ nascerà il bambino, e per lui ha già deciso il nome, Patrick, come il nonno di Jeremy e il santo patrono d’Irlanda, dove tra qualche mese si trasferiranno per via del miraggio di un lavoro stabile.
Jeremy, dal giorno che il test della gravidanza è risultato positivo, non ha più toccato un bicchiere di alcunché, e tenuto le mani a posto. D’altro canto Amanda ha imparato a tenere a freno la lingua e, paradossalmente, il non aver sempre l’ultima parola le è valso il diritto di replica che saggiamente esercita, senza troppo strafare, cosciente che quell’equilibrio conquistato va stabilmente mantenuto e consolidato, soprattutto ora che le loro vite stanno davvero cambiando, con quella nascita e quella partenza.
E’ bello vederli insieme, lui così alto che un po’ deve ingobbirsi per camminare abbracciato a lei, ma è una di quelle cose che più gli piace di loro due, perfino del sesso, perché non c’è niente di più bello che poter aspirare il profumo dei capelli della sua donna e saggiare la fragilità di quel corpo minuto, ma pure così solido, da contenere un bambino, che lui immagina raggomitolato come un gattino all’interno di una cesta.
E questa immagine lo fa sorridere, e allora pure Amanda sorride, senza un vero motivo, per complicità e amore, e gratitudine per tutta quella bellezza che lei non saprebbe raccontare ma che pure sente circondarla. Per quel qualcosa nell’aria che colora d’arcobaleno lo squallore di quello spicchio di mondo lasciato colpevolmente incolto, con una sensazione magnifica come uno stato di grazia, quel suo pezzetto di casa, e di patria, che porterà con sé in Irlanda, e da cui, ne è sicura, germoglieranno miriadi di fiori.