E’ il 3 settembre 2014. Siamo ancora in estate ma oggi a Roma piove. E’ una pioggia fina fina che non da tregua perché non accenna a smettere di cadere dal cielo. Nonostante tutto con il mio ombrello passeggio per il parco Nemorense che si trova nel quartiere Africano di Roma. Vengo qui tutti i giorni sfidando anche il cattivo tempo, perché ho bisogno di ricordare mio figlio, il mio piccolo Luca, l’angioletto di casa, con i suoi capelli ricci e biondi, che è stato vittima di una tragedia avvenuta proprio in questo parco. Il fatto è accaduto all’incirca tre anni fa. Abitavo già in viale Libia, a due passi da qui, con mio marito Pietro e nostro figlio che all’epoca aveva quattro anni. Venivamo qui quasi tutti i giorni perché Luca non andava ancora a scuola. Io mi sedevo su una panchina e mi guardavo intorno. C’erano altre mamme con i propri bambini, gli anziani con le badanti e tante coppie di innamorati. Luca intanto giocava con lo scivolo, le altalene e la giostra. Per la sua età, anche se era un bambino molto magro, era pieno di energia. Ed era anche molto autonomo. Naturalmente su di lui avevo sempre l’occhio vigile ma volevo anche che si sentisse libero di correre tra i prati. Un giorno, dopo averlo portato in gelateria, volle fare un altro gioco, il nascondino. Lo persi di vista per pochissimo, non mi preoccupai da principio. Ma poi lo dovetti cercare a lungo, e infine lo trovai riverso a terra che respirava a fatica. Evidentemente correndo era caduto e aveva battuto la testa su quel grande sasso che era proprio sotto il suo capo completamente sporco di sangue.

Urlai: “Luca, Luca!”, ma non mi rispose.

Così, con il telefonino, chiamai il 118… ma l’autoambulanza tardò ad arrivare e Luca sbarrò gli occhi e smise di respirare. Quando arrivò il personale sanitario confermò il suo decesso. Iniziai a urlare il suo nome piangendo disperata e presto fui circondata da molte persone che cercavano di calmarmi. Ma fu il personale sanitario che pensò a sedarmi. Poi presero informazioni su mio marito che fu subito informato del fatto.

Quando Pietro mi raggiunse al parco diede in escandescenza. Si mise la mani tra i capelli e urlò contro di me:

“Sei una disgraziata. E’ colpa tua se Luca è morto! L’ho sempre detto che dovevi prestare più attenzioni nei suoi confronti. Ed è per puro tuo egoismo che non l’hai iscritto a una scuola.”

Intanto il personale sanitario trasportò il corpo di Luca al Policlinico Umberto I per allestire la camera mortuaria. Ma Pietro, a casa, continuò a insultarmi, dicendo le cose peggiori sul mio conto. Così, oltre al dolore per la perdita di Luca mi sentii sprofondare per il trattamento che mi riservò mio marito.

Dopo il funerale lui mi disse “Io vado via. Dopo quello che è successo non riesco neanche a guardarti in faccia. Arrangiati da sola.”

Così ci separammo e lui pensò al mio mantenimento.

Da quel giorno cominciai a frequentare il parco quotidianamente per ricordare Luca e perché Pietro aveva acceso un inattaccabile  senso di colpa nei confronti di mio figlio. Inevitabilmente caddi in depressione.

Mi fu vicina la mia amica Carla che era stata anche una mia compagna di Università. Mi consigliò di consultare uno psicologo e per farmi distrarre, una di quelle sere, mi invitò a cena a casa sua. Accettai perché non ne potevo più di stare così sola. Carla abitava a Corso Trieste, non molto lontano da casa mia. Per raggiungere la sua casa presi l’autobus perché la mia panda era rotta. Appena arrivata a destinazione mi resi conto che era un villino indipendente. Non c’ero mai stata perché Carla, fino a qualche tempo prima, viveva a Trastevere. Suonai il citofono posto accanto al cancello d’ingresso e lei mi aprì. Percorsi un viale circondato da molte piante in fiore che mi condusse a un altro portoncino d’ingresso. Entrai e mi trovai in un ampio salone arredato con mobili antichi. Notai in un angolo la tavola apparecchiata per tre.

“C’è un altro ospite, oltre me?”

“Si, c’è Lorenzo. E’ un mio collega di lavoro. Anche lui è impiegato al Ministero della Pubblica Istruzione. Vedrai che ti sarà simpatico”. Dopo poco arrivò questo suo amico. Ci presentammo e notai che era proprio un uomo molto attraente. Alto, un po’ robusto, con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri. Indossava un completo grigio con tanto di fazzolettino nel taschino, che gli donava molto. A tavola parlammo di libri, di cinema e di teatro. Mi resi conto che era un uomo molto colto. A fine serata mi volle accompagnare a casa con la sua macchina e io ne fui contenta. Durante il percorso fu molto galante e quando stavo per lasciarlo mi disse “Lo vuoi il mio biglietto da visita? Se vuoi, qualche volta, possiamo uscire insieme.”

Accettai e gli sorrisi, “Sicuramente ti chiamerò.”

Il sabato seguente decidemmo di andare in una pizzeria al quartiere Africano molto nota per i suoi piatti. Tra un boccone e l’altro gli raccontai la mia storia. Avevo bisogno di sfogarmi… lui rimase inorridito.

“E’ una tragedia! E tuo marito si è comportato come un pazzo. Ti sarò vicino… Cercherò di alleviare il tuo dolore”

Nei mesi seguenti ci frequentammo molto. Per farmi distrarre mi accompagnava al cinema, al teatro e a volte addirittura in alcuni night. Carla seppe di noi due e fu molto contenta della piega che aveva preso la nostra storia. In effetti, insieme, io e Lorenzo, stavamo bene. Così una sera, per cambiare programma, lo invitai a casa mia per un aperitivo. Mentre sorseggiavamo il nostro Martini posò il bicchiere sul tavolino di cristallo, mi prese il volto tra le mani e mi baciò. Io ricambiai con passione e così finimmo nella mia camera da letto a far l’amore. Dopo si accese una sigaretta e… “Mi sono innamorato di te. Quando divorzi ti voglio sposare, e da te voglio anche un figlio. Non ti sembra il caso di dare una svolta alla tua vita?”

“Ci penserò.”

Così oggi è l’ultimo giorno che faccio il mio giro al parco Nemorense perché ho deciso di accettare la proposta di Lorenzo. Adesso devo reagire e pensare al mio futuro. Invasa da questi pensieri e dai miei ricordi non mi sono resa conto che ha smesso di piovere. Così chiudo l’ombrello.

“E’ ora di andare. Un bacio Luca, la vita per me continuerà, ma tu resterai sempre nel mio cuore.”