«Non sono mai stata fortunata. Lo so, appena dico queste parole me ne pento: quale fortuna poteva avere una ragazza come me, nata povera e senza padre – anche senza madre, praticamente – costretta a vivere ai margini della vita?
In realtà, se ci penso, gli anni della mia fanciullezza non sono stati terribili, a parte la fame e l’umiliazione di quando andavo a mendicare un piatto di minestra da quelle orribili suore, e per il resto… per il resto le cose, belle o brutte, me le sono guadagnate da sole, dal sopportare il garzone del fornaio che mi mostrava orgoglioso il suo uccello ad accettare il lavoro come modella dallo scultore, che poi è stato il migliore che abbia mai avuto, e se non fosse che mia madre ci si è messa di mezzo…
Ma almeno mi sono liberata anche di lei, e con l’aiuto di un certo strano uomo – non sorridere! – metà amico e metà fantasma, ho avuto anche un buon lavoro, e non alla paga miserabile delle donne, un terzo di quella dei maschi, ma a paga piena».
Questa è storia conosciuta. Sospiro e proseguo: «Quello me l’ha portato via la guerra, però; per giorni non ho potuto pagarmi un posto per dormire e vagavo di notte sotto la neve, guardando con gli occhi lucidi le vetrine illuminate dei negozi, finché…
“Hai fame?”.
La voce mi ha riscosso dal mio stato di intorpidimento. Mi sono voltata e ho visto un uomo alto e magro, dall’aspetto cupo. Per un attimo ho avuto un brivido di paura, ma ero troppo stanca e debole per preoccuparmi. L’ho guardato e lui ha capito al volo.
“Se vuoi posso offrirti una cioccolata” dice. “Nel mio studio”, aggiunge subito dopo.
Ucciderei per una cioccolata, forse anche per meno. Nel suo studio? Un artista?
Ho accennato di sì con la testa, e lui mi ha fatto segno di seguirlo. Ho stretto i denti e mi sono messa dritta, cercando di ignorare il dolore che mi davano i piedi gelati nelle mie scarpe fradice. Una cioccolata!».
«Robert, è così che si chiama l’uomo che mi aveva avvicinato quella sera, era davvero un artista, almeno, secondo lui. Dipingeva acquarelli che non riusciva mai a vendere e campavamo con i pochi soldi che guadagnavo come modella, ma almeno aveva una casa, in cui mi sono trasferita subito. Tu dici che è inopportuno che una giovane ragazza vada a convivere con un uomo solo? Si vede che non hai mai dormito all’addiaccio a Parigi, d’inverno, e comunque Robert non mi ha mai toccata, nonostante forse lo sperassi. Glielo avevo proibito, naturalmente, ma credevo e credo che un uomo dovrebbe provarci, no?
Invece una sera è tornato dal caffè con due donne e ha fatto l’amore con loro davanti a me, per mostrarmi come era facile farlo. L’ho ignorato.
Tempo fa un vecchio che ho incontrato vicino alla stazione mi ha offerto tre franchi se gli avessi mostrato il seno, in un vicolo accanto. MI sono sentita una puttana, ma ci ho comprato pane e formaggio, e vedere come Robert era contento mi ha mandato al settimo cielo. Forse la mia vocazione è di fare felici gli uomini. Ci devo pensare. È questo l’amore?»
«Io credo che tu abbia capito, invece, quale era la vera vocazione di Robert, altro che pittore! Ha provato a portarmi a Saint- Denis per farmi prostituire, e mi ha picchiata quando mi sono rifiutata, ma ho saputo difendermi, finché lui non se n’è andato una volta per tutte».
Mi fermo e guardo se il mio interlocutore ha qualcosa da dire, ma non parla, così continuo:
«A questo punto ero di nuovo allo sbando, ma almeno avevo un posto dove dormire, da amici che avevo conosciuto, e una cerchia di persone che mi hanno aiutato. Sono riuscita anche a trovare un lavoro in una fabbrica e ho potuto pagarmi un affitto in un orribile appartamento all’angolo di Montparnasse – capito come sono arrivata qui? – e ho avuto anche un momento di gloria con un puttaniere brasiliano che lavorava all’ambasciata, che mi ha fatto conoscere la cocaina.
Mai assaggiato niente di così buono, ma forse tutto era buono in quegli ambienti lussuosi per una povera ragazza di provincia, finché una notte sono entrata barcollando in un ospedale, vestita soltanto di un soprabito. Ero marcia, perché non lo sapevo, ma se la cocaina fa di te una donna nuova, la prima cosa di cui ha bisogno quella donna è altra polvere bianca. Mi hanno tenuta quattro notti, poi cacciata fuori come una matta, e forse matta lo ero davvero, perché alternavo allucinazioni a rabbia, e infine depressione. In qualche modo mi sono procurata dell’arsenico, ma non ho avuto il coraggio di inghiottirlo: le ragazze di campagna hanno la pelle dura, e un forte intinto di conservazione!»
Rido e tiro fuori dalla tasca una fiala.
«Eccola, vedi? Tenevo in mano questa e la fissavo, sapevo che era il confine tra la vita e la morte, e che la decisione era solo nelle mie mani. La fissavo ed ero affascinata: ero padrona della mia vita! Da quel momento ho capito che ce l’avrei fatta, che la crisi era superata!».
Rimetto via la fiala d’arsenico. È il mio portafortuna, e guardo l’uomo seduto con me.
Fa freddo, i tavolini sono quasi tutti vuoti e i camerieri sembrano riluttanti ad avventurarsi fuori dal locale.
«È qui che volevi portami?» chiedo.
«Sì» mi dice «è il Café de la Rotonde».
«Lo so cosa è» rispondo, accennando alla grossa insegna sull’entrata.
MI fa segno con la mano: «Vai».
Mi alzo, esitante. «Non credo di potermelo permettere…».
«Lì c’è il tuo mondo, Alice, le persone che devi conoscere. Se non puoi pagare, vedrai che non mancherà chi lo farà per te».
«Tu non vieni?».
Lui scuote la testa. «No».
Tiro un lungo sospiro. «Sai, Augustin» dico, «tu hai un’anima di spettro».
Lui sorride, forse ho davvero centrato il suo spirito.
Mi volto e raggiungo l’ingresso. Al tavolino vicino all’entrata, sotto la piccola tettoia, è seduto un uomo che sta sorseggiando una birra. Alza il capo per guardarmi, poi lo riabbassa sul suo boccale.
Guardo alle mie spalle, ma Augustin è sparito, ancora una volta. Apro la porta e un’ondata di calore, odore di tabacco aromatico e chiassosa allegria proveniente da alcuni tavoli mi avvolge. Mi alzo in tutta la mia statura e mi dirigo verso di loro con passo elegante. Sono bella e lo so. Già qualcuno mi sta osservando. Il mio misterioso amico ha di nuovo ragione: è qui la mia vita!