Quel giorno, “the thumb” era stranamente eccitata, lei sempre così controllata mostrava una predisposizione insolita verso il mondo e gli umani, che malamente sopportava avendo nella sua lunga esperienza di vita, avuto a che fare con gente di ogni risma, e venendo così a contatto con ogni forma di spregiudicatezza, ipocrisia, arroganza, presunzione, e rara, molto rara virtù, soprattutto nel campo dell’editoria. Tutti si credevano geni. Tutti sgomitavano per arrivare. Fino a quando non cozzavano contro il suo pollice. Non presenziava quasi mai a nessuna iniziativa della WM EDITIONS, partendo dalla convinzione (supportata dall’esperienza) che chi magari l’aveva per un momento entusiasmata su un foglio scritto, inevitabilmente l’avrebbe delusa in un contatto ravvicinato. E di delusioni, nel corso della sua vita lavorativa, ne aveva fatto grandemente incetta.
In massimo numero così come era stato il pieno dei successi: ma questo non pareggiava i conti.

Ma quel mattino, “the tumb” si sentiva su di giri, forse per via del meraviglioso erotico sogno notturno (il suo principe azzurro la veniva a trovare in sogno sempre di giovedì o di domenica e in data dispari, come quella appena trascorsa che era appunto una domenica targata 17 ) o, molto più probabilmente, per via del caffè corretto alla grappa e poi del “rasentin”, il risciacquo della tazzina con la rimanenza del liquore. Amava la grappa ma non la reggeva. In realtà aveva un rapporto ambiguo con l’alcol così come con la razza umana: ne era attratta e al contempo disgustata.

Ma non era lei l’unica strana quel mattino, che anche “the boss” non scherzava.
Era lei, ma non sembrava lei.
Bellissima come sempre ma con qualcosa di diverso. Di difforme.
L’abito, ad esempio, troppo scollato, troppo esibito, non era un Patty Mandy e neppure le decolletè, di cui le era balzato agli occhi il particolare dei tacchi da rifare. Eppoi quegli orecchini così vistosi, che “the boss” di gioielli ai lobi non ne aveva mai sfoggiati.

Si erano guardate, e Hillary l’aveva fissata come se non la conoscesse, e neppure l’aveva  chiamata “thumb” in maniera scherzosa e secondo il suo solito. “The boss” era l’unica a cui la suscettibilissima Donata Village aveva concesso questa confidenza.

– Stai bene, Hillary? –
Le aveva chiesto Donata, avvicinandosi preoccupata
– Sono io, Donata. Non mi hai riconosciuta? –
– Oh si, certo, scusami non ti avevo vista –
Aveva risposto lei, come riscuotendosi. Continuava però ad avere l’aria incerta.
– Mi sono svegliata con una terribile emicrania che m’impedisce di mettere a fuoco chi ho davanti. Scusami, Donata-

L’aveva chiamata Donata e non “thumb”: una stonatura, questa, che l’aveva molto colpita.
Decisamente Hillary sembrava non essere del tutto in sé.  Come fosse un’altra.
Occhi, capelli, mani, appartenevano ad Hillary, ma non i movimenti né i gesti. E neppure lo sguardo, sfuggente ed esitante, in contrapposizione a quello diretto e risoluto con cui “the boss” era solita guardare.
Una che le somigliava in tutto, ma non nei particolari. Ma non riusciva ad inquadrare nella giusta ottica ciò che le sfuggiva.
Effetto forse della grappa.
Niente più caffè corretto, si era detta, se la conseguenza era quella.

– In effetti avevo avuto l’impressione che mi guardassi senza riconoscermi. Vieni che ti accompagno al tuo ufficio, ti stendi un pò sul divano e poi ti manderò a chiamare quando arriva Faber  per la nostra riunione del lunedì. Ho un nuovo autore da proporre, un giovanissimo youtuber,  una web star che mira però al successo cartaceo. Speriamo che non si monti la testa. A proposito di testa, presumo che la tua sia il tipo di  emicrania con aura.  Dirò alla mia segretaria di procurarti un antinfiammatorio. E  bada di mangiarci sopra qualcosa –

Eppoi, in ultimo, aveva severamente aggiunto:
– Forse faresti meglio a scendere di qualche gradino da quei tuoi tacchi altissimi. Probabile che la tua terribile emicrania sia dovuta proprio a loro. Guarda me, uso i mocassini e mai sofferto, in vita mia, di mal di testa! –