Senza farvela tanto lunga e ingarbugliata.
Oggi Nina si sente così.
-Così come?
-Così.
-Si ma dimmi come.
-Che vuoi che ti dica. Così. Ti prego non sollecitarmi ulteriormente perché il non saper dare voce al buio mi ricopre di vergogna. Ma poi, scusa, tu non ti senti mai così, di quei “così” che non possono essere parafrasati?”-Nina scrive di getto ad un’amica senza entrare nel dettaglio.
Come quando gonfi la ruota della bici e quando stacchi la pompa per rimmettere di corsa il tappino esce quel soffietto di aria improvviso.
Oppure il palloncino che tieni tra le mani ché il tempo che fai il nodino è probabile che uno spiffero esca. Però rimane gonfio. Ecco, Nina rimane gonfia perché sgonfiarsi sarebbe forse un bene ma fa paura.
-E se poi sto peggio?- si dice.
-E se poi faccio come il palloncino che lo lasci prima di aver fatto il nodino e vola impazzito per aria precipitando a terra vuoto, esamine e rugoso?- si domanda impaurita.
-Non voglio rischiare.-
-Si ma così non fai altro che accumulare polvere sotto al tappeto.- le dicono.
-Si ma tu non sai cosa può succedermi se mi lascio andare. Tu non lo capisci. Posso sentirmi molto male. E’ una vita che controllo le emozioni.-Insomma ecco, Nina scrive impulsivamente che sta “così”.
L’amica che le risponde la conosce da poco, la ama molto, questo lo sa. E’ più grande di lei. E’ una donna in gamba con una vita tosta che dal nulla, nel mezzo di un suo momento di svago le risponde :” Sei brava e responsabile e io ti amo. Tieni duro ché arriverà il momento del miele”.Questa risposta lascia Nina senza fiato.
La poesia e la dolcezza di cui aveva bisogno, per riprendere ossigeno, in una sola riga di poche parole.
Miele. Arriverà il momento del miele, dice.
Il miele. Se chiude gli occhi sente il sapore che istantaneamente rimette in ordine tutti i perché.
L’amica non fa domande, non vuole sapere, non indaga curiosamente. Non serve e lei lo sa.
Lei dice che arriverà il momento del miele e Nina si commuove.
-Ma tu sei tutta d’un pezzo, forte, coraggiosa, divertentissima, comica, ironica, sincera, schietta, bella, intelligente, creativa, sveglia, una che sa il fatto suo, responsabile, affidabile, buona, generosa, altruista, profonda.
Come può, una donna come te, sentirsi così? Non ne ha motivo, non capisco.- le dicono sempre.
-Hai tutto- la frase che più odia.
-Non sembra affatto che tu stia “così”.- la frase che più la scoraggia.
E Nina si chiede:” ma nessuno se ne accorge perchè sono molto brava a nasconderlo o perché la gente è tanto altrove?”- e puntualmente la risposta non arriva seppure ogni tanto le dicano che i suoi dolcissimi sorrisi profumano di malinconia e gli occhi brillino di una nostalgia insondabile.
– “Vedi, Nina cara, anche quando ridi, scherzi e sei sopra le righe tu rimani consapevole. Tu fai divertire gli altri perché è quello che vorresti per te. Tu ami senza tempo senza confini perché vuoi dare forma a ciò di cui hai bisogno. Tu regali sorrisi privi di giudizio perché sono quelli, i sorrisi che rincorri. Tu non scappi mai perché vuoi solo dimostrare che la paura può non esistere.”-
Anche questo le dicevano spesso.
Eppure non bastava. Non le bastava mai.
Nina era molto di aiuto agli altri. Ascoltava per ore le loro storie, si metteva facilmente nei loro panni e cercava di sopire con estremo tatto le anime più vibranti. Le sentiva, le assorbiva ed entravano a far parte di lei per qualche ora o qualche giorno, a volte per mesi o anni interi. Non se ne dissociava mai del tutto, le prendeva a cuore e lasciava che, come capelli appena lavati e non pettinati, si unissero in nodi indistricabili. Il momento del pettine lo temeva sempre molto, poi.
I suoi limiti li conoscevano solo le mura di casa. Fuori da lì era vita pura, intensa, memorabile ma vissuta con la fatica di chi non accetta i confini e vuole valicarli eppure talvolta inciampa sulla propria debolezza e seppure la testardaggine sia tanta e riesca a rimetterla in piedi, il livido ormai c’è e si aggiunge agli altri. E così giorno dopo giorno e persino il cielo le sembrava più basso.
Voleva solo togliere le manette che sentiva cingerle i polsi, slegare le corde attorno al collo, recidere la cinghia che le univa le caviglie.
Per ora si accontentava di chiudere il reggiseno all’ultimo gancetto e sentire il torace libero.
Aveva dentro tanta di quella vita che neppure la più prepotente delle immaginazioni poteva intuire.
La quantità di amore di cui aveva bisogno le toglieva il sonno.
Ma l’odore della pelle di sua madre era come una bomba di certezze nello stomaco.
La mano del padre era lo scudo.
La sua solitudine era la sua ricarica, il riposo del guerriero che lottava contro il suo più grande nemico: sé stesso.
La perseveranza non le avrebbe mai permesso di desistere.
Nina era un colibrì che non temeva il ramo del baobab ma vi si avvicinava impavido, posandovisi sopra, beccando timidamente una goccia di miele lasciata da un’ape e volando
di nuovo via fino a sparire tra i timori mai confessati, tra i desideri mai espressi.