Capitolo Quinto

La camera d’ospedale dove era ricoverata Caterina era spaziosa ma squallida.
Un’altra ragazza nel letto a fianco accolse con gioia la nuova compagna, sua coetanea: si chiamava Mirka ed era affetta dal Morbo di Hodgkin.
Caterina perse subito la sua identità: diventò il numero diciotto per i medici ed il resto del personale.
Tutte le mattine il primario, seguito da un codazzo di studenti, passava a visitarla, prescriveva esami, dava nuove cure e via dagli altri ammalati.
Qualche studente si attardava al letto di Caterina e le auscultava il cuore, i polmoni anche se non era necessario, ma Caterina era una bella ragazza e allora…
La giornata era lunghissima: qualche chiacchiera con Mirka, le visite di Giuseppe e quelle di mamma Franca che tutti i giorni da Sestri veniva a trovarla portandole qualcosa di buono da mangiare.
Il suo dolore era enorme: non sopportava che uno dei suoi figli potesse soffrire, lo aveva già fatto abbastanza lei e così pensava che la malattia di Caterina fosse un’ingiustizia.
La sera, in ospedale, era il momento più triste: era agosto, il sole tramontava tardi, tutti erano a divertirsi.
Mirka aveva un fidanzato che veniva a trovarla dopo il lavoro.
Per lasciare loro un po’ d’intimità Caterina andava sul terrazzo della clinica dove si incontrava con un’altra malata affetta da una leggera insufficienza mentale che aveva una passione per una canzone di moda in quel periodo: Azzurro di Paolo Conte.
La cantavano insieme guardando il tramonto e con la morte nel cuore.
Il ricovero durò due mesi: ci furono complicazioni dovute alla malasanità di quell’epoca, quando la pulizia, la sterilizzazione degli strumenti, la preparazione del personale, erano un optional.
Caterina dopo uno shock anafilattico, un ascesso mal curato che si era fistolizzato, firmò le dimissioni volontarie e tornò a casa con la stessa diagnosi, nessuna cura particolare, ridotta a uno straccio.
Aveva perso due mesi della sua vita soffrendo inutilmente.

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Wendy si svegliò presto, alla luce del mattino la tappezzeria e la moquette avevano un’aria polverosa e opprimente ma, aperta la finestra, il cielo era blu e la città già in fermento.
Si preparò in fretta e uscì; il portiere la salutò con una specie di grugnito: “jourdame” , non era molto affabile.
Fuori la gente camminava in fretta oppure era comodamente seduta ai tavoli di una delle tante brasseries a far colazione o a leggere il giornale.
Wendy pensò: ci voleva un piano e un primo contatto con le abitudini dei parigini.
Si comprò una piantina della città e si sedette a un tavolino (nessuno al bar consumava in piedi). Ordinò un croissant e un cafè au lait e studiò la mappa.
Scoprì di essere vicina a Boulevard Richard Lenoir, la via dove abitava Maigret. Decise di cominciare da lì: doveva cercare un lavoro e un appartamentino .
Si incamminò e si imbattè in una enorme piazza che non era per niente accogliente: Place de la Bastille, importante per la storia ma non le piacque. Da lì cominciava il Boulevard ma anche quello fu una delusione: un viale largo e lungo, pieno di macchine.
Per fortuna, seguendo la piantina, vide che vicino c’era Place des Vosges; entrò in questa specie di chiostro, circondato da palazzi bianchi e rossi, con i portici. Al centro della piazza alberi e aiuole fiorite.

Wendy si sedette su una panchina per godere di quella meraviglia, guardando in alto scoprì degli abbaini con i tetti di ardesia: sarebbe stato stupendo abitare lì, ma con le sue magre finanze era meglio non sognare troppo e rimettersi in cammino.
Andò verso la Senna e si trovò davanti a un altro spettacolo: l’isola di Saint Louis.
Gironzolò in quel luogo pieno di vita, di ristoranti, librerie, artigiani. C’erano anche baracchini che vendevano ogni tipo di cibo e con mezza baguette in mano se ne andò verso la riva da dove si vedeva Notre Dame.
Si incontravano tanti giovani da quelle parti: erano appena finite le insurrezioni studentesche di maggio e nell’aria c’era ancora eccitazione.
Wendy sentì una coppia di ragazzi che parlavano italiano, si avvicinò e si presentò.
Lui era di Bologna e lei di Roma; studiavano alla Sorbonne e consigliarono a Wendy di cercare lavoro e casa in quella zona che offriva più possibilità.
Lei ringraziò e tornò verso l’albergo ripromettendosi di andarci al più presto: per il primo giorno aveva già visto abbastanza e voleva scoprire Parigi poco per volta.

continua……