Terza parte
La Signora Benedetta era molto vecchia ma serena anche se le sue condizioni peggioravano lentamente. Franca stava quasi tutto il giorno accanto al suo letto; ascoltava i racconti che, bisbigliando, le confidava sulle persone che aveva conosciuto, i luoghi che aveva visitato, i suoi sogni e le sue delusioni.
Lei le teneva la mano, le accarezzava la fronte e così la accompagnava verso il suo ultimo viaggio.
Una brutta notte, dopo aver chiesto un sorso d’acqua, si addormentò per sempre.
Furono chiamati figli, nipoti, amici. La casa era piena di persone che aveva voluto bene a quella vecchia signora, l’aveva ammirata per come aveva sopportato tanti anni di malattia.
Ci fu un gran funerale ma la più frastornata e addolorata per quella morte era Franca: aveva perduto una amica, mamma, nonna e padrona tutte raccolte in una sola persona.
Ora il suo futuro era di nuovo incerto: cosa avrebbe fatto?
I suoi dubbi durarono poco: ormai faceva parte della famiglia, l’Avvocato la voleva a dirigere quella casa che era il suo punto di riferimento anche se non c’era più sua mamma.
Franca era ben contenta di stare lì, era diventata una bellissima signorina, ma non approfittava della sua situazione di privilegio
A lei piaceva lavorare cantando, fare scherzi a tutti, sembrava voler recuperare quell’infanzia che le era stata negata.
Ora che non doveva più badare alla Signora Benedetta, ogni tanto andava a Bonassola ma i rapporti con la mamma erano piuttosto freddi.
Ancora di più quelli con i fratelli, non avevano avuto la possibilità di frequentarsi e di imparare a volersi bene. Loro ammiravano quella bella ragazza ma non ritrovavano in lei la piccolina che facevano giocare tanto tempo fa. E poi si stavano costruendo la loro vita, rendendo così felice mamma Nina.
Il più grande vinse un concorso all’ufficio imposte di Melfi e così finì in Basilicata, il secondo si arruolò nella Marina Militare e cominciò a navigare.
Mamma Nina rimase sola e Franca si sentiva in colpa, sentiva che il suo dovere di figlia era quello di starle accanto.
L’Avvocato non voleva lasciarla andare, anche perché presto si sarebbe sposato con una ricca ragazza chiavarese che frequentava da un po’ di tempo.
Avrebbero vissuto in una villa molto grande, con una torre dalla quale si dominava tutta la campagna, un parco la circondava. L’unica in grado di soddisfare le esigenze di una casa del genere, era proprio Franca.
Il destino fu benevolo con tutti: mamma Nina raggiunse il suo figlio preferito a Melfi, dove lui aveva trovato moglie e un lavoro importante che permetteva a tutti di vivere agiatamente.
A Chiavari si celebrò il matrimonio dell’anno tra Antonio e Rosita.
La famiglia di lei era proprietaria di banche e di navi e pur con la discrezione che hanno i liguri ad ostentare i loro beni, viveva in una atmosfera di agi e ricchezze.
La Villa, chiamata ora “Rosita”, fu rimessa a nuovo, arredata sontuosamente, mobili antichi, tendaggi, specchiere. Il giardiniere impazziva agli ordini di Franca che era incaricata dalla nuova Signora di seguire tutti i lavori.
I cibi divennero più raffinati, le visite e le feste molto più frequenti.
L’Avvocato lasciava fare la moglie, partiva tutte le mattine per il lavoro e rincuorava la giovane Franca che era terrorizzata di non essere
all’altezza del nuovo ruolo. Infatti si era ritrovata catapultata per l’ennesima volta in un mondo nuovo, la Signora Rosita che in fondo era una donna sola la portava con sé a Genova, frequentavano locali alla moda, le migliori sartorie dove Franca riceveva in regalo vestiti che la valorizzavano ancora di più.
Non suscitava la gelosia della padrona che amava circondarsi di belle persone e Franca la inorgogliva come se fosse una sua creatura.
La ragazza la accontentava, ma non era quella la vita che avrebbe scelto per se stessa, si sentiva fuori posto, avrebbe voluto una famiglia tutta sua.
Anche se aveva incontrato tante persone che le volevano bene in fondo al cuore si sentiva sola in balìa degli avvenimenti.
Tra le varie attività che aveva l’Avvocato, c’era a Genova una fabbrica di reti che poi venivano trasportate con il treno in tutta la Liguria e anche a Sestri, dove erano vendute ai pescatori in un grande magazzino vicino a Villa Rosita.
Franca spesso andava lì a dare una mano al commesso che se ne occupava. Fu così che conobbe un giovanotto che, per conto della ferrovia, si occupava della consegna delle reti.
Si chiamava Vittorio, era un tipo gentile, non particolarmente bello ma neanche brutto; aveva occhi azzurri che gli illuminavano il viso.
Faceva parte di una famiglia numerosa e avrebbe voluto studiare ma i genitori non potevano permetterselo. Il fatto che Vittorio lasciasse la scuola era dispiaciuto anche al maestro che l’ultimo anno lo bocciò per tenerlo ancora un anno tra i banchi.
Terminate le elementari lavorò come apprendista sarto, aiuto postino e poi trovò quel lavoro in ferrovia che era abbastanza redditizio, perché allora la merce viaggiava in treno.
Quando arrivava il carico di reti Vittorio era felice perché aveva la speranza di incontrare quella bella ragazza alla quale non osava neanche parlare, le lanciava solo qualche sguardo di soppiatto: era troppo bella, elegante e lui non si sentiva alla sua altezza.
Eppure con gli amici e le ragazze non era per niente timido: faceva addirittura parte di una Compagnia Teatrale che si esibiva nel Teatro Nettuno di Sestri. Il loro repertorio era costituito da operette e teatro leggero.Sul palcoscenico Vittorio era a suo agio ma con la Franca era tutta un’altra cosa.
Invece a lei quel ragazzo piaceva e, abituata ai complimenti e i corteggiamenti degli uomini che aveva occasione di incontrare, si scocciava dell’atteggiamento di lui che neanche la guardava.
continua….