La luce che proveniva dalla vetrata veniva riflessa dalla splendente superficie del pavimento, cosicché ogni volta che porte si aprivano un lampo accecava gli occhi di Faber Paradise.
«Quante volte ti ho detto che è stata una stupidata fare l’atrio in marmo di Carrara lucidato a piombo?» si lamentò con Hillary ancora una volta.
Lei lo guardò senza capire.
Faber restò un attimo interdetto, vedendola annaspare.
«Cosa hai, Hillary, non stai bene?».
Lei stava benissimo, solo che non era Hillary ma Mallory, la gemella di cui nessuno, e tantomeno lui, poteva immaginare l’esistenza..,
«No, no, sto bene, grazie» rispose, cercando disperatamente qualcosa da dire «hai ragione, ma come facciamo adesso a buttare tutto all’aria?».
«Ma che c’è oggi? Mi hai sempre mandato affanculo quando facevo questa battuta…».
«Ah, io… ecco, sì, forse deve essere stato quel sonnifero che ho preso ieri… ho una emicrania che…».
«Te l’ho sempre detto: devi usare l’acqua per accompagnare le pastiglie. Gin o vodka sono bianchi anche loro ma non sono la stessa cosa…».
Lei accennò una risatina.
«Eh, mi sa che hai ragione…».
Faber ebbe un attimo di esitazione. Aprì e richiuse la cartella che aveva sotto il braccio.
«Forse è meglio che te ne parli un’altra volta, Hillary» disse.
Mallory ebbe un sussulto.
«No, sto bene, ti dico. Cosa volevi farmi vedere?».
Lui riaprì la cartella, sfogliò diverse pagine dense di cifre e ne estrasse una.
«Ecco» disse, mostrando una riga evidenziata in giallo, «questa è la disposizione dell’ultimo pagamento che abbiamo fatto a Vassily. Con questo abbiamo chiuso tutto».
«Ah, bene» disse lei, dando una rapida occhiata, «una bella cifra».
«Era quanto avevamo stabilito, e lui è stato di parola».
«D’altra parte un professionista ha il suo prezzo» azzardò Mallory.
«Il migliore hacker dell’ex Unione Sovietica, ex KGB, uno dei migliori al mondo».
Mallory tacque, cercando di riordinare le idee. A cosa era servito un hacker? E perché l’avevano pagato quella cifra spaventosa?
«L’importante è che sia tutto a posto» disse invece, prudentemente.
Faber Paradise richiuse la cartella.
«Siamo in una botte di ferro».
«E non c’è pericolo che qualcuno lo venga a sapere…».
«E come sarebbe possibile? Lo sappiamo solo noi. E lui, certo, ma a questo non c’è rimedio».
«Potrebbe sempre ricattarci».
«È un professionista, ha le sue regole, sa cosa rischia».
«Ma supponi che lo faccia».
Lui la guardò in modo strano.
«Ma cosa hai oggi? Non sembri neanche te, dove è finito The Boss, che non ha paura di niente?».
Mallory fece rapidamente retromarcia. Abbozzò un sorriso e si portò una mano al capo.
«Non lo so, non riesco a ragionare, ho come una sensazione…».
«Forse è meglio che chiami qui il dottore».
«No!» Il dottore probabilmente l’avrebbe riconosciuta. «Adesso vado a prendere una boccata d’aria, mi passerà».
«Come preferisci. Ma stai tranquilla: quando si ha la nostra disponibilità economica si trova una soluzione a tutto. Anche estrema».
Mallory impallidì.
‘No, no, no!’ pensò Hillary, dietro la colonna da cui aveva osservato non vista tutta la scena, ‘non posso permettere che Faber spiattelli tutto a Mallory!’.
Estrasse dalla tasca il suo Iphone di ultimissima generazione e lanciò la app James. Subito suonò il cellulare di Paradise.
«Scusa un attimo» disse a Mallory, «è James che mi sta chiamando».
Ascoltò la comunicazione in silenzio e fece una smorfia.
«Convocazione in sala riunioni», spiegò alla donna in attesa «non l’hai ricevuta?».
Mallory fu presa alla sprovvista.
«No, io…».
«Strano» disse Faber, toccandosi l’orecchio destro, «eppure anche tu hai lo stesso impianto sub-epidermico».
«Sì, già, devo farmelo rivedere, forse ha qualcosa che non va… Adesso scusami, devo scappare».
E si avviò verso l’uscita.
Faber la guardò caracollare sui tacchi, sbandando, e scosse la testa. C’era qualcosa di strano in The Boss, quella mattina, non sembrava neanche lei.