*La fanciulla percorre il lungo corridoio che porta alle scale della torre del castello.
Cerca e trova il segnale convenuto, una piccola incisione sul muro: due cuori .
Il suo amore proibito la sta aspettando in cima alla torre. E’ buio pesto, un forte temporale imperversa questa notte; porta con sé il candeliere e sale le tortuose scale.
Non ha paura, nulla può fermare l’amore.*
Lei, Clotilde Roberga , dei conti Roberga Sproventi Dalmazi Proventini, a dire il vero, non era una gran bellezza. Sarà stato per via di quei capelli radi che incorniciavano un viso asimmetrico scialbo e quella dentatura a tasti di pianoforte che si apriva nel sorriso generando un certo smarrimento a chi le era innanzi o forse era per via di quelle orecchie a sventola che volevano fuoriuscire da qualunque acconciatura… non so.
Erano altri tempi, quelli, e non c’era alcunché da fare per migliorarne l’aspetto se non applicare un po’ di belletto sulla biacca spalmata sul volto. Ma aveva un gran pregio Clotilde: era ricca, incredibilmente ricca, schifosamente ricca. E questo la rendeva appetibile a dispetto di tutto e della sua ritrosia , del suo alito fetido, delle sue mani umidicce al tatto quando ballava il minuetto nelle serate danzanti organizzate al castello.
Ed ora eccola lì che correva come qualunque donna corre incontro al proprio amore.
Morello Sguerci , figlio del giardiniere l’aspettava sulla torre ove aveva preparato tutto: la corda agganciata ai merli della torre e sotto il calesse con la paglia per attutire eventuali cadute. Era zuppo di pioggia ed infreddolito ma determinato a portare al termine il piano. Il suo desiderio era grande, si sentiva agitato come quelle cime d’albero laggiù, sferzate dal vento di un inverno glaciale.
Coraggio! Coraggio e prudenza, si ripeteva Clotilde procedendo silenziosa per il corridoio dietro le cui porte stavano riposando i genitori ed i fratellini piccoli. Guai se l’avessero sorpresa!
Le ombre mutevoli proiettate dalla luce del candelabro guizzavano imprevedibili animandosi su quadri e suppellettili quasi fossero presenze inattese. Sussultava il suo cuore ad ogni passo per paura d’essere scoperta e per il senso di colpa che aveva.
Infatti in una mano reggeva il candelabro, nell’altra una borsa piena di gioielli che in precedenza aveva sottratto dalla cassaforte che stava nello studio- biblioteca.
Erano tutti i gioielli di famiglia, quelli che sarebbero comunque passati a lei , aveva pensato attenuando così il rimorso. Ed avevano un enorme valore tale da garantirle una vita più che lussuosa con Morello nelle colonie d’America.
Poteva forse lei sposare il marchese De Chatuille solo perché così era stato stabilito per lei? Era così noioso ed anziano quel monsieur, non ballava mai alle feste e poi…e poi si addormentava ogni dove facendo ciondolare la testa. E che vita avrebbe mai avuto lei se non di noia mortale mortificando inoltre anche i suoi sani appetiti che invece urlavano famelici vicino a Morello?
In fondo al corridoio i due cuori incisi erano il segnale che lui era già su in cima alla torre e che era tutto pronto. Si girò. Tutto era tranquillo, nessun rumore indicava che qualcuno si fosse svegliato.
Tirò un sospiro di sollievo e prese a salire la ripida scala tra le ombre che rimbalzavano sulle pareti.
Lo vide, la sua figura snella e prestante oggetto del suo desiderio appena appena illuminata da quel poco lucore lunare era là accanto ai merli . Una zaffata di vento e pioggia spense le candele. Appoggiò a terra il candelabro e corse da lui. Lo abbracciò tremante, mentre la pioggia devastava il suo trucco e le scombinava la chioma. Sotto quella tremula luce lunare, la poverina era in condizioni pietose ma era felice, tremante e felice.
“ Hai preso i gioielli?”, le chiese subito Morello.
“ Si, amore mio , eccoli”.
“ Dammeli, li getto di sotto sul carro così avrai libere le mani per poterti calare aggrappata alla corda”
E lei glieli consegnò con un sorriso.
Com’era bello il suo amore! Com’era tenero quando in giardino di nascosto la sorprendeva con un mazzetto di fiori ed un bacio! Si, si sarebbero stati felici in quelle terre lontane.
“ Ora mi calo io, sono quattro piani ma mi fermo al balcone qui sotto così ti aiuto a scendere. Poi faremo l’ultimo tratto”
“Si”, disse lei.
Lui l’abbracciò e la baciò per rassicurarla poi scese.
Ma la corda stranamente scivolò via dall’aggancio.
Oddio, pensò, forse si sarà rotta, forse sarà caduto .
Angosciata, si affacciò dai merli e chiamò ripetutamente con voce strozzata tra gli scrosci di pioggia . “ Morello…Morello”
Ma nessuna risposta arrivò se non il rumore di un carro che si allontanava nella notte.
Immagine dal web