«Favorisca i documenti!». Tono cortese ma fermo, poliziotti con mitra e giubbotti antiproiettile: uno dei tanti posti di blocco di Torino. Un’abitudine ormai, specie per il sottoscritto che gira con capelli lunghi, barba incolta, occhiali scuri (incredibile ma c’è il sole!) e macchina targata VT (come dire “napuli”). Patente e libretto sono pronti già da quando la paletta s’è levata minacciosa ed inibitrice.

«Ha precedenti penali?». Prima di rispondere lo guardo. È poco più che un ragazzo, ed i baffoni che ostenta sembrano quasi una ridicola maschera carnevalesca. Neanche il mitra che porta a tracolla, la canna in basso grazie a dio, riesce a conferirgli quel timore reve­renziale che la legge dovrebbe attribuirgli tout-court. Non riesco ad evitare un mezzo sorriso: «No, non ho precedenti penali…». Sto per aggiungere “Che io ricordi!”. Ma è meglio non scherzare visto il clima di tensione: l’ultimo comunicato delle BR parla di esecuzione di Moro. Se non altro per reagire al senso di impotenza ed alla frustrazione, una risposta stonata ti può far passare qualche brutta giornata in questura. Osservo il giovane poliziotto mentre rigira tra le marni la mia patente: la mia foto è vecchia di 10 anni e la somiglianza è decisa­mente approssimativa.

«Ha fatto mai parte di brigate rosse, bianche, nere…?» stavolta nemmeno il padreterno riesce a cucirmi la bocca: «E pensa che glielo verrei a dire?» sussurro ostentando un ironico candore. Poi aggiungo in fretta: «No, comunque no». Alza gli occhi dall’immagine della mia adolescenza e non può fare a meno di sorridere anche lui. Come per scusarsi, aggiunge: «Perché sa, tanti lo fanno per passare il tempo, per divertimento.»

E stavolta ho paura di questo ragazzo col mitra a tracolla che, magari per sfizio, potrebbe farmi passare qualche spiacevole ora. Ho paura di questo “luogo comune” che, probabilmente, i suoi superiori gli hanno inculcato dentro quando per miseria o che so io ha lasciato la sua casa, vorrei dire la sua innocenza, per vestire gli abiti del poliziotto di stato. Ho paura di questa mentalità, tristemente diffusa, che qualcuno possa fare il brigatista per gioco. Che i BR siano belve assetate di sangue, d’accordo, ma che giochino ho i miei dubbi. Ma forse così la coscienza è più tranquilla: una pericolosa bambinata da dimenticare quanto prima e se qualcuno piange i suoi morti, la retorica è pronta a divorare famelicamente il senso delle cose, allargando gli spazi della convenienza. Un po’ di medaglie, qualche altro eroe della patria, discorsi pronunciati con voce rotta, lacrime a comando. Anche la mia paura fa comodo, tirando opportunamente la mia corda è più facile che al momento giusto sappia rispondere a certe sollecitazioni “nazionali “.

Decisamente la mia faccia non lo convince. Mi chiede dove lavoro e gli indico il parallelepipedo del Controllo Merci delle FS alle sue spalle: «Ferroviere…» aggiungo. Ma neanche “apriti sesamo” potrebbe smuoverlo. Se ne va coi miei documenti all’autoradio e parla con qualcuno. Pazienza! in fondo fa solo il suo lavoro e fa comodo anche a me che lo faccia bene.

Una decina di minuti e torna. Mi dice qualcosa con tono di rimprovero. Stai a vedere che alla fine avevo qualche precedente penale! Gli chiedo di spiegarsi meglio: «Può andare. Ma stia attento… (oddio!) ha la gomma posteriore liscia e dovrei farle una multa di 5000 lire. La cambi quanto prima, buongiorno!».

Santa paletta! ho risparmiato 5000 lire!