Il telefono squillò proprio mentre si apprestava a gustare la cena. La moglie lo guardò contrariata:
“Insomma! Non ti lasciano neanche mangiare in pace, non rispondere”.
“Non posso tesoro, può essere importante, stiamo seguendo il caso di una ragazzina scomparsa”.
Lei non disse nulla, cominciò a mangiare l’ottimo stufato, sapendo già come sarebbe finita.
Infatti, dopo un veloce scambio di battute con l’interlocutore, lui disse la solita frase:
“Mi dispiace cara, cercherò di non fare troppo tardi”.
“Già, come al solito, poi non ti fai più vedere fino al mattino”.
“E’ un mestieraccio lo so, ma qualcuno deve pur farlo”.
Mise in bocca un pezzetto di carne e maledì il suo mestiere; era un delitto lasciare quel ben di Dio sulla tavola. Infilò il soprabito e uscì di casa. Mentre guidava in quella sera d’autunno inoltrato, buia e umida, pensò alla ragazzina scomparsa – Sarà morta? Ferita? Terrorizzata?
Doveva darsi una mossa, lui era il Commissario Capo, spettava a lui organizzare le ricerche.
Fino a quel momento non c’era nulla a cui appigliarsi. I genitori della ragazza avevano telefonato alla Centrale due giorni prima, agitatissimi, la figlia non era tornata a casa quella notte, non lo aveva mai fatto prima. Era uscita prima di cena per andare dalla sua amica che abitava a un chilometro circa di distanza, l’aveva invitata a cena a casa sua e avrebbe anche dormito da lei, ma non vi era mai arrivata. Aveva preso la bicicletta per fare più in fretta.

Arrivò al punto stabilito, il Parco del Leone, chiamato così perché molti anni prima un leone, fuggito da un circo allestito nelle vicinanze, fece la sua apparizione terrorizzando i cittadini.
C’era già una pattuglia sul posto. Un Agente lo vide e gli andò incontro:
“Commissario Barti abbiamo trovato qualcosa, scusi se l’abbiamo chiamata a casa, il suo cellulare era spento.”
Barti bofonchiò un “Va bene va bene, non importa”.
Si avvicinarono alla zona illuminata; una giacca bianca con il cappuccio e, più in là, una bicicletta.
“Potrebbero essere della povera ragazza, vero Commissario?”
“Sì, potrebbe, prendete le torce e date un’occhiata in giro.”
“Crede che sia stata uccisa Commissario?”
“Non lo so, ma è meglio prepararsi al peggio”.
Quando gli Agenti si allontanarono in perlustrazione, Barti accese la sua torcia e guardò per terra. Oltre alla giacca e alla bicicletta, c’erano evidenti orme di scarpe.
“Avete inquinato le prove maledizione! Dovevate transennare prima!” – disse, quando i poliziotti tornarono indietro dopo una ricerca infruttuosa.
“Scusi Commissario, ha ragione, non ci abbiamo pensato”.
“Ora qui ci sono impronte mie e vostre e di chissà chi altro! Andate a casa dei genitori della ragazza e portateli qui per riconoscere questi oggetti”.

“Oh mio Dio! Sì, la giacca è della mia Federica, e anche la bicicletta è sua”.
La madre scoppiò in lacrime:
“Dov’è mia figlia, dov’è la mia bambina!”
Il padre si rivolse al Commissario Barti con occhi infuocati di rabbia:
“Dovete trovarla, capito? Dovete trovarla!”
Non riuscì a continuare, strinse a sé la moglie e piansero insieme desolati.
Barti biascicò un “Faremo tutto il possibile”.
“Riportateli a casa” – ordinò agli Agenti – per stasera non possiamo fare altro, io vado a consegnare gli oggetti alla scientifica. A domani”.

Il Commissario Capo Cesare Barti caricò in macchina la bicicletta e la giacca bianca col cappuccio,
era rimasto solo, si sedette al posto di guida e si prese la testa fra le mani. Si sentiva impotente, oppresso. Frugò nelle tasche della giacca di Federica e lo trovò; il cellulare… il suo cellulare! Tirò un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e rivide l’accaduto come in un film:

La ragazzina pedalava di buona lena, era già buio e voleva arrivare in fretta dalla sua amica. Vincendo la paura decise di attraversare il Parco del Leone, nonostante i genitori le avessero raccomandato di non farlo, soprattutto di sera. Non si accorse dell’auto che la seguiva fin da quando era uscita di casa. Improvvisamente qualcosa si infilò nella ruota della bici facendola cadere a terra.
Soffocò un grido di dolore e cercò di rialzarsi ma due mani possenti la tennero ferma sull’erba umida.

Barti rabbrividì ricordando di come tentò di abusare della ragazza, lei si difese strenuamente, riuscì a svincolarsi, tentò di fuggire, cadde e si rialzò più volte, finché lui la raggiunse e…
“Sei un maledetto mostro! – gridò a se stesso – un pervertito! Poteva essere tua figlia!”
Non era la prima volta che il demone della perversione si impossessava di lui. Non riusciva a resistergli, per lui era facile far sparire i corpi e sviare le indagini.
Ricordò il panico che lo prese quando si accorse di non avere più il cellulare, dopo aver gettato il corpo della ragazza in un vecchio pozzo in disuso da anni, tornò nel parco e lo cercò inutilmente.
Lasciò appositamente la bicicletta e la giacca della ragazza in bella vista, tanto le indagini le avrebbe condotte lui, le sue impronte sarebbero state ovunque. Ora che aveva ritrovato il telefono non aveva più niente da temere. Doveva essergli scivolato mentre inseguiva la povera Federica, o forse mentre la teneva a terra, lei l’avrà preso e messo in tasca, oppure…

Potenti luci si accesero improvvisamente abbagliandolo, mentre una voce al megafono pronunciava il suo nome:

“Cesare Barti, esci dall’auto con le mani alzate!”
Come un automa eseguì l’ordine; ma cosa stava succedendo? Era caduto in una stupida trappola? Possibile?
Il Capo della Polizia in persona gli si parò dinanzi, dietro di lui i due Agenti che lo avevano atteso nel parco.
“Commissario Barti, la teniamo d’occhio da tempo, ogni volta che una ragazza spariva era lei ad organizzare le indagini che, puntualmente finivano in un nulla di fatto. La cosa ci ha insospettiti ma non avevamo alcuna prova contro di lei. Fino a stasera… Questi due bravi Agenti hanno trovato nel parco la giacca della ragazza, quindi hanno subito chiamato lei sul cellulare che ha squillato illuminandosi… proprio ai loro piedi, nella tasca della giacca. Non sapendo cosa fare mi hanno tempestivamente informato della incredibile scoperta. Ho ordinato loro di togliere la batteria al telefono rendendolo inutilizzabile e di chiamarla al telefono di casa, dicendo che il cellulare era spento. Dopo che lei Commissario ha impartito i soliti inutili ordini, li ha rimandati a casa e finalmente ha potuto controllare la giacca, dove ha infatti trovato il suo telefono.
A quanto pare la trappola ha funzionato, lo dico a malincuore naturalmente, questa non è certo una vittoria per il Corpo di Polizia. Portatelo via!”

Barti ascoltò in silenzio e a occhi bassi le dure parole del Capo della Polizia, non disse una parola mentre lo ammanettavano e gli leggevano i suoi diritti, maledì il suo demone e gli disse: “Ben ti sta!”